Giuseppe Leuzzi
Per
il sindaco cesenate di Ravenna, Michele De Pascale, occhio fisso all’obiettivo,
bocca sillabante, è una “grave resposabilità fare sbarcare una nave di migranti
a Ravenna, imponendo due giorni in più di navigazione a gente tanto provata”. Non
è una furbata, da candidato parlamentare contro Meloni, il sindaco è
preoccupato, da democratico – così mostra di pensarsi: gli sbarchi sono per Lampedusa
e Crotone. In Romagna, dove cinquant’anni fa muravano i casolari abbandonati in
campagna per impedirne l’accesso ai meridionali, i negri devono arrivare rifocillati,
e puliti.
L’Italia è vino, mafia,
corruzione e farniente
In
Norvegia una lontana missione condusse per presentare un’industria italiana che
concorreva ai permessi di ricerca di idrocarburi sopra il 64mo parallelo tramite
primaria agenzia di publicità. Non si promuoveva l’industria italiana per
ingenuità, nessuno dubitava che l’invito a partecipare alla gara non fosse un
diversivo per spingere gli americani al rilancio. Si era voluto giocare per
acquisire comunque dei meriti. Imprevisto fu l’esito, una volta giunti alla
scelta dei messaggi pubblicitari promozionali: cinque messaggi forti per una
campagna che si voleva impegnativa, con cinque uscite su tutti i media locali.
Imprevisto
fu il no dell’agenzia alla piccola manna:
- Meglio evitare la parola Italia - disse
professionale il direttore. - L’Italia è vino, mafia, corruzione e farniente - spiegò,
risparmiandosi l’ipocrisia: - Sappiamo che non è così, ma i nostri parlamentari
sono pescatori, montanari.
Il vino disse cheap, di poco valore.
Il che è vero.
L’orgoglio mongolo
È curioso, di tanti viaggi in Norvegia nel mare del Nord, sotto il 64mo parallelo, le sole immagini residue sono di Stavanger, per averci portato a gelo disciolto qualche ministro in visita, dove i norvegesi si scazzottavano e accoltellavano all’osteria, e gli italiani costruivano formidabili piattaforme semisommergibili.
Una scoperta difendibile, non c’è da dimostrare che i mongoli hanno passato il mare.
Ma perché non si vantano le origini mongole del mondo? Dov’è l’orgoglio mongolo? Manca ancora un primato nella storia.
Ai norvegesi parlare
tedesco
L’Ente
italiano che concorreva in Norvegia ai permessi di ricerca nel mare del Nord
sopra il 64mo parallelo aveva un rappresentante, il dottor Omero Cambi, che si
difendeva parlando tedesco:
- Loro parlano in inglese, io rispondo
in tedesco – spiegava: - Lo so altrettanto male che l’inglese, ma loro, che non
amano il tedesco, mi rispettano.
Il dottor Cambi, inoperoso sotto il 64mo
parallelo, e poi pure sopra, era dottore in psicologia. L’Ente aveva molti maestri
che lo rappresentavano all’estero, maestri di scuola:
- In questi paesi del Nord bisogna
parlare il tedesco anche solo per finta, solo la Germania rispettano – spiegava.
Cambi si chiamava Omero, ma senza
complessi:
- Mio padre s’è vendicato, suo padre
l’aveva chiamato Michelangelo.
La lingua dei negri
Ora non più, il politicamente corretto
non consente più di distinguere il meridionale all’accento. Cioè, di obliterarlo
pregiudizialmente. Ma quando usava, il
rigetto nel mondo dei negri aveva un curioso effetto. In esso avviene infatti d’immedesimarsi,
pur con i canoni del parlare urbanizzato, per un dono della xenolalia inavvertito
che tutto mette in comunicazione, anche le popolazioni più diverse, nel
Mediterraneo, in Africa, in Medio Oriente, si capisce tutto e tutti, e tutti
capiscono, per tono di voce, pause, mimiche appena accennate. Per un linguaggio
non detto, una forma di comunicazione non verbale - un contatto di energie
cosmiche, direbbe un teosofo. E tuttavia esplicita.
Con questa dote, nel senso
dell’accumulo, il Nord e i suoi rigidi riti sono stati affrontati senza
complessi, presumendo anzi di conoscere le pieghe dei linguaggi del Nord meglio
degli stessi settentrionali, per il vantaggio che deriva dalla comparazione. Ma
c’è un Nord e c’è un Sud, e non c’è gara, il Nord è normativo, il Sud in
affanno per conformarsi.
Mafia e affari al palazzo di Giustizia
Si legge “La verità sul
dossier mafia-appalti” di Mori e De Donno con un senso di scoramento. Di
eccitazione per l’incalzare delle “rivelazioni”, un genere cui ci hanno
assuefatto le “ricostruzioni” dei tanti soggetti e eventi della storia recente,
stragi, Br, “gomorre”. Ma di scoramento finale perché qui colpevoli sono magistrati e personaggi
illustri, e di reati gravi, mafia e corruzione. Taluni peraltro tuttora vivi e
qualcuno in attività. Di nessunodei quali, a un mese e mezzo dall’uscita del
libro, si ha notizia di querela per diffamazione. Il solo Caselli ha reagito,
ma non alle accuse che gli muove il libro, alla presentazione che del libro ha
fatto Carlo Vulpio sul “Corriere della sera”.
Le cronache riportano anche
che la Rizzani D e Eccher, la maggiore impresa coinvolta negli anni 1980-1990
negli appalti pubblici in Sicilia in condivisione con la mafia (insieme con la
Tor di Valle dell’ing. Paolo Catti De Gasperi, figlio di Maria Romana De
Gasperi) è bene in piedi, appaltatrice
di grandi opere pubbliche. Ha avuto problemi di liquidità, ma li ha
risolti. Non è stata sottoposta (miracolo?) a interdittiva antimafia, cioè al
sequestro preventivo. E ha appena vinto un appalto da 600 milioni, in Sicilia,
per l’autostrada Catania-Palermo.
Il rappresentante della Rizzani De Eccher in Sicilia,
il geometra Giuseppe Li Pera, pentito, ne aveva denunciato i metodi e le collusioni.
Ma i magistrati di Palermo incaricati dal Procuratore capo Giammanco degli appalti pilotati, Pignatore,
Lo Forte e Scarpinato, si erano rifiutati di ascoltarlo (pp. 144-45 del libro).
Il leghismo
viene da lontano
Nel suo borbottio contro il lombardismo, contro la
case, il decoro, le genealogie bottegaie, i dialetti, deformati, Gadda ne ha
una che dice tutto (in una delle redazioni del progetto di romanzo ora
pubblicato sotto il titolo “Un fulmine sul 220”, alla p. 98 dell’edizioncina
Garzanti): il rifiuto dell’unità, che li portava a studiare le lingue: “Amavano
coltivare le lingue, salvo beninteso che l’italiana. Essi accudivano a studiare
il tedesco fin dalla prima giovinezza,
cominciando con la fraülein, e perseveravano a studiarlo tutta la vita”, oggi
si direbbe l’inglese, “tralasciando però di commetere l’imprudenza di arrivare
a impararlo, così che non avrebbero più potuto perseverare a studiarlo”).
Le
letture dei romanzi, dei principi dell’impero e delle loro eroiche amanti, come
ogni altra evenienza quotidiana, li riportavano ai bei tempi che furono: “I
Cavigiòli deducevano che «anche gli Asburgo, in fondo, avevano saputo tener
duro», e segretamente erano rincuorati a perseverare in quella loro forma di
absburgismo lombardo, che consiste nel tener duro e a studiare e non imparare
il ted esco, a studiare e imparare meno ancora l’italiano, e a considerare lo
Stato italiano come un’accozzaglia di meridionali in cerca di occupazione”.
Differenziata, la miniera sporca del Sud
La Tari costa a Trapani
quasi quattro volte che a Belluno. A Trapani sporcheranno di più, o perlomeno hanno
più rifiuti, mangeranno quattro volte tanto, che a Belluno. Ma in tutto il Sud,
più o meno, il costo della differenziata è superiore, di molto, al resto dell’Italia:
tra aziende comunali e ditte in appalto la Tari è un fiume di denaro – nelle rilevazioni
di Altroconsumo.
Il record spetta a Catania,
594 euro – con un aumento di 90 euro nel solol 2023. Tengono testa al Sud solo
Genova e Pisa, e un po’ Latina. Per il resto la graduatoria vede ai primi posto
solo il Sud: Napoli (491 euro) dopo Catania, Brindisi (464 euro), Messina
(453), Salerno (451), Reggio Calabria (443), Benevento (442). In coda, con la
Tari più economica, tutti capoluoghi del Nord, eccetto Isernia, che fanno pagar
tra i 180 e i 220 euro: Udine, Brescia, Fermo, Vicenza, Bergamo, Macerata,
Verona, Siena, Novara.
Non è un dato isolato. Nel
2018 la graduatoria della Tari era analoga, cioè al Sud più cara del doppio
rispetto al Nord - anche se con comprimari diversi. In Trentino si pagavano 188
euro, in Campania 422. Le città più care, allora, erano Trapani (571 euro), Cagliari
(514), Salerno (468), Trani (461), Benevento (460), Reggio Calabria (456),
Napoli (446), Siracusa (442), Catania (435), Ragusa (427). In cima alle città
meno care (e più pulite), con costi tra i 150 e i 190 euro, tutte città del
Nord, eccetto Vibo Valentia (non però la più pulita) e Isernia: Belluno, Udine,
Brescia, Bolzano, Pordenone, Verona, Trento, Cremona.
Per regioni, la graduatoria delle più care vedeva in testa
la Campania, con 422 euro, seguita da Sicilia (399 euro), Puglia (373) e Sardegna
(353). Si pagava di meno nel Triveneto, l’area più pulita del paese.
I siciliani in
Germania sono mafiosi
Fra le tante missioni all’estero in cui accompagnò
Giovanni Falcone, l’ex ufficiale del Ros De Donno ricorda nel libro “La verità sul
dossier mafia-appalti” una a Wiesbaden, segreta, nella sede del Bka,
Bundeskriminalamt, la polizia criminale tedesca. “Accolsero Falcone come un
capo di Stato, anzi, di più”, col livello di protezione 1, di massima sicurezza.
In elicottero da e per l’aeroporto, senza la possibilità per Falcone di sgranchirsi
le gambe, né prima né dopo il colloquio. E il presidente del Bka, Heinrich Boge,
che annuncia trionfale: “Senta dottore, abbiamo fatto un lavoro enorme, abbiamo
schedato tutti i siciliani che risiedono in Germania”. Sconcerto. Boge, “un
tedesco poco cordiale e molto testardo”, spiega finalità e metodologie, e conclude
: “Noi ora vi diamo questo elenco e voi ci dite a che famiglia mafiosa
appartengono tutti i siciliani”. Panico.
“Falcone si schiarì la voce, non si scompose, sbattè
un paio di volte le palpebre”. Prende tempo. Obietta che non tutti i siciliani
sono mafiosi. Boge si agita: “Lei mi sta dicendo che non ci vuole
aiutare?”. Falcone si agita, non ha
ancora digerito l’estrema sicurezza adottata per proteggerlo. Esordisce apprezzando
il lavoro del Bka, “un lavoro complesso”. Mette le mani avanti, “noi siamo in una
fase di attività intensa, non possiamo permetterci di verificare l’elenco dei
nomi”. E alla fne si rischiara: “Lei mandi i suoi uomini a Palermo, e io condividerò
con loro tutti i miei elenchi”. Catarsi. Boge approva, “molto soddisfatto”: “La
prossima settimana manderò i miei uomini in Sicilia”.
Boge
li ha mandati, “un gruppo che passò settimane a copiare i nostri fascicoli”.
Senza nessun esito evidentemente: “Che uso ne abbiano fatto, non è dato
sapere”. La Germania ne sa di più.
leuzzi@antiit.eu
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