sabato 2 dicembre 2023
Appalti, fisco, abusi (236)
Le pensioni di fine anno, novembre e dicembre, tredicesima compresa, sono state soggette a un
L’Europa fragile - indifesa, incapace
Il ministro Giorgetti rende noto
un colloquio che ha avuto, molto lungo, due ore e mezzo, con Kissinger (quattro ani fa, quando fu invitato
al Council on Foreign Relations?), e una lettera sugli stessi temi del colloquio
che Kissinger gli ha poi scritto. Pwr dire l’Europa fragile: esposta a tutte le
correnti commerciali e politiche, e incapace di decidere.
Una rivelazione che è un po’ la
scoperta dell’acqua calda. Ma più che mai attuale, cioè durevole. Del resto
Kissinger è stato uno statista dell’acqua calda, della Realpolitik, che l’Europa tanto disprezza.
La rivelazione è dell’Europa dopo la guerra fredda, che non ha ancora capito
che è finito il suo ruolo di avamposto contro l’impero sovietico. Che è un’isola nel grande mondo fra gli oceani.
Il Fondo Monetario così la fotografa
oggi, il giorno dopo la rivelazione di Giorgetti. L’Europa è l’area più
intrecciata agli scambi internazionali, il che la rende specialmente vulnerabile in tempo di dazi e contingenti. È anche l'area al mondo più aperta agli investimenti esteri, che presentano la stessa debolezza. Mentre non ha, si può aggiungere,
una difesa coordinata, altro che quella Nato, americana, malgrado spenda tanto.
E ha molte politiche comuni, nel senso di una sorta di perequazione continentale
della ricchezza, ma non una politica comune verso l'estero, né economica né politica
– siede passivamente nell’”Occidente”.
Divertirsi nei truci anni 1970, si può
Un
ritorno felice, dopo i tre film di successo imbroccati da Bruno, soggettista,
sceneggiatore e regista. Per una miniserie, di episodi veloci e irresistibili,
sugli “anni 1970”.
Nel
primo episodio la inevitabile “serata” alternativa-contestativa, tra
rivoluzione e fumo, in una comune, ma molto individualista. Gian Marco Tognazzi
ha scoperto di essere stato adottato, tramite una vecchia foto semiscolorita
della presunta madre naturale, e parte alla sua ricerca, rubando al mago, lo
stesso Massimiliano Bruno, la ricetta del tempo. Giallini e Morelli
naturalmente lo inseguono, poiché è il custode dei soldi rubati, di cui sono ovviamente
a corto. E incontrano il “movimento” post-Sessantotto, in una comune attorno al ricco intellettuale Maurizio Lastrico. La convivenza con se stesso in fasce e con la madre
giovanissima e femministissima – il maschio “non esiste”, nemmeno nella
fecondazione - è un gran racconto.
Poi,
prima del ritorno alla contemporaneità, ci sono, anch’esse inevitabili per gli anni
1970, le trame: i servizi deviati, le bombe eccetera. Che i tre prodi cavalcano
saggi e abili, naturalmente vittoriosi.
Bruno,
nel ruolo di geniere del tempo, si studia di rimediare allo sfortunato rigore di
Baggio contro il Brasile che costò all’Italia il Mondiale del 1994 - non gli
viene facile.
Una commediola indiavolata della pregiata ditta Lucisano - specialmente felice il casting dei tanti comprimari. Un
umorismo svagato e divertente.
Massimiliano
Bruno-Alessio Maria Federici, Non ci
resta che il crimine, Sky Cinema, Sky Atlantic
venerdì 1 dicembre 2023
Cronache dell’altro mondo – di taccheggi (248)
“Lo spettro del taccheggio
ossessiona l’America: video virali circolano che documentano scene
terrificanti, gente mascherata che fracassa vetrine, gruppi che attaccano
grandi magazzini, ladri che attaccano lavoratori”. I gestori delle grandi
catene di vendita lamentano furti in crescita, “una minaccia seria”, parte di
“un’ondata nazionale del crimine”.
Secondo un rapporto del Council on
Criminal Justice non dappertutto è cosi: il taccheggio ha dilagato negli ultimi
quattro anni a New York e Los Angeles. Mentre si è ridotto in oltre una dozzina
di altre città. Ma la sensazione è che sia in aumento.
Lo shrink, la differenza tra il valore delle merci inventariate e
quello delle vendite ha totalizzato 112 miliardi di dollari nel 2022, contro i
94 miliardi dell’anno precedente, secondo la National Retail Federation. Ma la stesa
Federazione nota che il furto esterno, commesso cioè da non dipendenti, è
rimasto di fatto piatto negli ultimi anni, rispetto all’incremento dello shrink” – rubano i dipendenti?
(“The Atlantic”)
Macondo a Gioia Tauro
Una
storia felice e poi infelice. Di Eranova, un paese che non c’è più (c’è il porto
di Goia Tauro), e di un amore che avrebbe potuto essere, oltre l’infatuazione
giovanile.
Un
paese dal nome beneaugurante. In realtà un piccola comunità, minima, un casello
ferroviario tra Gioia Tauro e Rosarno, che distano fra loro nove chimlmeltri,
con un mare trasparente, grazie a un fondale di sabbia sassosa, o sassolini
minuti. Di fronte allo Stromboli – alla parete chiusa del vulcano. Sacrificata
una cinquantina d’anni fa, per fare posto a un grande centro siderurgico, progetto
poi soppiantato da una megacentrale elettrica a carbone, infine, non sapendosi
più che fare, al megaporto di Gioia Tauro. Abate ne fa una Macondo di Calabria,
la storia di un destino amaro calato su un borgo felice.
Una
fiaba veridica, di un villaggio edenico in riva al mare, abitato da vecchi misteriosi
e maghe buone, destinato a dissolversi sotto i colpi di ruspe e draghe. Un “paradiso
chjatto e improfumato”, il narratore lo fa dire al proprio padre, avvezzo ai
calanchi dirupati del “marchesato”, nel crotonese, dove vive, “dove ti diverti a
raccogliere arance, mandarini, limoni, uva, fichi, olive”. Sotto l’ombrello magico
dei “Cento anni di solitudine”, qui invece piuttosto vivaci, affollati, e di “Foglie
morte”.
Un
racconto di personaggi da presepe, il nonno, la nonna, coloro che a fine Ottocento
crearono Eranova, e larghe tentacolari famiglie. Con lettere e appelli dei
paesani, pochi (i più preferirono i lauti espropri), al presidente Leone, a
Andreotti, a Paolo VI e a Pasolini contro il megaprogetto industriale. Con gli
eventi di contorno, sul solco de “Gli anni” della Nobel Ernaux: la fuga di
Kappler dall’ospedale del Celio, dove Abate faceva il militare, il rapimento di
Moro, un incontro fugace a un firmacopie con Pasolini.
La
ricostruzione è precisa, nella toponomastica e nell’onomastica. . Con un “camilleresco”
minimo, di termini dialettali reinventati – per lo più italianizzati: pregnanti. Con
poche imprecisioni. Forse una sola: il “morsello” il narratore-autore non l’ha
mangiato a Eranova, forse a Catanzaro (che è molto più vicina al crotonese, l’area
familiare di Abate, ma in Calabria tutto è distante). O due: “Lina mostra a
Carluzzo il dito medio” succede nei film americani, qualche decennio dopo, in
Calabria ancora no. Alla lettura però è diseguale: molto l’episodico, e il bozzetto.
E anche il camilleresco, non sempre è significante – “l’epoca anticària” non
dice nulla.
E
i racconti sono finti di vecchi – sono di come si presume parlino i vecchi, che
si vorrebbero saggi e altruisti ma più spesso invece tacciono. Sull’esempio di
Marquez, ma senza l’inventiva, né il pathos. “Sì, mi attraggono le storie vere
come questa”, si dice il narratore, “compresi i tentativi di reinventare ad
arte per raccontare l’indicibile”. L’indicibile è la nostalgia, che abbellisce
anche l’orrido. Abate ci prova con l’abbandono, che vuole sofferto mentre più
spesso è di sollievo nella realtà – lo ha raccontato nelle opere precedenti,
dell’emigrazione, e del ritorno. L’impressione è che, rimontato, al modo che fu
di “Nuovo Cinema Paradiso”, Eranova meriterebbe il richiamo a Macondo.
Carmine Abate, Un paese felice, Mondadori, pp. 261, ril., €18,50
giovedì 30 novembre 2023
Secondi pensieri - 530
zeulig
Destra-Sinistra
–
La destra della sinistra non è più il capitale – che anzi ora è “la” sinistra
(liberismo, speculazione, monopoli), sotto il vessillo della modernità - ma il fascismo.
Da Umberto Eco (urfascismo) a Murgia. Una deriva astorica. Che in Europa la
destra incoraggia col culto del ventennio nero, in Italia, Spagna, Germania, Austria, Polonia, Romania, la stessa Francia e altri paesi
(in Grecia con la guera civile e col regime militare), ma nelle altre democrazie
non si vede come – Stati Uniti, Gran Bretagna.
La
sinistra della destra non è più il comunismo (sovietismo). È il rifiuto, l’ostentazione
del rifiuto, della realpolitik, della
realtà. La modernizzzione, di fatto, senza criteri e senza limiti – tutto ciò
che è nuovo è buono. Un approccio libertario più che comunista. Che la destra
denuncia irrealistico o artefatto (subdolo). Si direbbe una “guerra” – dialettica,
povera – tra una nostalgia e una fantasia.
Dio – Dio
è fantasia, l’ombra della luna, il nodo è viscerale.
Famiglia - “È
l’unione più o meno durevole, socialmente approvata, di un uomo, una donna e i
loro figli; è un fenomeno universale, presente in ogni e qualunque tipo di società”.
È definizione di non molto tempo fa, 1967, di Claude Lévi-Strauss, “Razza e
storia e altri studi di antropologia”.
Guerra –
Prepara la pace, si dice, e non può essere altrimenti: uno stato di guerra indefinito,
interminato, è una sconfitta. Napoleone, di cui si propone al cinema l’immagine
di uomo d’arme unicamente interessato alle battaglie, per primo lo riconosce: la guerra è limitata e deve terminare.
Il 31 marzo del 1797 lo spiegò a Carlo d’Asburgo: “I buoni militari fanno la
guerra e desiderano la pace. Alla fine di questa guerra noi avremo ucciso, da
una parte e dall’altra, molti uomini. Ma bisognerà che finiamo per intenderci,
tutto ha un termine, pure l’odio”. Ed è stato grande perché ha vinto non tanto
le battaglie quanto le paci, fu abile soptattutto come diplomatico - sul campo vinse, ha potuto
dire Marinetti, perché “in alcune battaglie
ebbe tutti i suoi portaordini uccisi e quindi tutti i suoi generali autonomi”.
È atto di forza, non
strumento di giustizia. La stessa liberazione che l’Europa celebra, dalla Sicilia
alla Nrmandia, in Germania si fece col fosforo. In
Sicilia con bombardamenti quotidiani - fu la vera guerra dell’isola, indifesa.
A Formia con la marocchinate di Juin, che lasciava due giorni di orge ai suoi soldati
se ne combattevano uno: liberarono con gli stupri le bambine e i ragazzi, tra
Formia e Cassino, a migliaia. Distrussero l’Abbazia di Cassino, dove i tedeschi
non c’erano. Il primo atto del governo liberato a Palermo fu di tirare sulla
folla che protestava alla prefettura, a Palazzo Comitini, trenta morti di cui
non si parla. Non si sono intestate nel lungo dopoguerra piazze a Roosevelt,
Churchill o Stalin. Neanche a Roma, che ha una piazza Elio Callistio e un largo,
lungo, viale Pilsudski.
Morte - L’uomo è sotto l’incubo della morte
collettiva, ma la fine è singolare. Patita o goduta, per martirio o eroismo, per
l’età o malattia, ma sempre individuale. Solo in questo senso si può dire che
l’uomo rientra morendo nell’ordine della natura - o rafforza con Marx la
specie, se muore la sua singolarità.
È l’immortalità individua che Goethe
materialista teorizza con Falk ai funerali di Wieland. Ma filamenti invisibili
legano l’umanità, fluidi organici che generano irrequietezze e impeti.
Patria – È
nata a sinistra, con la “Marsigliese” – è nata politicamente. Seguita dale guere
napoleoniche, di conquista. Il nazionalismo è stato nell’Ottocento, e fino alla
Grande Guerra, di sinistra, ancorché non socialista, non operaio – e benché accompagnato
dall’idelogia dei “primati”. È diventato esecrando col Volk tedesco, una celebrazione non solo nazista, anzi primariamente
(e poi con Heidegger) di amore e rispetto dei luoghi e delle tradizioni, quasi
ambientalistica – ma non esente da venature di superiorità, la coda dei
“primati”.
Progresso - “Il desiderio rivoluzionario di realizzare il regno di Dio è
il punto elastico di tutta la cultura progressiva e l’inizio della storia
moderna”, Friedrich Schlegel l’ha scoperto. Se non che Dio non può modificare la storia, l’uomo sì.
Sinistra – È
individualista – “borghese? “La sinistra si costituisce”, all’Assemblea francese
dell’agosto-settembre 1789, ma poi in qualsiasi democrazia, “come parte
integrante dell’ideologia moderna, è la portatrice dei pricipi e dei valori del
moderno, inteso nel senso dell’individualizzazione della vita sociale, del
superamento delle precedenti unità organiche comunitarie, e così via. Queste
caratteristiche segneranno, come un fil
rouge, la vicenda della sinistra – Marco Revelli, “Visto da sinistra” – in Domenico
De Masi U(a cura di), “Destra e sinistra”.
Sogni - I sogni per necessità si rivelano ex post - a meno di non vivere nel sonno, sonnambuli. Partendo da
esigenze e punti d’osservazione posteriori, anche quelli di cose future.
I sogni sono servili. Da analista se uno
ne ha bisogno per l’analista, da poeta se fa il poeta, da filosofo, da manager,
da rivoluzionario. E ripetitivi, faticosi anche. Quelli del pizzicagnolo
mostreranno tratte, fatture, e clienti nude sotto il bancone. Al tempo
dell’acquisto maniacale dei libri, che si ammucchiavano, i sogni mostravano
librerie ordinate.
All’altro capo sono i sogni da Freud,
quelli da Jung e quelli da Borges, della metafisica fatta letteratura. Sempre
per l’effetto Edipo, dell’oracolo che influenza gli eventi, i sogni si conformano.
Così l’analista, ricucendo sogni e memorie, costruisce il male.
Straniero –
Non c’è lo straniero, siamo tutti pezzi di qualcuno e qualcos’altro.
Sembrerebbe, nella moderna idelogia dei diritti. In un ceto senso ha ragione Eduardo
Galeano, del discorso che dice di aver ascoltato in un bar di Barcellona in
Spagna (“El cazador de historias”): “Il tuo dio è
ebreo, la tua musica è nera, la tua macchina è giapponese, la tua pizza è italiana, il tuo gas è algerino, il
tuo caffè brasiliano, la tua democrazia è greca, i tuoi numeri sono arabi, le
tue lettere sono latine, io sono il tuo vicino e tu mi chiami straniero?” Ma si
è sempre saputo, siamo sedimentati. Siamo
però diversi.
Anche
nella sedimentazione, che è un processo sere diverso - il cocktail si fa con componenti
diversi, in misure diverse. La diversità conta.
Traduzione – È il
processo conoscitivo di cui con più facilità, anzi senza nessun inciampo, l’intelligenza
artificiale si approprierà. Si dice, e sembra ovvio. Anche delle traduzioni
letterarie, poetiche. Con non maggiore approssimazione delle traduzioni d’autore.
Ma altrettanto sicuramente anche non migliore. Si sono fatte traduzioni da parte di
emeriti letterati con nessuna o limitata conoscenza della lingua originale, con
buoni risultati. Esito di una sensibilità linguistica. L’Ia ne sarà capace – ha
abbastanza giudizio?
È
curioso portare a sostegno della traduzione tradizionale, d’autore, quelle di traduttori
ignari dell’originale. Ma tanto più significativo.
Verità – È la storia. La storia, il tempo dell’uomo, è la verità, la salvezza di
Dio. È il tempo fornito di senso. È l’anima del mondo, se l’anima, come vuole
sant’Agostino, è l’autentica dimora del tempo.
zeulig@antiit.eu
Verso un nuovo fronte in Cisgiordania
Prolungandosi la guerra a Gaza, tanto
più ora con le pause pure benvenute di tregua, il timore in Europa è che una
situazione analoga, di radicalizzazione, si crei in Cisgiordania. Dove Israele
ha intensificato dal 7 ottobre la colonizzazione, con l’intervento dell’esercito
accanto ai coloni – i morti contati sono oltre duecento, con molti arresti ed
espropri forzosi. La radicalizzazione della Cisgiordania renderebbe la situazione
rischiosa per gli equilibri globali.
I timori che la Farnesina riscontra
a Parigi, soprattutto, ma anche a Berlino, e per alcuni segnali a Londra, è che
la politica di colonizzazione spinta che Israele sta portando avanti in Cisgiordania
dall’inizio della guerra porti a una radicalizzazione palestinese, con o senza
Hamas, anche in questa area. Che è molto più grande di Gaza, e non isolata: un conflitto
vi sarebbe forse più disastroso, sicuramente più denso di rischi. Non c’è una frontiera,
israeliani e palestinesi sono frammischiati, dopo quasi sessant’anni di occupazione
militare israeliana, Siria e Iran potrebbero ritenersi obbligati a intervenire.
L’astensione proclamata dall’Iran
da ogni intenzione di intervento nella guerra lascia sperare che il conflitto a
Gaza resti localizzato. Ma si accrescono i timori generati dal mancato
cambiamento di governo in Israele, malgrado le responsabilità per l’attacco del
7 ottobre: il governo di guerra, benché allargato al centro, è sempre dominato
da Netanyahu e i partiti dei coloni.
Pornosoft a Lucca, e alla Spezia
Una
serie d’immagini della Toscana più bella, con il mare di La Spezia, e la
recitazione delle ricette più gustose all’insegna della dark comedy. E poiché Lucca è “la capitale del porno italiano”,
secondo il giornale “La Nazione”, c’è anche un’orgia – La Spezia è il luogo
degli yacht, ricchezza e sentimento. Più che dark, uan commediola porno soft.
La
catena di fast food americana “Toscana
Grove” manda ogni anno un gruppetto di direttori scelti dei suoi franchising in Toscana per una
vacanza-scuola. Ci manda le direttrici, di fatto (più qualche maschio che ha
nome di battesimo che suoni femminile), perché il capo della ditta, italiano d’origine,
che in Toscana se la spassa, possa fare la sua scelta di seduzione.
Il
vecchio cliché dell’americanina
innocente, vittima in Europa di diaboliche galanterie - con l’aggiunta della
cucina golosa. Ma senza violenza. Eccetto che per i “ristoranti” Toscana Grove:
la cucina è un tavolo, con i piatti di pasta precotti, e un forno a microonde –
la salsa, bianca o rossa, viene da piccoli orci prodotti dalla fabbrica.
Jeff Baena, Spin
me round – Fammi girare, Sky Cinema
mercoledì 29 novembre 2023
L’Europa, il piano Mattei e l’Arabia Saudita
Il
voto di Parigi sull’Expo 2030 è una indicazione netta dello stato del mondo. Che l’Arabia Saudita avrebbe avuto l’Expo 2030 era
scontato ma non a 119 a 17 contro Roma. Che non ha avuto nemmeno i voti della
Ue, che sono 27. Un voto che dimostra come funziona l’ex Terzo mondo, la parta
africana e latinoamericana del Terzo mondo, gli asiatici avendo votato per la
Corea (e per il segretario del Bureau, Joy-chul Choj, che è coreano), e anche di cosa è fatta l’Unione Europea. Di “mazzette”, gli ex “conti
in Svizzera”.
È
curioso che il voto quasi unanime del Bureau International des Expositions sia
attribuito alla “politica tentacolare dei sauditi nella caratura dei
testimonial”, p.es. Cristiano Ronaldo, che “su Instagram ha 634 milioni di follower”.
Come se fosse stato un voto di scemi. Mentre si sa come funziona, l’Arabia
Saudita non è un paese sconosciuto. Specie sui diritti umani: Stato di diritto (patrimoniale,
cioè è un paese a proprietà privata) e libertà, di fede, di opinione, di circolazione, nonché
di condizione femminile.
Come
votano l’Africa e l’America Latina, e una buona metà dell’Europa? Come ha già
votato la Fifa per il Mondiale di calcio 2022 nel Qatar. Come la stessa Fifa voterà
per quello in Arabia nel 2030, e il Cio per l’Olimpiade invernale nel deserto
nel 2029. Coi conti in Svizzera, semplice.
Il
Bureau International des Expositions è nato un secolo fa per rilanciare lo
spirito progressivo degli anni che avevano preceduto la Grande Guerra. Il mondo
ora è diverso, e il Bie è diverso.
L’episodio mette in quadro anche
la nuova politica italiana di apertura verso il Sud del mondo, il “piano Mattei”.
Il Terzo mondo, quello che era il Terzo mondo al tempo di Mattei, in fuga dal colonialismo,
è ora ben indipendente, e molto corrotto. Non si può dire, ma è la verità. Si vede
Giorgia Meloni coraggiosamente in visita ai marpioni africani, e si pensa: ma
veramente crede che le credano? Sì, se porterà molti miliardi dall’Unione Europea. Altrimenti è una delle solite vanaglorie europee, che si credono ancora al
centro del mondo.
Un viaggio felice alla scoperta di sé
Un
ritorno, al paese abbandonato da quarant’anni, alla casa di famiglia, alle
memorie rimosse, della madre amata, della sorella complice, alla felice prima
età. Brillante, di arguzie, gags, sorprese,
Papaleo è ben sempre un attore comico – di una comicità triste, che però meglio
si direbbe riservata: contenuta, allusa, suggerita, sospesa, lasciata allo spettatore.
E liberatorio, per il protagonista ma anche per lo spettatore: è un racconto coinvolgente.
Il
ritorno è naturalmente al fortunato “Basilicata coast to coast”, il primo film
di Papaleo. Al paese, Lauria, tra
Maratea e Lagonegro – ma viene prima Lagonegro o viene prima Lauria, come il
prortagonista vorrebbe? un viaggiatore avrebbe dubbi. Propiziato da una
fisioterapista che è un po’ anche psicoterapeuta, e il blocco alla schiena di
cui il paziente fortuito soffre supone di natura psicologica.
A sessant’anni
il protagonista, accordatore di pianoforti a Salerno – sbocco un tempo naturale
per quel ramo della Basilicata – si ritrova svuotato, di interessi e di anima.
Riprende a vivere in quache modo ritornando alla gioventù, quando aveva molti
capelli e moltol entusiasmo. E con l’alter ego giovane ripercorre all’indietro la
vita che (non) ha fatto, la gioventù febbrile, di musica, politica, fisicità, e
all’infanzia protetta , dalla sorella, dalla madre. La madre, “la prima divorziata
di Lauria”, che può pasare bella e ammirata sul corso. Sarà una riscoperta drammatica
e felice, passando attraverso un’abbondante serie di incapacità ed errori, personali
e familiari, comuni a tutti e a ognguno. Specie di disattenzione – si sa che l’adolescenza
e la prima giovinezza sono piene di se stesse.
Alla
quarta opera da regista, di cui è anche sceneggiatore, e con un profumo di autobio,
Papaleo centra un film dalle impressioni durevoli. Con un partner sorprendente,
la cantante Giorgia, che governa il racconto come con una fortissima “presenza”
da attrice, per la fotogenia, per la dizione.
Rocco
Papaleo, Scordato, Sky Cinema
martedì 28 novembre 2023
Gazaficazione
Ha un nome sinistro ma è la
politica israeliana. Un’opzione politica allo stato, della destra che governa
Israele dall’assassinio di Rabin in poi, ma di fatto è stata ed è “la” politica
israeliana nella Cisgiordania occupata. Anche ai tempi del premierato del premio
Nobel per la Pace Shimon Peres, e dello steso Rabin: la compartimentazione della
Cisgiordania, fra israeliani e palestinesi.
Si parla di “gazafication” come “modello
di gestione” dei ridotti compartimentati in cui Israele ha rinchiuso i palestinesi
che abitano la Cisgiordania. Con introduzione, in aggiunta alla divisione e ai
controlli amministrativi, di barriere fisiche (muri, posti di blocco, altre
barriere, e controlli di polizia sugli spostamenti). E con la copertura dell’esercito
israeliano.
La “gazafication” era in atto prima
della guerra. La frontiera di Israele con Gaza era sguarnita il 7 ottobre perché
l’esercito era soprattutto impegnato nella Cisgiordania, per sostenere i coloni
israeliani nella caccia alle comunità palestinesi. L’intervento dell’esercito
in Cisgiordania non è infatti di polizia, è armato. Dall’inizio della guerra sono
stati contati circa 350 morti palestinesi in Cisgiordania, e tremila feriti, quasi
tutti a opera dell’esercito israeliano, vittime civili. Prolungandosi la guerra
a Gaza, contrariamente alle precedenti occupazioni israeliane del territorio, consumate in poche ore, si accresce la “gazafication”
della Cisgiordania.
La verità è che non c’è la verità
“Ogni notizia è prospettica, ogni discorso è selettivo, l’obiettività
dunque è un puro mito”. Puro il mito non si direbbe, ma il
giornalismo, che pure non è un mito, ha sempre attratto e appassionato Eco.
Fino all’ultimo, al suo ultimo romanzo “Numero zero”, 2014, preceduto
dall’ancora più franca conversazione online con Scalfari , “Numero Zero -
Eco-Scalfari, dialogo sulI'Italia e i suoi giornali”, il lungo video, una
quarantina di minuti, sul giornalismo.
Lo stesso Eco lo sa, come tutti. Più di tutti lui che amava scrivere per i
giornali, non rifiutava una collaborazione o un’intervista. Era indignato,
questo sì, dalla strumentalizzazione che del giornalismo si faceva ultimamente
in Italia, tra dossier, intercettazioni, spionaggi, sotto forma magari di
controinformazione mentre era – è – disinformacja. Persuasivo
invece l’intervento, con Moravia, Musatti e Alfonso Gatto, a favore di
Braibanti nel celebre processo per plagio che gli fu intentato.
Ma non è una raccolta di polemiche. Ovvero sì, ma amabili, come tutto quello
che Eco scrive e dice. Curiose, stimolanti. “Scritti d’occasione” (articoli,
schede, interventi) , tra il 1969 e il 2013, sui temi del falso e del segreto.
“Mentire, fingere, nascondere” è il sottotitolo. Una collazione, ordinata da
Anna Maria Lorusso, di diciassette testi pubblicati da Eco in varie
raccolte, tra il 1969 e il 2013: nei due “Diario Minimo” e altre raccolte, e
soprattutto nelle ultime, sempre da lui ordinate, “Pape Satán
Aleppe” e “Sulle spalle dei giganti”.
La verità di cui più si parla è del giornalismo, l’obiettività. Questa non
c’è, e non ci può essere - è una, si direbbe, petitio principii. Eco
non arriva a tanto, ma è ugualmente fermo nel negarla. Del resto, spiega, “il
compito del giornalista non è quello di convincere il lettore che sta dicendo
al verità, bensì di avvertirlo che sta dicendo la «sua» verità”. O,
in polemica con Piero Ottone, nel 1969, quando Ottone cavalcava, allora dal
“Secolo XIX”, la contestazione, nel mentre che propagandava il giornalismo a
suo dire inglese, dell’obiettività: “Il giornalista non ha un dovere di
obiettività, ha un dovere di testimonianza. Deve testimoniare su ciò che sa”. E
anche “deve testimoniare dicendo come la pensa lui”.
Di Ottone si può non fare caso – cos’è il giornalismo all’inglese? Del
resto concluderà la sua presunta missione di obiettività con una “storia del
giornalismo italiano” dal titolo “Preghiera o bordello” – lui che aveva
esordito alla “Gazzetta del popolo”, il giornale allora Dc di Torino, e con una
biografia di Fanfani. Il giornalismo è un gioco delle parti, ed è bene che
ognuno stia nel suo ruolo, Eco non fa che richiamare un’esigenza evidente. Ma è
uno strumento di verità, ognuno lo sa, lo avverte, in mille forme – la verità è
mobile, e multiforme.
Umberto Eco, Quale verità?, La Nave
di Teseo, pp. 176 € 12
lunedì 27 novembre 2023
Letture - 538
letterautore
Altezza – È, sarebbe,
importante nella ritrattistica – e nella biografia? Sì - bisogna aggiornare la
lista avviata nella rubrica n. 534 del 18 ottobre. Pasolini era alto 1,67,
Fellini 1,83, Totò 1,63. Anna Magnani era 1,60, Meloni è 1,63.
Eugenia Barruero – La “maestrina della penna rossa” di De Amicis ha una targa a Torino, a
Largo Montebello 38, dove visse – lo ricorda “La Lettura”, con l’ultimo dei “Percorsi
Geografie”, dedicato agli scrittori a Torino. Visse a un paio di isolati da
dove Nietzsche impazzì. Morì a 98 anni, nell’aprile del 1957 – un personaggio
che più ottocentesco non si può nell’Italia del boom. Giovanissima maestra faceva tirocinio nella scuola, allora chiamata
“Moncenisio”, in via Cittadella, dove Ugo, il secondo dei figli dello
scrittore, frequentava le elementari. Il compito della tirocinante era di
aiutare i più piccoli a rivestirsi prima di uscire e a stare ordinati in fila: “A
questo tira su il bavero, a quell’altro abbottona il cappotto perché non
infreddino, li segue fin nella strada perché non si accapiglino”. Una ragazza,
subito dopo il diploma, era la cocca dei più piccoli: “Tormentata continuamente dai più piccoli che le fanno
carezze e le chiedono dei baci tirandola pel velo e per la mantiglia”. Quando “Cuore” fu pubblicato aveva già
26 anni, e insegnava a Volpiano, dove resterà per tutto la vita attiva. A Largo
Montebello si ritirò alla pensione, in casa di una nipote. Deve l’appellativo alla
prima immagine che “Enrico Bottini”, il narrante di “Cuore” alias di De Amicis, terza elementare, padre ingegnere, un ragazzo
destinato agli studi, ne dà: “Quella giovane col viso color di rosa, che ha due
belle pozzette, e porta una gran penna rossa sul cappellino”. Un ritratto o
tutto lusinghiero e quasi innamorato: “È sempre allegra, tiene la classe
allegra, sorride sempre, grida sempre con la sua voce argentina che par che
canti”.
Cinema
– È
un paraocchi, copre le immagini sotto forma di esibirle, insistente? È l’idea
di Kafka: “La velocità dei movimenti e il rapido mutare delle immagini ci
costringono continuamente a passare oltre. Lo sguardo non si impadronisce più
delle immagini, sono le immagini che si impadroniscono dello sguardo e allagano la coscienza. Il
cinema mette l’uniforme agli occhi”.
Kafka lo confidava, da “scrittore visivo”,
che raccontava per immagini, nei colloqui con Janouch: il cinema “è un
giocattolo grandioso, ma non lo tollero, forse perché sono troppo visivo”.
Destra-sinistra
–
La cultura dominante nella storia della Repubblica, nei media (editoria, giornali,
televisioni - Rai, Sky, la stessa Mediaset), nell’accademia, nell’opinione
pubblica, è di sinistra, gli autori sono di destra. Berardinelli ne abbozza un
elenco nella sua rubrica sul “Venerdì di Repubblica”: “Marinetti e D’Annunzio,
Pirandello e Pound, Heidegger e Eliot, Schmitt e Jünger, Céline e Gadda, Borges, Tolkien, Nabokov e
non pochi altri” – Hamsun, Pessoa, Simenon, per esempio, o il marginalizzato
Berto.
La cultura però si vuole di sinistra solo
in Italia – da qui il mito del fascismo perenne? Ma Céline, come Pound, Hamsun, e Jünger, ha affascinato nel secondo
Novecento il radicalismo antiborghese. Che ora, nel’era del mercato, dell’arricchitevi,
è sospetto, e portato a capo d’accusa (è popuilismo nazionalismo, identitarismo,
etc.), un ma quarant’anni fa, anche venti, era “rivoluzionario”.
Famiglia
-
“È l’unione più o meno durevole, socialmente approvata, di un uomo, una donna e
i loro figli; è un fenomeno universale, presente in ogni e qualunque tipo di società”,
Claude Lévi-Strauss, “Razza e storia e altri studi di antropologia”, 1967.
Lettura – Introduce all’immortalità,
da qui la sua attrattiva? “La lettura è un’immortalità all’indietro” secondo
Umberto Eco, in un ricordo online, già pubblicato su “L’Indice”, di Achille
Mauri. “Mi piace concludere ricordando una sua celebre frase”, scrive Mauri: “Chi
non legge, a settant’anni avrà vissuto una sola vita, la propria. Chi legge avrà
vissuto cinquemila anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò
Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito…. Perché la lettura è un’immortalità
all’indietro”.
“Moby Dick” – Il romanzone è “narrare
la vita in controluce alla morte”, Claudio Magris.
Occhio – È impuro? Freud,
che non era un voyeur, lo accosta
all’organo genitale (nel saggio “Il perturbante”), per definizione
(freudiana) impuro.
Salgari – “Fra queste mura
Emilio Salgari\ visse in onorata povertà” è la prima cosa che ricorda la lapide
sulla sua ultima abitazione a Torino, in Corso Casale 205. Che termina col
distico “la sua genialità avventurosa\ il suo doloroso calvario”.
Sprecare – È un po’ pregare
– Gianfranco Ravasi, “Breviario” 19 novembre. Cioè, ne è l’opposto, ma da una radice
comune. Il cardinale lo spiega in un’agile, fenomenale, rilettura del terzo dei
favolelli di Calvino,”Il cavaliere inesistente” – “non ci sono altri giorni che
questi nostri giorni. Che mi sia dato di non sprecarli”, chiede Agilulfo, il cavaliere
senza corpo, tutto armatura: “«Sprecare», come «deprecare», «imprecare» è la
degenerazione del termine «pregare» (in latino paecor, domandare, imprecare, attendere da Dio)”.
Straniero
–
Siamo noi, ognuno è straniero? Nessuno lo è storiella che Eduardo Galeano (“El
cazador de historias”) dice di avere udito in un bar di Barcellona in Spagna: “Il
tuo dio è ebreo, la tua musica è nera, la tua macchina è giapponese, la
tua pizza è italiana, il tuo gas è
algerino, il tuo caffè brasiliano, la tua democrazia è greca, o tuoi numeri
sono arabi, le tue lettere sono latine, io sono il tuo vicino e tu mi chiami
straniero?”
letterautore@antit.eu
La scomparsa del Pci
Un
saggio che si legge più per quello che manca che per quello che c’è. La
metamorfosi è del Pci, il partito Comunista Italiano, per i cent’anni della
anscita, nel 1921. Il Pci di Togliatti, nel dopoguerra, era diverso dal vecchio,
dopo la “svolta di Salerno”, costituzionalizzato
nel senso pieno. Ma non ha sapto sviluppare questa mutazione. Per la morte di
Togliati, i cui successori lasciarono il partito come lo ereditarono, ancora in
transizione, nei primi ani 1960. Da qui la deriva, il progressivo distacco del partito
dell’evoluzione della domanda sociale.
Cosa
manca? Tutto: il settarismo e il sovietismo. Questo non tanto nei legami finanziari
con Mosca, forse inevitabili nella guerra fredda, quanto nelle scelte politiche
e nell’organizzazione partitica. A specchio di quella di Mosca, verticistica,
col segretario-uomo del destino, anche se non sanguinaria – ma con scomuniche e
espulsioni-degradazioni. Il cosiddetto centralismo democratico, con plenum,
comitato centrale, direttivo. E la politica ridotta a settarismo. Che non fu inventato
da Berlinguer, semmai da lui esasperato in tempi e modi che lo rendevano assurdo
– dopo cioè avere accettato quattro anni di “compromesso” inflittigli da Moro sornione
con la Dc di Andreotti (con la Dc di Andreotti). Un partito che Togliatti vole nemico
del centro-sinistra, invece di fare del centro-sinistra, come qualsiasi tattico
di sinistra avrebbe fatto, con un minimo cioè di sensibilità, una corridoio umanitario
per la sinistra italiana nella guerra fredda europea –nel 1961 la sinistra andava
al governo nella sinistra europea solo in Italia. E quando si adagiò nell’eurocomunismo,
che fu inventato per il Pci negli anni 1970 dai giornali e le tv inglesi, lo fece per
compiacere la City con nuovi debiti, comunali e regionali.
Perché
il Pci è scomparso? Boh! Perché Occhetto, D’Alema e Veltroni non sono simpatici
a Canfora – probabilmente, neppure questo è detto, di loro non c’è traccia. Togliatti
è il nume. Ma Togliatti è quello che nella guerra civile di Spagna fece la
guerra ai socialisti e agli anarchici. E nelle “purghe” degli anni 1936-1940 a
Mosca, dei compagni che vi si erano rifugiati, all’hotel Lux, e di notte scomparivano
senza lasciare traccia, non fece nulla. Dogmatista mellifluo, di educazione
piemontese, ma duro e durissimo - il dogmatismo
non vuole dire nulla, si può anche imporre il parlamentarismo, e il mercato
perché no, una italica Nep, ma è una clava: bisogna filare dritto.
Cosa
resta del Pci, del resto, nella storia? E nella società, a parte il culto
del capo, ora Berlinguer? Che amministrò bene Bologna. Ma Bologna, che l’architetto
Cervellati vendeva così bene ai giornali inglesi per fondare l’eurocomunismo, si
amministrava bene anche col papa.
Luciano
Canfora, La metamorfosi, Laterza,
pp. 96, ril. €12
domenica 26 novembre 2023
Ombre - 695
In
Francia un gruppo di ragazzi di genitori maghrebini, esclusi perché minacciosi
dalla “notte bianca” in un paesino, ha aggredito e ucciso un ragazzo che invece
festeggiava – uno di genitori piemontesi. Sabato notte, otto giorni fa. Gli arresti
sono stati fatti tre giorni dopo. I nomi degli aggressori resi noti una
settimana dopo. Era un raid punitivo “anti-bianchi”, si voleva nasconderlo.
Un
errore politico: Macron ha dato argomenti alla destra, che è la sua avversaria -
Macron è nel campo della destra. Ma esito di un errore culturale: che l’integrazione
si agevola con una sorta di trattamento di favore per gli immigrati. Che può anche
essere una politica saggia – riconoscere che l’integrazione è iter complesso.
Ma nasce da un desiderio di colpevolizzarsi. Come “razza bianca”?
“Borse
globali a un passo dal record”. Mentre ritorna il protezionismo, e le guerre si
moltiplicano, in Europa e dintorni. Si balla sul vulcano?
Pnr
no, Pnrr ni, una campagna asfissiante, e non si sa nemmeno di che si parla. Poi
inevitabile arriva il sì, e Bruxelles paga. Tanto tuonò che piove? O è il
giornalismo dell’assurdo?
Nello
scempio di Giulia Cecchettin, una morte così tragica, di che si discute? Che
Meloni, che si fa chiamare “il” presidente del consiglio (come vuole la Crusca)
e non “la” presidente, è una patriarcale. Sottinteso: mezza assassina, complice
del machismo. Sembra bizzarro e lo è.
Ma nella tv di Urbano Cairo, il maggiore
editore italiano. Opinione pubblica?
Pagina
pop di “la Repubblica” per Chanel, per l’inaugurazione a Milano di un nuovo
negozio Chanel. Illustrata da una foto che lo stesso brand francese utilizza sullo stesso giornale, lo stesso giorno,
per una pagina di pubblicità, pagata. Informazione?
La
Corte dei Conti contesta a undici funzionari dell’Inps un danno erariale per
ben 11 milioni, per pensioni anticipate erogate senza diritto in obbedienza a
falsi “stati di crisi” promossi da Gedi, la società editrice di “la Repubblica”,
“la Stampa” “Il Secolo XIX” e, all’epoca, altri giornali. Ma è una non notizia,
non ne scrive nessuno.
Per
lo stesso prepensionamento artefatto è stato promosso due anni fa dal gip di
Roma un procedimento penale. Con una provisionale (versamento anticipato in
conto probabili danni) di 38 milioni, cifra astronomica. Anche questa è stata
all’epoca, e continua a essere, una non notizia.
La
Ue lavora alacremente ad ampliarsi – è già arrivata in Georgia, e perché no l’Armenia,
non sono cristiani anche quelli? Ma i soci fondatori si fanno patti tra di
loro, la Francia con l’Italia, la Germania con la Francia, l’Italia cn la
Germania. Si guardano le spalle?
Non
sarebbe sbagliato, molti che entrano nella Ue lo fanno per i sussidi, non hanno
alcuna intenzione di integrarsi. Non solo
politicamente (diritti, spesa, fisco), ma neanche commercialmente..
Martedì
in prima di “Repubblica” Mastrobuoni documenta e spiega l’accordo
Germania-Italia, sui migranti, che si va a firmare a Berlino mercoledì. Mercoledì
il “Corriere della sera” schiera tre giornalisti sul viaggio di Meloni a
Berlino senza menzionare l’accordo. Se non lo dice il “Corriere” non esiste –
la sindrome “Lascia o raddoppia”, del celebre segretario di redazione Mottola
di sessanta o settant’anni fa, che sosteneva sconveniente parlare della tv nel
giornale?
Gira
per i giornali americani, i più vicini a Israele, la domanda se gli aiuti militari
non debbano condizionarsi al rispetto dei diritti umani, anche nella guerra in
corso con Hamas. In guerra non si guarda per il sottile, il diritto internazionale
si sospende, o si dilata, ma in effetti come ci si è arrivati?
Fanfara
sull’incontro di Biden con Xi a San Francisco. Prima. Silenzio dopo. Resta da
sapere perché gli Stati Uniti hanno spinto la Cina verso la Russia, con dazi,
Taiwan, Uiguri, nel mentre che preparavano la guerra Ucraina-Russia, boicottando
gli accordi di Minsk su Crimea e Donbass. Tre presidenza differenti, Obama,
Trump, Biden? No, la politica estera americana corre sotto il voto presidenziale.
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Ombre
Napoleone artigliere, e il fascino dell’azzardo
Un
film anti-rivoluzionario, come dice la dedica iniziale. Alla maniera di
Manzoni, un altro appassionato di Napoleone, che si fece storico della Rivoluzione
del 1789 per mettere i puntini sulle i, su sciocchezze a abusi. E un film contro
il potere, politico, militare, e anche sessuale: può essere assoluto e mortale,
ma sempre fortuito. A letto dichiaratamente: la mogliettina adorata dal generale
in Egitto, da lui salvata dai rigori della Convenzione, se la spassa in sua assenza.
Un film quindi anche attuale, contro il machismo.
Che è dipendenza: il filo conduttore del film si può dire questo, svolgendosi
sulla traccia delle lettere di Napoleone alla prima moglie, Giuseppina di
Beauharnais, mai realmente ripudiata –
un po’ incongruamente, dato che lei morì quando Napoleone veniva deportato all’Elba,
nel maggio del 1914.
Ma
è un effetto fortuito. Non è questo che ha vouto fare l’oggi ottantaseienne
Ridley Scott, in questa megaproduzione: ha voluto fare spettacolo, di masse in movimento
(l’elenco di coda dei partecipanti a qualche titolo al film prende alcuni
minuti e alcune decine di pagine), sulle guerre tanto celebrate e sempre “decisive”
quanto insensate. Austerlitz, che consacrò Napoleone sui regni e gli imperi d’Europa. Borodino, “la più terribile delle mie battaglie”, quella tra Napoleone e Kutuzov,
di “Guerra e pace”, e la ritirata di Russia. E infine Waterloo, la vittoria
definitiva opera del caso, l’irruzione sul fianco destro del prussiano Blücher,
quando la guerra degli alleati comandata dal duca di Wellington era perduta.
È uno
spettacolo. Non hanno senso quindi le obiezioni degli storici. Che Napoleone,
per esempio, non presenziò, alla prima scena, alla decapitazione di Maria Antonietta:
la prima scena dichiara l’intento anti-rivoluzionario, contro una piazza sporca
e brutta che solo si batte per una testa tagliata. Lo stesso sarà poco dopo,
con le sedute dell’Assemblea per la retorica sciocca e sanguinaria del venerato Robespierre. O che Napoleone non dipendeva psicologicamente da Giuseppina,
dall’amore, dalla devozione della moglie ripudiata. O che le battaglie di
Austerlitz e Waterloo si combatterono diversamente.
Due
ore spettacolari e affascinanti, in tutti gli aspetti: il comando (l’azzardo),
la politica, la gestione del potere più che la sua conquista, la decisione in
battaglia (le stategie, le tattiche, il caso). Il mondo come viene, senza mai
un problema o un turbamento personale – l’impulso irrefrenabile, quello sessuale,
è liquidato animalescamente. O il fascino è del potere, di una sola persona,
dell’ambizione, vincente e anche perdente – la storia di successo di un tenente di
artiglieria che s’inventò la presa di Tolone in mano agli inglesi, e ci riuscì?
Sicuramente è una sagra dell’artiglieria: Napoleone ha e usa sempre molti
cannoni, in tutte le battaglie, con forti rombi e grandi sconquassi.
Ridley
Scott, Napoleon
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