L’era delle democrazie
Una raccolta che non fa un
saggio, un pensiero in qualche modo assestato, “definitivo”, ma un work in progress. Un segmento, vari
segmenti, di un’opera interminabile: più che del futuro si dovrebbe dire dei
problemi della democrazia. Lo stesso Bobbio lo dice indirettamente, con le prefazioni
che hanno aggiornato le precedenti edizioni della raccolta.
Bobbio ne tratta alcuni:
“Democrazia rappresentativa e democrazia diretta”, “La democrazia e il potere invisibile”,
“Contratto e contrattualismo”, “Democrazia e sistema internazionale”, “Governo
degli uomini o governo delle leggi”, “I vincoli della democrazia”. E li tratta al suo modo, pessimista più che
dubitativo, e quasi scoraggiato-scoraggiante. Da pensatore solitario e isolato,
liberale e socialista in un’Italia prima fascista poi compromissoria, tra le
due culture politiche dominanti in combutta totalitaria, la confessionale e la
comunista – uno stato di fatto che peraltro, difetto di coraggio o di sintesi?,
manca di registrare nella copiosa produzione analitica.
Qui Bobbio si vuole ottimista.
Siamo nell’“era delle democrazie”, premette nel 1991, al crollo del sovietismo:
“La democrazia è diventata in questi anni il comune denominatore di tutte le
questioni politicamente rilevanti, teoriche e pratiche”. Non c’è in effetti
altro pensiero. Ma perché la democrazia ha bisogno di tante riflessioni?
La prefazione del 1991 spiega
il senso della trattazione, con la sintesi più efficace della riflessione che
Bobbio era venuto facendo sul tema: “Sia ben chiaro, non faccio alcuna
scommessa sul futuro. La storia è imprevedibile”. La filosofia della storia è
in discredito per le numerose topiche accumulate. Anche Tocqueville, “che
filosofo della storia non era”, ha sbagliato la previsione del mondo dominato
da due imperi, Stati Uniti e Russia, poiché “uno dei due è crollato”. Quindi,
anche l’“era della democrazia” è incerta?
Ma poi a una profezia si lascia
andare, seppure basata su Hegel, “che filosofo della storia era”, sul “percorso
della civiltà” da Oriente a Occidente: “Tanto più stupefacente questa profezia
in quanto Hegel si era fermato all’Europa, mentre il movimento è continuato nella
stessa direzione, dall’Europa agli Stati
Uniti, e negli stessi Stati Uniti dalla costa orientale a quella occidentale”.
E non è finite: “Se poi il moto fosse destinato a proseguire verso il Giappone –
previsione non del tutto campata in aria – il ciclo sarebbe chiuso”. “Verso il Giappone”,
cioè includendo la Cina? Ma non è colpa dell’avvenire: della Cina Bobbio, e
con lui tutto il 1991, non sapeva e non immaginava nulla, anche se la globalizzazione
era in pieno sboccio.
Chiuso il libro, la democrazia
si direbbe come la civiltà, vagante. Sia pure nella direzione di Hegel, da Est
a Ovest. Ma poi, essendo la storia fino ad ora, compresa quella contemporanea,
stata di imperi, Hegel non avrebbe fatto meglio a sostituire “potere” a civiltà”?
Norberto Bobbio, Il futuro della democrazia, “Corriere
della sera”, pp. 207 € 8,90
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