sabato 23 settembre 2023
Il mondo com'è (466)
Orest Adamovië Kiprenskij –
Luigi Serafini, l’artista autore del “libro più strano del mondo”, il “Codex
Seraphinianus”, si dice felice e soddisf atto, in un’intervista su “la
Repubblica”, di essere vicino di un artista russo a Roma, sepolto a Sant’Andrea
delle Fratte, in una cappella: “Ottimo pittore, fece tra l’altro il ritratto di
Puškin”. È Kiprenskij, pittore romantico per eccellenza, che dopo il ritratto
di Puškin nel 1827 tornò in Italia, dove era stato in precedenza, negli anni di
formazione, e dove ebbe più vasta fama, se non fortuna. Lavorò soprattutto a
Napoli: dipinse tra l’altro un quadro che ben figura ancora al Palazzo Reale,
“Bambini pescatori napoletani”, e un “Letture politiche”, un quadro comprato in
Russia (ora alla Galleria Tret’jakov, a Mosca), ma ribattezzato “Lettori di
giornali a Napoli”, il titolo di Kiprenskij ritenendosi allusivo ai moti
politici del 1830.
Morire d’amore
Due
ragazzi spensierati a Giarre, Catania, nel 1980, di amicizia troppo intima per
amici e familiari, vengono uccisi, con due colpi di pistola - la protesta del nascente movimento omosessuale
si concretizzerà nell’occasione nella fondazione di Arcigay. Dagli atti delle
varie inchieste e dalle memorie che ne seguirono Beppe Fiorello ricava una
narrazione svelta, sempre ben caratterizzata, specie nei legami familiari stretti
dei due ragazzi, e delle loro amicizie,
sempre equilibrata malgrado la lunga durata del film, senza stereotipi. Con una
ricostruzione apparentemente semplice dell’epoca, benché di fatto molto
articolata, tanto risponde con esattezza a chi ne ha personale memoria.
Il
titolo è naturalmente riferito al rapporto fra i due ragazzi, prima benedetto
poi esecrato, ed è preso da una canzone di Battiato, non correlata alla
vicenda. Sono le immagini, i colori, i suoni, i tempi, l’ambientazione, non la
colonna sonora, a dare spessore e tonalità al film. Un’opera prima da regista, del
“fratello minore” ma già cinquantenne, come da film-maker di esperienza.
Beppe
Fiorello, Stranizza d’amuri, Sky
Cinema
venerdì 22 settembre 2023
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (538)
Giuseppe Leuzzi
La famiglia di Inès Cagnati (v. sotto, “La donne del
Nord”) è una delle tante, venete e romagnole, centinaia di migliaia, che hanno
bonificato per Mussolini, morendo di malaria, l’agro romano, e anche le paludi
pietrose del Sud-Ovest della Francia, dove pure erano disprezzati, e senza l’ausilio di una Opera Bonifica –
qualche ruspa. Non molto temp fa, tre le due guerre, meno di un secolo. Un
altro motivo per dire il Nord ora ricco perché era povero, e il Sud povero
perché era ricco, favorito dalla natura – è, era, vita grama nella Padania, che
tanto si magnifica.
L’ex ministro leghista Castelli
lascia la Lega perché “con Salvini c’è
stata una deriva meridionalista”. Non è vero: al Sud Salvini Premier ha avuto
nel 2022 un quinto\un sesto del voto ottenuto al Nord, dal Piemonte al Friuli e
alla Romagna. Ma per il lecchese Castelli non basta. Si continua a sottostimare
la Lega.
“Non so perché i contadini
aragonesi trattano bene i loro muli ma in modo indecente i loro asini. Se un asino
non si muoveva era piuttosto normale dargli un calcio nei testicoli”. Orwell se
lo chiede in “Omaggio alla Catalogna”, il racconto della sua disillusione da
volontario nella Guerra di Spagna. Ci si chiede spesso dov’è l’eredità
aragonese al Sud. Al tempo degli asini evidentemente c’era.
La “donna del Sud” il padre
di Corrado Alvaro lodava, dice lo scrittore in “Memoria e vita”, “con un
linguaggio aperto, fiorito”. Ed “esse
«si spaccavano dalle risa», come egli diceva” – “non c’era che lui a saper fare
ridere le donne più bisbetiche come sanno essere bisbetiche e virili le donne
da noi”.
Agosto capo d’inverno
Agosto è “capu d’‘nvernu”
nella (vecchia) sapienza calabrese – e siciliana: “Austu e riustu, capu ri
‘mmernu”, agosto e ferragosto capo d’inverno. Sembra bizzarro, soprattutto
dopo la siccità prolungata e la grande
calura di questa estate, ma Corrado Alvaro ne sottolineava la proprietà in una
nota, “Agosto”, pubblicata su “L’Approdo” invernale, il n.1, gennaio-febbraio
1952: “Agosto, capo d’inverno, dice il proverbio”, per la luce declinante: “C’è
un tratto rosato e turchino al tramonto. Il sole pare illuminare la terra di
striscio”. Per le prime piogge: “Le nubi si sono schierate sui monti. Scompaiono, riappaiono. Pioverà, sospira la
città”. Per il senso del tempo: “È il mese che si fugge e che si cerca. È l’estate
piena, e già declina. I giorni sono più brevi, altrimenti i campi arsi non
potrebbero sopportare più a lungo il sole. Al mattino le piante sono rinfrancate e vegetano
buttando i getti nuovi. Spuntano nell’arsura nuovamente i fiorellini semplici.
È la rugiada che scende provvidenziale nella notte…”. Per la filosofia inevitabile
della vita. “È il gran mese, che sembra interminabile ma che lascia il dubbio
di non avere profittato abbastanza dei suoi frutti che ormai ci sono tutti
quanti, dalla pesca all’uva e alla nocciola. È il mese pieno e ricco”. Per tutti:
“Anche per i più poveri c’è da mangiare. Nel sud le siepi offrono un frutto al
passante, il ficodindia”. Anche ora – quest’anno in ritardo, a settembre.
La donna del Nord
Inès Cagnati, la scrittrice
francese che ha raccontato la vita grama della famiglia di origine, figlia di immigrati poveri, due braccianti, lui, Ruggero,
di Refrontolo (Treviso), e lei, Teresina, di Vicenza, emigrati in Francia, nella
regione arida e paludosa del Sud-Ovest, con cinque figlie, ricorda anche una
legione di zie, tutte secche e vestite di nero: “Ognuna di noi ha una zia per madrina.
Potrebbe essere divertente se le mie zie non fossero tutte vestite di nero da
quando le conosco e se non si avesse questa impressione di essere
accompagnate da fantasmi neri”.
La narratrice non se ne fa una ragione : “Trovo molto
triste di essere stata battezzata così. La mamma dice che non si poteva fare
altrimenti, che tutte le zie zie sono così e non c’è niente da fare, ed è
vero”. Tanto più deprimente in
quanto “le nostre madrine non ci offrono mai niente.
Alla madre, che “adora i romanzi
d’amore”, glieli presta la zia Gina. “Perché anch’essa li adora, ed è strano
perché la zia Gina è sempre secca e vestita di nero. È spaventosa a vedere. Tutte
le mie zie sono così, e io ne ho molte. A vederle tutte insieme si penserebbero
un esercito immobile di ceri in lutto. Anche i cani se ne accorgono”. Un giorno
che vennero a casa tutte insieme il cane si è gettato davanti alla porta di
casa, e là, la testa ritta verso il cielo, le zampe tese, ha cominciato urlare a
morte….”.
Il Nostos rivisitato
Nel testo tanto seminale
quanto trascurato, “Memoria e vita”, la ventina di pagine messe giù nel 1942,
alla morte del padre, Corrado Alvaro fa, oltre che il quadro di una società
locale, il suo paese di origine, San Luca, a fine Ottocento e cinquant’anni dopo,
anche un ripensamento dell’emigrazione, e del “ritorno”, il nostos. Che più diretto spiega nel
componimento poetico che accompagna la memoria, “Il viaggio”: “Sono tornato al
mio paese\ e ho ritrovato tutto come prima”, ma come morto, “tutto era fisso,
era bianco\ e sorridente nella morte”. Ci trova anche l’inimicizia, e l’invidia
– si è brindato vent’anni prima al suicidio del fratello: “I figli simili ai
padri\ e i padri simili ai nonni.\ Ma erano molto meno allegri\ e molto meno
felici,\ e molto più poveri\ e molto meno amici”.
Anche il padre ultimamente lo guardava con sospetto:
“Quanto a me non mi capiva più, e disse una volta che non sembravo nato nel
nostro paese” – “Memoria e vita”.
Cronache della differenza: Napoli
La Procura di Napoli è la più
grande d’Europa, 9 aggiunti e 102 sostituti. Non la maggiore popolazione da
servire, 1,4 milioni – la Procura di Milano ne serve il doppio, quella di Roma
quasi tre volte tanto. La più grande zona criminale d’Europa? Il più grande
impieghificio? Il nuovo Procuratore Capo Gratteri ha esordito dicendo che non tollera
colleghi che arrivano in ufficio alle 10 di mattina, o che arrivino martedì
mattina e se ne vadano giovedì pomeriggio, in barca.
Il giudice Gratteri è
calabrese. E un Procuratore Capo calabrese a Napoli non depone bene – col
precedente, il giudice Cordova, altro candidato residuo alla Procura Nazionale
Antimafia come Gratteri, finì a rissa. Napoli non apprezza la Calabria sotto nessun
punto di vista, e nemmeno la Calabria Napoli. Sarà stato per questo che la
Calabria era l’area più desertificata del Regno di Napoli o delle Due Sicilie.
Per portare Maradona a
Napoli, tredici miliardi di lire, il presidente del club Ferlaino tempestò e
ottenne la fidejussione dal Banco di Napoili. Poi il presidente del Banco
Ventriglia ci ripensò, “perché in città c’era stata una sollevazione popolare”,
contro lo spreco.
Ma Ferlaino fu “più lesto”,
spiega a Monica Scozzafava sul “Corriere della sera”. Corse in banca, prese la fidejussione
e lasciò Napoli. La protesta però “costò il licenziamento della persona che materialmente
mi aveva consegnato il documento”. Quando si dice il destino.
La città ha entusiasmi non
prevedibili.
250 nuovi vigili urbani,
assunti all’inizio dell’anno, hanno dovuto comprarsi la divisa, perché il Comune non ha ancora avuto il tempo di fare
la gara d’appalto. Questa è una notizia. Un’altra è che la divisa è costata 70
euro, tutto, panno, fodera, fili e manodopera.
Si celebra per qualche ricorrenza
il ricordo del batiscafo “Trieste”, che per alcun decenni gli scienziati francesi Piccard, padre e figlio,
usarono per esplorare gli oceani ad altissime profondità. Un gioiello che vollero
costruito, negli anni 1950, a Castellammare di Stabia, La Campania ha una nobiltà
metalmeccanica – ora perpetuata
dall’avionica – di cui si parla poco nelle polemiche Sud-Nord. Napoli,
il napoletano, si vogliono magniloquenti – “magnogreci”, come disse l’Avvocato Agnelli
di De Mita. La capacità di “riparare ogni cosa”, che il filosofo tedesco
Sohn-Rethel gli riconosceva, non li appassiona. I cinesi invece ci hanno
costruito un impero, ricchissimo, in pochi anni.
“A metà ‘800 Gragnano vantava
100 pastifici che producevano oltre 1.000 quintali di pasta al giorno”. Unità
funesta?
“Nel 1800 a Gragnano anche
la larghezza delle strade e l’altezza dei palazzi erano studiati per favorire
l’essiccazione ottimale della pasta”.
Tutto a Napoli “esplode”, e
quindi “esplode la protesta” nei titoli in tv e nei giornali anche per il
reddito di cittadinanza, di cui la città e viciniori sono stati beneficiari
massimi. Ma 500 in piazza, benché mobilitati da Cgil e Pd, non sono grandi
numeri. Nei confronti del grillesco reddito di cittadinanza la città si può dire
riflessiva – ci sono limiti alla stupidità.
Sono invece “solo 200 al
corteo per Caivano”, contro le reiterate violenze sulle due cuginette di 13 e
10 anni. Quelli delle associazioni e i centri di solidarietà contro la violenza
sulle donne. E il grande cuore?
“La Campania Felix della
maturità”: il diplomificio d’Italia.
Delle licenze liceali. Con corsi anche accelerate,
quattro anni invece di cinque. Basta iscriversi a uno dei 90 e più licei parificati
di Napoli e provincia. La “cintura di Napoli”, lo 0,4 per cento della
superficie nazionale, concentra il 50 per cento dei diplomifici italiani, 46
istituti private.
La scuola come business. Ma sempre con la fissa della
“copia”, invece di un lavoro ben fatto, a proprio nome.
Si parlava “napoletano” nel Regno.
Rilliet, il medico svizzero che raccontò una spedizione militare di Ferdinando
II in Calabria nel 1851, nota degli albanesi che incontra la loro “lingua
particolare”, senza “nessuna analogia con il napoletano, che gli abitanti parlano
eccezionalmente quando si trovano con uno straniero”.
leuzzi@antiit.eu
Il sogno di Almodovar
La
prima scena è il sogno gay, dell’angelo carnale, l’adolescente musicante. Poi in
trenta minuti Almodovar in stato di grazia vara un nuovo genere di film, del
film-racconto invece del film-romanzo (una diversa versione del film a episodi
del cinema italiano di cinquanta-sessant’anni fa), coniugando il melodramma, la
sua passione, col pornosoft, e col western.
Proprio
con un duello al sole, fra due vecchi giovani amici di bisboccia in Messico,
col vino e a letto, poi killer a pagamento, poi separati, da una vita ormai, “venticinque
anni”. L’uno sceriffo, esecutore della legge inflessibile, l’altro cowboy nel
suo ranch – il sogno “casalingo” dell’uno
che l’altro rifiutò. Ma la passione è inalterata.
Pedro Almodovar,
Strange way of life
giovedì 21 settembre 2023
Berlusconi santo subito – 35
Non c’è solo il passaggio di
Bianca Berlinguer (Berlinguer…) a Mediaset, che solo qualche anno fa si voleva cancellare per referendum, c’è perfino
una campagna di riabilitazione dei cosiddetti “giornaloni”, tra essi soprattutto
“la Repubblica”, quotidiano già aduso, con Scalfari e dopo, a 5-6 articoli al
giorno contro, a voler riabilitare il buonanima. Non proprio, non
dichiaratamente, ma è un’altra faccia che si presenta. Con bei nomi a supporto:
Camilla Cederna il settimanale feminile, Marino Perniola “il Venerdì di
Repubblica”, Donata Scalfari in intervista fiume con Cazzullo sul “Corriere della
sera”.
Donata, la figlia minore del
Fondatore, già lei stessa per la verità nel “tg delle figlie”, quello montato
da Mentana per Berlusconi, dice che era tutto una farsa. Dopo Craxi, le ricorda
Cazzullo, “l’altro grande nemico fu Berlusconi”. “Papà lo trovava molto simpatico”,
è la risposta, “molto divertente. Prima della guerra di Segrate per il controllo
di Mondadori e di Repubblica, si vedevano spesso ad Arcore: Confalonieri
suonava al piano le canzoni che piacevano a mio padre, Berlusconi le cantava” -
e poi gli illustrava il suo “scannatoio” (ma la visita dei boudoir è raccontata come uno scherzo).
“D” ripropone un’intervista che
Camilla Cederna, nientemeno, fu mandata dall’“Espresso”a fare a Berlusconi
imprenditore edilizio sconosciuto nel 1977, un anno dopo l’uscita di “la
Repubblica”- quando la ricapitalizzazione già s’imponeva. Un compitino, che
Cederna svolge senza genio: “Un uomo non tanto alto, nemmeno una ruga, dai modi
gentili. E siccome è la sua prima intervista, è felice di raccontarmi la sua
vita felice”. Pensare: Berlusconi diede la sua prima intervista a “L’Espresso”.
E vi si potè fare l’apologia: “Si ritiene l’antitesi del palazzinaro, si
ritiene un progressista, è cattolico e praticante, ha votato Dc; e «se l’urbanistica
è quella che si contratta fra costruttori e potere politico, la mia allora non
è urbanistica»”. I pareri dei concorrenti sono l’opposto, ma Cederna non ha voglia
di credere a loro. È un ottimista, conclude, vuole fare una tv ottimista, finanzia
Montanelli per consentirgli di fare “Il Giornale”, massima sua aspirazione sarebbe
diventare presidente del Milan, e parlamentare europeo, “ci tiene anche a coltivare
al meglio la sua figura di padre, cercando di avere frequenti contatti coi suoi
figlioletti”.
Definitivo il primo lancio della
serie, sul “Venerdì di Repubblica” a Ferragosto: un ricordo di Marino Perniola,
“studioso originale e filosofo «eretico», di sinistra ma non marxista”, quello
che allora, anni 1960-1970, si diceva un “sitazionista”, un battitore libero.
Ma limitao a una sola sua tesi, da analista del Sessantotto, del “movimento”: “È stato Berlusconi a fare
il Sessantotto”, questo il titolo. Non a farlo, propriamente, per l’anagrafe
non poteva. Ma a realizzarlo: “Il Cavaliere realizzò le idee rivoluzionarie
degli anni Sessanta. A modo suo…”, questo il sommario. L’occasione c’è, la ripubblicazione
di un testo di Perniola, “Berlusconi o il ’68 realizzato”, la presentazione è
lusinghiera.
L’odio è ancora forte. Basta
leggere quanto si cita sui giornali delle memorie di Sarkozy, e della sua comare
Merkel – una specie d’imbecille, che ha rovinato la Francia delle periferie e ha
rovinato la Libia per rovinare l’Italia. Ma il Berlusconi deve morire si sta
trasformando in un Berlusconi santo subito. Compresi i figli. Comprese le
odiate sue aziende – che non hanno mai licenziato nessuno, nemmeno i giornalisti.
America fredda, da scuola creativa
Un
bus scolastico che cade nel burrone con tutti i bambini – il “dolce domani” è
quello che non ci sarà per i bambini di un paese di montagna dello stato di New
York, freddo, nevoso. La storia è della guidatrice, sopravvissuta. Di qualche familiare in colpa. Di un avvocato a
percentuale fra i tanti precipitatisi da New York nel borgo sperduto tra le nevi, che studia una
“causa civile di risarcimento”, innocentando la guidatrice per fare condannare
“l’amministrazione comunale, o il distretto scolastico o lo Stato o chiunque
altro dotato di tasche profonde e piene di soldi”.
L’impianto
narrativo vuole da 40 a 80 pagine l’uno per spiegare cosa fanno o pensano e
perché alcuni dei personaggi. Il genitore in colpa, un meccanico ex tenente in
Vietnam, è uno che seguiva col pick-up il bus, e ha visto l’incidente, ma nel mentre
che si affannava col pensiero sulle tette e le cosce dell’amante. L’avvocato
invece ha la figlia drogata all’Est, che però si rifà viva a New York avendo
contratto l’Aids – tema d’obbligo allora, il romanzo è del 1990. Sessanta
pagine sono lasciate alla ragazzina unica sopravvissuta, in sedia a rotelle,
vittima o orfana di pratiche paterne incestuose. Un ultimo capitolo è di
tecnica narrativa della suspense, con
un rodeo fra macchine rottamate. Oltre al fumo, la cocaina e altre sostanze, l’alcol
scorre a litri, in compagnia e da soli.
Il
libro è diverso dal film, non è un legal
thriller. È presentato come una storia dell’America della piccola
borghesia, di campagna e di città, sperduta tra periferie senza carattere e
ambizioni sfumate. Ma non attacca, in nessun momento, in nessun personaggio.
Sarà stato un esercizio di “scrittura creativa”: come la donna che guidava lo
scuolabus finito nel burrone può ricordare l’evento, mentre si occupa del marito
paralizzato, come un avvocato contingency
vive e pensa, furbo ma disperato, come vive un paese, di case singole e disperse, in America, o in
un’officina meccanica un ex tenente del Vietnam, che cosa fa una moglie bella e
sempre giovane con un marito diventato obeso e inetto.
Russell
Banks, Il dolce domani, “Corriere
della sera”, pp. 273 € 9,90
mercoledì 20 settembre 2023
Secondi pensieri - 523
zeulig
Confini – La riflessione,
il pudore, esteriorizzazioni comuni, sono limiti. Necessario l’uno, naturale,
forse, l’altro. Lo stesso il garbo e l’onore (lealtà) nelle relazioni, dovuti e
forse anch’essi naturali, in qualche modo o misura (non sono stati inventati o
derivati).
Dio – Senza Dio il mondo è senza ancoraggio e senza prospettiva – è il senza
Dio, il “Dio è morto”, di Vattimo. Vaga, per natura deperisce e non ha legge se
non quella del più forte – robusto, resiliente, armato (la guerra in Ucraina lo
mostra evidente, e più dalla parte della difesa, che è una difesa militare nel
quadro di un’offensiva strategica, di lungo periodo, geopolitica). La scienza
non è un Ersatz, ha ampiamente
dimostrato la sua indifferenza a bene e male, alla distruzione in uno con la
creazione, anche quella “a fin di bene”, anche ora nella transizione ecologica -
è un mezzo, non una provenienza o una direzione, un criterio.
Leviatano – Hobbes, che moriva nel 1679, lo ha trovato in Swift, che ne aveva scritto
nel 1667, “I viaggi di Gulliver”? Ernst Jünger lo ipotizza analizzando “I
viaggi” di Swift, “brillante e feroce satira delle Istituzioni sociali e dell’umanità
in generale”: “I viaggi di Gulliver
si fondano sul fatto che nella società vi sono grandi e piccoli, e non solo da
un punto di vista anatomico” (E. Jünger, “La forbice”, §72).
Dono – Marcel Mauss o chi per lui ha codificato
una economia del dono. Forse in un tempo o in un mondo senza possesso, se mai è
potuto esistere (ma la società, la distinzione prima del patto, il tu e io, non
è manifestato come possesso?). Col dono non si costruisce niente, e si possono
creare ostilità: chi è stato nel bisogno, se aiutato, non necessariamente è
riconoscente, non apprezza chi lo ha aiutato, o raramente, forse più spesso ce l’ha in odio.
Funziona
come strumento di potere. Ma allora perde le caratteristiche del dono –
gratuità, generosità.
Eroe – La parola e la figura retorica
più ricorrente: è eroe indifferentemente chi aiuta un nuotatore in difficoltà e
chi salva un naufrago in mare in tempesta. Specie se il salvatore è delle forze
dell’ordine. Un richiamo non corrispondente al significato e senso di eroe (“chi
dà prova di grande valore e coraggio affrontando gravi pericoli e compiendo
azioni straordinarie”, Treccani”): Ma rispondente, evidentemente, a un bisogno.
Di ordine.
Mentire - Si può mentire per necessità in Kant, e anche in in
L.Lombardi Satriani, “Menzogna e verità”, 297: “Per il folklore meridionale
l’uomo deve essere leale, non può ingannare, raggirare, mentire, deve mantenere
fede alla parola data: «L’omo ala
parola, li voi (i buoi) ali corna»”. La menzogna quindi costituisce reato. Però, la condizione di necessità
esime dall’obbligo di non mentire: “‘N
tempu di guerra menzogna come terra”.
È, di fatto, molta parte del bene. In senso figurato, fantasticare,
sognare: “Magnanima menzogna, or quand’è il vero\ sì bello che si possa a te preporre?” – T.Tasso,
“Gerusalemme liberata”, II, 22.
Mentre nella quarta passeggiata delle “Fantasticherie di un passeggiatore
solitario”, Rousseau propone una tassonomia della menzogna,
per scoprirsi bugiardo senza limiti nel tempo stesso in cui
più faceva proponimenti di essere
sincero e leale. Mentiva senza danno altrui?
Ottimismo –
Nasce dalla capacità critica, dalla ragione. Più o meno (meglio o peggio) del
pessimismo, che viene ritenuto la sola saggezza? La vicenda umana è
indifferente.
Baudelaire
ha straordinaria, costante, carica positiva, benché i suoi temi siano il peccato,
il male, la malattia, la morte. Quanto pessimista, al confronto, l’entusiasmo
di Rimbaud, e non per la vicenda umana.
Pessimismo
– Richiede
grandi energie, e anche creatività: Leopardi, Nietzsche, Baudelaire, Kierkegaard,
grandi scrittori, e instancabili, e molto profondi, sono grandi pessimisti.
Nietzsche ne celebra l’utilità scrivendo a Erwin
Rohde il 15 luglio 1882: “Il mondo è povero per chi non è mai stato abbastanza
malato per godere di questa «voluttà dell’inferno»”. In precedenza, in due
frammenti postumi, del novembre-dicembre 1878, diceva del pessimismo che,
nutrito da “infelici raffinati, come Leopardi”, può rendere l’esistenza tutta
intrisa di “dolce miele”. Per una sorta di snobismo, vendicativo. Ma
soprattutto per il fatto di dichiararlo – se di vendetta si tratta, allora è un
boomerang: “La loro vendetta, il loro orgoglio, la loro inclinazione a pensare tutto quanto soffrono, la loro
arte nel dirlo: tutto questo non è –di nuovo – dolce miele?”. Così come
“l’ascetismo è non di rado una scelta fatta per sottile epicureismo”.
In uno dei “Frammenti postumi 1881-1882),
scritto su una copia dei “Saggi” di Emerson, il pessimista Nietzsche è
apodittico: “La capacità di soffrire è un mezzo eccellente di conservazione,
una specie di garanzia per la vita: per
questo il dolore si è conservato; esso è utile quanto il piacere. Mi viene
da ridere quando ascolto gli elenchi di sofferenze e di miserie, con cui il
pessimismo cerca di dimostrare la sua legittimità – Amleto e Schopenhauer e
Voltaire e Leopardi e Byron”. Il pessimismo è un genere che Nietzsche
stigmatizzerà in un frammento ancora due anni dopo: “La specie Hölderlin e Leopardi: sono abbastanza duro per ridere della loro perdizione”.
Leopardi comunque opera per la “gloria”, come
dice in più di un punto. Artefice, di opere come opposte alla grazia, o
disgrazia. Come poi sarà di Baudelaire: il poeta (il creatore) non può essere
pessimista.
Possesso – Va con la personalità. È stato a
lungo, tra Sette e Novecento, imputato a una concezione del potere, di classe,
tra chi ha e chi non ha. In realtà ha, deve avere, anche “chi non ha”, il
povero, l’incapiente, l’impossibilitato. È un’estensione mentale prima che pratica,
che va con la coscienza di sé - la coscienza indotta dal fatto stesso di esistere,
ben prima della formazione o educazione, tanto meno dell’ideologia.
Predestinazione – Abiure, secessioni, guerre, molti morti, molte
durezze e molta teologia per che? Per un esercizio beffardo della coppia “filosofica”
Fruttero&Lucentini, nell’acclamato saggio “Il significato dell’esistenza”: “«Predestinazione o libero arbitrio?»” Siamo
sempre lì”, fanno dire a una affannato prete anglicano in fuga sull’Orient
Express. E da che? Dalla tentazione. Il reverendo, sposo devoto al suo Paese e
padre di due figli, alla stazione di Vicenza ha avuto un turbamento, per il
capostazione. E non perché il capostazione avesse un particolare appeal: “Era un uomo di forse cinquant’anni,
di sta tura media,….”, ma qualcosa “nel suo stesso portamento stanco e
ingobbito, nell’inclinazione disincantata del berretto, nel pigro movimento del
braccio che dondolava la paletta” ha catalizzato nello sventurato “confusi impulsi
e languori”. Quanto basta per riportare la dita “a Democrito, e al suo continuatore
Epicuro. Per Democrito, se gli atomi ti portano a Vicenza, il capostazione non
te lo leva nessuno. Per Epicuro, invece, non è detto al cento per cento: puoi
anche finire a Portogruaro”.
Viaggio – “I viaggi
prolungano la vita”, Corrado Alvaro.
zeulig@antiit.eu