Il voto europeo, una incognita per Meloni
Un successo al voto europeo aprirà una falla a Roma? È la
prospettiva cui va incontro Giorgia Meloni. Se al voto europeo vince la “sua”
destra, come oggi sembra, degli “Europei e Riformisti”, o “euro-realisti”, finirà
lo stato di grazia di cui la presidente del consiglio ha goduto finora nella
coalizione di governo: dovrà scegliere se allearsi all’assemblea di Strasburgo,
qualora fosse possibile una maggioranza di centro-destra, con i Popolari, che
la corteggiano con insistenza - Ursula
von der Leyer e Manfred Weber, dei Popolari tedeschi, in aggiunta a Forza
Italia - e in quel caso si troverà Salvini all’opposizione. Salvini rimane infatti ancorato al gruppo
Identità e Democrazia, insieme con le destre più euroscettiche, il Rassemblement
National francese di Le Pen, e l’Afd tedesca, oltre a varie formazioni in Austria,
Danimarca, Olanda, Belgio fiammingo, etc.
Al passato voto europeo l’occasione fu rifiutata da Salvini. Lo
schieramento europeo di Salvini vinse le elezioni, a scapito dell’altra destra,
dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr), e Salvini fu corteggiato dai Popolari,
spinti anche da Berlusconi. Ma rifiutò il corteggiamento, preferendo restare
ancorato agli euroscettici, e si è marginalizzato.
Questo precedente potrebbe ridurre le incertezze per Meloni –
se al voto avrà successo. Tanto più se avrà successo anche lo schieramento cui appartiene,
l’Ecr, di cui è il presidente, in Olanda, Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca,
paesi baltici, la Spagna, forse l’Ungheria di Orban. Le previsioni sono che Ecr
ribalterà il risultato del 2019 (grazie al previsto exploit di Fratelli d’Italia), quando perse a vantaggio di Identità e
Democrazia (grazie all’exploit di Salvini).
Ci sarà allora da vedere di quanto la maggioranza di Roma potrà divaricarsi.
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