Giuseppe Leuzzi
Si pubblica come pagina di colore il diario di Messina
Denaro, che invece è agghiacciante. Un super ricercato che si muoveva continuamente
e tranquillamente. “Nel Nord Italia”, scrive Bianconi sul “Corriere della sera”, “in
particolare Lombardia e Veneto”, e “in Austria
(dove tra gli anni Novanta e primi Duemila Messina Denaro ha avuto una
fidanzata nota alle cronache), in Germania e in Francia”. Mah!
Una dromomania complicata,
anche per un riccone non ricercato - non dalle polizie.
Scintille dello scintillante
De Luca contro l’ex giovane Fitto ora ministro, in veste di meridionale
compassato, che vuole denunciare a “ogni tribunale” per il mancato uso dei
fondi europei “di sviluppo e coesione, 23 miliardi, di cui l’80 per cento
riservato al Sud. Ma è vero che questi fondi non sono stati, e non sono, spesi.
L’amante di Messina Denaro
condannata, moglie di un mafioso suo schiavo, che gli scriveva lettere da fanciulla
in deliquio mentre conviveva col marito schiavo, è l’ennesima scaglia di realtà
nella pittura sociologica della mafia onorata società, dei codici d’onore: niente
tradimenti e niente concubinati, insieme con i bambini e le donne impunibili –
quando non siamo a Robin Hood. Scaglia difforme nell’oleografia, della “moralità”
dei mafiosi. Che sono, quando sono, criminali.
Si dice: le mafie sono
criminalità con una certa conformazione. No, la conformazione viene data dal
luogo dove agiscono: Napoli, la Sicilia, ora la Calabria – in Puglia non hanno
attecchito, malgrado le attese.
Tra i sintomi della “sanità
malata” Sabino Cassese denuncia sul “Corriere della sera” lunedì 8 la “mobilità
sanitaria”, per lo più per ricoveri e trattamenti ospedalieri. E calcola: “In
dieci anni il saldo negativo di tredici regioni del Sud nei confronti di quelle
del Nord è ammontato a 14 miliardi”. Di tredici
regioni del Sud – non basta il Muro dell’Appennino? Il Sud è contagioso, ha
fatto macchia d’olio, la linea della palma sale, l’Italia si meridionalizza.
Il Sud scoraggia il
pensiero
“Ha notato come il sole odia il pensiero”, diceva Oscar Wilde
ad Algeri, in esilio volontario nel 1895 dopo la condanna e il carcere, al ventiseienne
André Gide, due amici “innominabili” allora al primo incontro? Lo costringe a indietreggiare:
il sole “sempre scoraggia il pensiero, che vola nell’ombra. Il pensiero un
tempo abitava in Egitto; il sole conquistò l’Egitto. Visse a lungo in Grecia;
il sole conquistò la Grecia. Poi l’Italia, poi la Francia. Oggi ogni pensiero è
spinto lontano, nella Norvegia, nella Russia, dove il sole non arriva. Lo
costringe sempre a indietreggiare…. non arriva mai”.
Quello di Algeri non era il primo, era il secondo
incontro di Gide con O. Wilde. Il primo era avvenuto a Blida, ma aveva impaurito
Gide – ne scrisse alla madre come di un uomo terrificante, un “pericolosissimo
prodotto della civiltà moderna” (il secondo incontro rivelò a Gide – nella persona
di un giovane arabo muscoloso che entrava al caffè e si sedette accanto a Wilde
- l’omosessualità latente). A Blida Wilde gli aveva subito detto: “Sto correndo
via dall’arte”. Ad Algeri diceva del sole che scoraggia il pensiero come un
elogio, e concludeva: “Il sole è geloso dell’arte”. Dell’arte come
applicazione, impegno, costanza?
La
mafia di Chinnici, quarant’anni fa
Di mafia sembra, da qualche tempo eternamente
discussa, impossibile trovare una definizione, tante se ne accavallano. In
realtà una molto vera – reale - ce l’aveva un giudice, assassinato dalla mafia nel
1983 in una delle stragi, Rocco Chinnici, giudice istruttore (allora l’ordinamento
era diverso: dirigeva la pubblica accusa) a Palermo. Chinnici faceva anche delle
riflessioni sul fenomeno che per ufficio contrastava, la mafia come ogni altra
delinquenza. Nel suo intervento, il 3 luglio 1978, a un incontro di studio
promosso dal Csm a Grottaferrata, si esprimeva con semplicità:
“Riprendendo il filo del nostro
discorso, prima di occuparci della mafia del periodo che va dall’unificazione
del Regno d’Italia alla prima guerra mondiale e all’avvento del fascismo,
dobbiamo brevemente, ma necessariamente, premettere che essa come associazione
e con tale denominazione, prima dell’unificazione, non era mai esistita in Sicilia….
La mafia.... nasce e si sviluppa subito dopo l'unificazione del Regno d'Italia”.
Successivamente, in un’intervista al periodico “I Siciliani”, abbozzò
una definizione: “La mafia è stata sempre reazione, conservazione, difesa e
quindi accumulazione della ricchezza. Prima era il feudo da difendere, ora sono
i grandi appalti pubblici, i mercati più opulenti, i contrabbandi che
percorrono il mondo e amministrano migliaia di miliardi. La mafia è dunque
tragica, forsennata, crudele vocazione alla ricchezza... La mafia stessa è un
modo di fare politica mediante la violenza, è fatale quindi che cerchi una
complicità, un riscontro, una alleanza con la politica pura, cioè praticamente
con il potere”. Soldi e potere, dunque.
Il potere in tutte le sue forme,
intendeva Chinnici. Che nell’agenda-diario che tenne per qualche mese prima
della strage di cui fu vittima, puntava il dito contro vari dirigenti dell’apparato
giudiziario a Palermo, e in particolare contro Francesco (“Ciccio”) Scozzari,
il vice Procuratore Capo di Palermo – e contro due aggiunti, Lo Forte e Spampinato,
che diceva “servi” di Scozzari. Su questi appunti il Csm aprì un’inchiesta, che
si concluse a settembre del 1983 con un nulla di fatto, eccetto il trasferimento di ufficio di Scozzari - che non accettò la
sanzione, preferì lasciare la magistratura.
Cronache della
differenza: Milano
I milanesi Gadda identifica (“Un fulmine sul
200220”, p. 106) come “i novecentomila discendenti di Belloveso e cugini di
Viridumario” – “invasati dal demone della prosa bellica”, dalle imprese di
Guerra, il ciclista (“era una guerra incruenta ed era un Guerra pedagno…”).
San Carlo Borromeo Gadda voleva , in nota, “eponimo
della parenesi lombarda” (“I viaggi, la morte, p. 20) – della sidnrome da maestro
di scuola.
La Lombardia lo stesso Gadda vuole longobardica, in
dissenso da Cattaneo (“infeconda età longobardica”). Per un motivo semplice: “I
Longobardi, allo spiccarsi dalle loro sedi e stanze, non erano forse le meno
rude di tutte le schiere germaniche ( Svevi, Sassoni, Franchi….)”. Non la meno
rude, cioè la più rude – gli altri “avevano forse meglio panni da vestire e meglio
ragioni da raccontare”.
“Un’omerica mendicità” Gadda rabelaisianamente sempre
lamenta, da giovane e da vecchio, pluripremiato, e di copiosi diritti. Gadda è
ben milanese, e – ma? - amava gli scongiuri.
Non se ne parla più, ma lombardo è sempre stato
l’usuraio – non solo a Londra e San Francisco, anche a Parigi , Nîmes.
Vota a Monza per il Senato il 19 per cento, uno su
cinque. In nessun posto del Sud si è manifestata mai una tale disaffezione dalla
politica. Se è qualunquismo, è
qualunquismo solo al Sud – o concezione clientelare della politica, che è la
stessa cosa? A Monza la disaffezione dalla politica è nobile.
“Com’è la Milano di oggi?”, chiede Cazzullo a Emilio
Isgrò, immigrato. “Sempre viva. Anche se quest’anno sulla metro mi hanno
borseggiato quattro volte…”. Senza mafia, tutto è possibile. “Tre volte mi hanno
rubato il portafoglio”, piega Isgrò serafico, che è la cosa peggiore - una
lunga sequela di denunce, pratiche, file, per bloccare e rifare tessere, carte,
documenti.
Piove, e Milano si allaga. È il primo ricordo della
città, al tempo delle medie, quando a settembre si faceva un giro d’Italia di
acculturazione – piovve e si allago la dispensa del convitto che ospitava. “Dicono
che la dispensa si è allagata”, si notava in un ricordo trent’anni fa (“Fuori
l’Italia dal Sud”), pare che la città si allaghi sempre quando piove”.
Mezza città si è allagata il 31 ottobre. Il
“Corriere della sera” ha ripescato una prima pagina di Walter Tobagi del 31
ottobre 1976, esattamente cinquant’anni prima, che parlava di “sistema fognario
in crisi”, di “densità di sa e scarsità di vegetazione”, che annullano il “tempo
di correlazione” – “il passaggio delle acque piovane dai punti di caduta ai
corsi foresi di maggiore importanza (ai fiumi, n.d.r.) è tanto più rapido quanto
minore è la vegetazione”. Chissà che ne
avrebbe scritto e detto Milano se fosse successo altrove. A Milan no, sono “fenomeni
estremi, dovuti alle temperature” irregolari, e hanno sbagliato i meteroologi, dando
un’allerta gialla.
Ci
sono le guerre e c’è l’inflazioe, ma quello che preoccupa Milano è l’insicurezza.
C’è più violenza a Milano che altrove? Non si direbbe. Ma fa lo stesso, il
milanese si vuole preoccupato: ci dev'essere colpa di qualcuno. Nel caso la divide
in parti eguali tra gli stranieri e il buon sindaco.
“Van Basten era convnto che noi italiani fossimo
tutti ignoranti”, Arrigo Sacchi. A Milano. C’è sempre un Nord più a Nord.
“Il Giornale” e “Libero”, le bandiere
della Padania. lavoratrice, antinciuci e antiRoma, sono “salvati” dalla liquidazione
da un editore ben “romano” anche se di Marino, cioè ammanicato in politica,
Angelucci – specie nel comparto pubblico-privato. Il leghismo è solo una battaglia
per l’appropriazione.
leuzzi@antiit.eu
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