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I De Filippo, una pausa nel cinema americano
Dunque, il 2021 aveva visto
ben due film sulla vicenda Scarpetta-De Filippo, degli ultimi anni del grande
mattatore Edoardo Scarpetta e dei primi passi in scena dei De Filippo, suoi
figli “naturali” o illegittimi – nati fuori dal matrimonio, con Luisa De Filippo,
e non riconosciuti. Entrambi lunghi uguale, due ore e venti minuti. Martone, “Qui
rido io”, invitato a Venezia, Rubini alla scena più modesta di Roma. Anche il nocciolo
della vicenda è lo stesso, il mutamento della scena teatrale, dalla sceneggiata
alla commedia, alla comicità sottile, legata alla realtà del linguaggio e delle
cose. Qui è più in evidenza la successione di Scarpetta, materiale e teatrale.
Sarà per questo che “I
fratelli De Filippo” sono più gradevoli? Rubini, qui sintetico, ha montato la
narrazione sull’eredità. Il dissidio tra i figli legittimi e quelli illegittimi
(defraudati anche degli specifici legati disposti dal padre) innesta la creazione,
lenta, tortuosa, della compagnia dei De Filippo. Fra i tre fratelli temperamentali,
ognuno a modo suo, Eduardo prevaricatore, Peppino tra accettazione e sfida,
Titina sempre in armi per avere un ruolo – “tu non sì bella”, la bolla Eduardo.
Un racconto credibile per non
essere apologetico? Si tiene conoscendo la vicenda, ma anche come storia a sé.
Di Napoli nel 1933, quando i film, rigorosamente americani, non si doppiavano –
le scene in americano erano seguite da una pagina di didascalie esplicative – e
“I De Filippo” riescono a infilarsi come pausa distensiva tra queste “visioni”
impegnative.
Sergio Rubini, I fratelli De Filippo, Rai 1, Raiplay
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