Il colonialismo si assolve con il Congo
Un articolo, questo, sul voto
presidenziale del 23 dicembre a Kinshasa, truccato come ogni voto in Africa, ol
70 (o 77) per cento a favore del dittatore in carica, Félix Tshisekedi, è
rimpolpato dal periodico con una serie di articoli d’autore tratti dall’archivio
sulla storia della Repubblica Democratica del Congo. Helen Epstein su “un
secolo e mezzo di malvage interferenze delle potenze imperialiste e di vicini
saccheggiatori”. Colm Tóibin sulla “tragedia di Roger Casement”, il console
anglo-irlandese che per primo denunciò i delitti coloniali in Congo Belga – finendo
poi impiccato da Londra come patriota irlandese. Brian Urquart sulla “Tragedia
di Lumumba”, il padre del Congo indipendente, assassinato non si sa da chi: i
rivali Kasavubu, Mobutu, Moise Ciombé? Il Belgio? O non la Cia – ma questo non
si dice, non più? E naturalmente - J.H.Plumb, “A Black Hearth” - la solita
sintesi della storia: che il Congo, e solo il Congo, era una colonia trattata
schiavisticamente. Nessuno per spiegare come un territorio fra i più ricchi, minerariamente, al mondo, sia il più povero, o il secondo o terzo più povero.
Nicholas Niarchos, A
simulacrum of elections, “The New York Review”, 16 gennaio 2024
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