letterautore
Aciman-“Olivia”
-
Il 13 marzo 2021 la recensione su questo sito di Aciman, “Chiamami col tuo
nome”, si chiudeva con la notazione: “Curiosamente, il racconto sa di déja vu. Solo al femminile invece che al maschile. E a parti
rovesciate, di una adolescente che brama un contatto, anche solo visivo, con la
direttrice della scuola, che ne domina ogni impulso. Un racconto pubblicato una
cinquantina d’anni fa nel genere erotico (ma tradotto da Fruttero?), “Olivia”,
by “Olivia”, di autore cioè ignoto, ma femminile”. Sabato sul “Robinson” di
“la Repubblica” Aciman racconta che l’idea del suo racconto gli è venuta leggendo
“Olivia” – una lettura da sempre ricercata ma mai trovata, non in libreria né in
biblioteca, se non per caso, l’ultimo giorno vissuto a Parigi prima di partire
per l’America. E domenica l’“Alias” del “Manifesto” reca un articolo di Luca
Scarlini sul vero autore di “Olivia”, a margine della ripubblicazione del
romanzo, per Astoria Edizioni, sempre nella traduzione di Fruttero di
cinquant’anni fa: Dorothy Strachey.
Dorothy, si può aggiungere, era una della
numerosa figliolanza – dieci tra fratelli e sorelle – del luogotenente generale
Sir Richard Strachey. Tra essi Lytton, il narratore dei vittoriani e di “Ermintrude
e Esmeralda”, lei stesa parte dell’intellettualità femminista di Bloomsbury,
prima di farsi provenzale col marito Simon Bussy, il pittore, più giovane di
lei di cinque anni, restando nel mondo delle lettere quale traduttrice di Gide
in inglese, morta nel 1960. “Olivia”, informa la recensione, era uscito anonimo
nel 1949 con la Hogarth Press. Prima che con Bussy, “Olivia”-Dorothy aveva avuto
una storia con la futura Lady Ottoline Morrell, più giovane di lei di una decina
d’anni – poi famosa come animatrice di Bloomsbury, e per le sue storie d’amore – da manuale quella con Bertrand Russell, si scambiarono “oltre” 3.500 lettere.
Amicizia
–
“ Non dal greve suolo della terra\ ma da piacere libero\ e dalla libera
esigenza dello spirito\ che non abbisogna di giuramenti né di legge\ è donato
l’amico all’amico\....... Il fiore più prezioso, rarissimo -\sgorgato in un’ora
felice\ dalla libertà dello spirito giocoso\ audace, confidente -\ è l’amico
all’amico” - “L’amico”, di Dietrich
Bonhoeffer (trad. Alberto Melloni)
Bravo
– Ricorre
all’inizio di “Madame Bovary”, nello stesso senso dei “Promessi sposi”: Bovary
padre, il padre di Charles, ha “l’aspetto di un bravo”. Quello manzoniano è un
francesismo? Il Petit Robert registra “brave” ne 1549. Come derivato da
“braver”, che registra già nel 1515, dicendolo “derivazione dall’italiano”. Nel
senso di “provocare”, “sfidare”, anche le leggi
Dante – “Al noioso Tolkien preferisco Dante”, Gennaro Sasso, dantista. Tolkien?
Gadda – Fu fascista? Sì, e a lungo, secondo i suoi studiosi britannici, dell’“Edinburgh
Journal of Gadda Studies”. Valga per tutti Peter Heinsworth, “Gadda fascista”:
“Nei primi anni Cinquanta dichiarò di aver capito cosa ci fosse
dietro Mussolini dal tempo dell’omicidio Matteotti (Cattaneo 1973a: 63). Più
tardi, nell’intervista generalmente menzognera e bizzarramente nevrotica del
1968 a Dacia Maraini, rivendicò di aver avuto la prima idea della sua
principale opera antifascista, Eros e Priapo, nel 1928, e di averla scritta negli anni Trenta, sebbene
sia oggi certo che il libro è stato iniziato alla fine del 1944. In realtà, Gadda era membro del partito fascista dai
primi anni Venti. A partire dal 1939 – anno
in cui iniziò davvero la sua carriera giornalistica –
scrisse articoli in appoggio alla politica e alle istituzioni del regime,
soprattutto nei campi della scienza e dell’economia. Sono articoli seri, alcuni
piuttosto tecnici, altri più divulgativi. Alcuni possono certo essere stati
scritti con una certa rabbia e soprattutto per motivi economici, ma nessuno può essere liquidato facilmente come
un esempio di giornalismo opportunistico. Gli
ultimi due furono scritti davvero tardi. L’Istituto di Studi Romani,
un pezzo celebrativo ma meditato sulla perpetuazione della tradizione romana
grazie alle attività dell’istituto citato nel titolo, apparve su Primato il
15 agosto 1942. All’insegna dell’alta cultura, che comparve il 1
febbraio 1943, sempre su Primato, plaude alla rinascita
dell’Istituto dell’alta cultura di Milano sotto gli auspici di Bottai, e agli
eventi centrali da esso promossi: in particolare e (date le circostanze)
significativamente, concerti di musica tedesca, ungherese e italiana.
Neppure possiamo tracciare una netta distinzione fra giornalismo
fascista da una parte, e dall’altro opera letteraria non-fascista, se non
antifascista. Sebbene manchino dichiarati intenti di propaganda, i primi
romanzi – Racconto italiano di ignoto del Novecento del
1924-25, La meccanica e Dejanira Classis o Novella
seconda del 1928-29 – mostrano tutti apprezzamento per l’audacia e la
decisione del fascismo in opposizione all’opportunismo dei socialisti e
al bathos liberale. Il racconto che dà il titolo alla Madonna
dei Filosofi (1931), si svolge nel 1922 ed è quasi un’allegoria
dell’Italia del primo dopoguerra. Le sofferenze di Maria non possono essere
risolte né dalle falsità di un cosmopolitismo alla moda (rappresentato
dall’amica francese, mademoiselle Delanay) né dalla stupidità borghese (Pertusella,
che la sua famiglia spera lei sposi). La sua improbabile unione con il
tormentato Baronfo rappresenta per quest’ultimo una sorta di guarigione e un
ritorno alle sane tradizioni del passato, dopo i sacrifici della prima guerra
mondiale e la disperazione che ad essa era seguita.
Implicazioni analogiche, se non allegoriche, sono anche
nella Meditazione milanese. Il suo principale
interesse sono i problemi generali della conoscenza, brillantemente messi in
luce da Roscioni (1969); ma c’è una dimensione sociale e politica che si rivela
soprattutto nell’elaborato e sorprendente paragone che Gadda traccia per
illuminare le tesi strettamente filosofiche e che talvolta diventano argomenti
di trattazione a pieno titolo. In questi passaggi emerge una visione
ottimistica di cosa potrebbe essere una buona società, e in particolare una
buona società italiana: dinamica, avanzata, educata scientificamente e
rispettosa della conoscenza, in grado di armonizzare le proprie contraddizioni
e la ricca diversità di cultura e tradizioni, non ostacolata da regole
restrittive, libera di far valere la propria volontà; una società che dà la
priorità all’azione su riflessioni e autolegittimazioni paralizzanti. Sebbene
non si parli dell’ideologia fascista in quanto tale, la consonanza è chiara.
La Meditazione sarebbe rimasta inedita sino
al 1974. Le meraviglie d'Italia, nella versione del 1939 (quella del 1964 è un po’
diversa), cercano un’esplicita e specifica
realizzazione di queste idee nell’Italia fascista, con un aperto entusiasmo, ad
esempio, per la politica autarchica (Il carbone dell’Arsa), per i
progressi tecnologici del paese (Apologo del Gran Sasso d'Italia), per la «giovinezza
nuova d’Italia» (La funivia della neve), per la robusta vitalità delle
tradizioni locali (Delle mondine in risaia). Il tono può essere
ironico e scherzoso, possono comparire momenti di pessimismo metafisico, ma a
prevalere è un misurato ottimismo. L’ultimo pezzo (Sull’Alpe di marmo),
sulle cave di Carrara, termina con un omaggio al «coraggio» e alla «fatica dell’uomo»:
la vera ricchezza della «gente apuana», cioè l’abilità ereditata dagli avi, è
considerata, insieme alla nuova tecnologia e disciplina, come una risorsa per
il dinamismo della nuova Italia: “La qualità delle
maestranze carraresi, come un’eredità morale dei padri: la nuova tecnica; la
nuova volontà e la nuova disciplina del lavoro:
ecco i mezzi per il perfezionamento dell’impresa latòmica, che dalla Bianca
Luni ha impegnato, traverso i millenni e fino all’Italia recuperata questa
gente apuana”.
C’è però un’opera degli anni fascisti cui è stata spesso
riconosciuta una carica antifascista: La cognizione del dolore,
che apparve per la prima volta su Letteratura fra il 1938 e
il 1941. Nella già citata intervista del 1968 a Dacia Maraini, Gadda stesso
suggerì che i guardiani notturni che hanno una larga parte nel romanzo
simboleggiassero i fascisti, almeno in una certa misura, e l’equazione è stata
posta anche da alcuni critici. Ma è una
lettura difficile da giustificare. Nel romanzo è chiaro che il Nistitúo
de vigilancia para la Noche è emblematico della corruzione amministrativa. Con Mahagones/Palumbo il bersaglio di Gadda è
il reduce che pretende di essere un eroe e una vittima di guerra e che, non
essendo riuscito a ottenere una pensione, si cerca una nicchia nella polizia di
stato, sfruttandola per i suoi scopi di estorsione. È una polemica
convenzionale, in completo accordo con la politica di riforma della burocrazia
che il fascismo proclamava pubblicamente e che si conquistò un grande appoggio
popolare. Lo stesso vale per la satira antiborghese che compare nella Cognizione e
nell’Adalgisa: si trattava di un altro tema convenzionale negli
scrittori fascisti ortodossi, e continuò a essere ripetuto lungo il Ventennio,
per quanto lontano potesse essere diventato – o possa essere sempre stato –
dalla realtà”.
Il fascismo di Gadda era certo anticonformista – da
“anarchico d’ordine”, © del suo amico e mallevadore Gianfranco Contini.
Latino – Victor Cousin giovane professore di filosofia viaggia in Germania nel
1817. Non conoscendo il tedesco, spiega Armando Torno sul “Domenica” del “Sole
24 Ore”, ha letto Kant “nella traduzione latina degli scritti critici, di Friedrich
Gottlob Borne, realizzata tra il 1796 e il 1799”, gli anni del primo Napoleone,
“uscita in quattro volumi a Lipsia”. La Germania sarà stata la migliore erede
(custode) della latinità.
Manzoni – Uomo e scrittore (il romanzo, gli inni, i saggi) scuramente religioso,
buon cattolico, era avversato dalla chiesa, e fu vituperato in morte. “La
civiltà cattolica” si distinse per passarne sotto silenzio la morte, che fu un
evento epocale, a Milano e in Italia - del tipo “Manzoni santo subito” - e poi,
il mese dopo, lo attaccò sminuendolo, con una stroncatura, “Alessandro Manzoni
e Giuseppe Puccianti” – un preside pisano,
allora quarantenne, poeta, prima carducciano poi manzoniano..
Ancora nel 1941, Benedetto Croce rilevava come, a
distanza di tanti anni dopo la morte, i cattolici “intransigenti” fossero sempre
prevenuti contro Manzoni, per la penna di Giovanni Papini - in una nota sullo
scrittore fiorentino, “Il Manzoni nel cuore dei clericali”, “La Critica”, vol
1, 1941, pp. 386-387. E ne spiegava così il motivo: “Alessandro Manzoni, ricco
dei più velenosi succhi dell’illuminismo francese, non vede nel Cattolicesimo
se non un umanitarismo sociale con dei riti da godere più che da approfondire;
aspetta che sian morti tutti i giansenisti italiani per disdire le
sue prime tentazioni di schifiltoso rigorista, e nemmeno le disdice;
rappresenta un Vescovo talmente grande che è difficile trovarlo nella vita e
nella storia, fuorché nei Santi, mentre il suo santo non è; rappresenta un
frate, dissimile troppo dai suoi pari e superiori; una suora omicida,
lussuriosa e manutengola; rappresenta un parroco tanto vile che san
Giovanni Bosco non glielo perdonerà mai; non dice una parola, nella sua
lunga vita, a difesa del Pontificato romano nell'Ottocento, sfidando condanne
autentiche della Santa Sede, a cui obbedivano, pur soffrendo, Vescovi,
sacerdoti, laici; e nonostante tutto questo, tutti i cattolici lo considerano
lo scrittore cattolico per eccellenza e qualcuno addirittura lo proporrebbe
volentieri per santo”.
Fu corrispondente di mezza Francia, tra gli altri anche dello
storico Augustin Thierry, del filosofo Victor Cousin.
Meloni-Thatcher – Un improbabile consigliere di buone maniere di Margaret Thatcher, Lord Chrles
Powell, oggi ottantaduenne, scovato da Luigi Ippolito su “La Lettura”, spiega
che Giorgia Meloni da tempo studia da Thatcher: “Quando ha incontrato il
premier Rishi Sunak l’anno scorso, hanno approntato per lei lo studio della
Thatcher a Downing Street”. Questo non è vero, ma, nelle parole
dell’intervistatore, da tempo Meloni è una fan
della Lady di ferro: “Almeno cinque anni fa, Giorgia Meloni già studiava da
leader: e la «scuola» che frequentava era quella di Margaret Thatcher”. Sulla
quale avrebbe chiesto informazioni a Lord Powell. Ma Thatcher parlava – voleva,
curava – un inglese molto upper class,
stretto, accentuato, al contrario di Meloni, che invece accentua il romanesco, peggiorativo - nasale,
slabbrato, quale non si sente nemmeno più a Roma-Trastevere o Garbatella (la sorella, per esempio, Arianna, non esagera come lei).
Uno dei “problemi” di Quora è: “Come acquisì Margaret
Thatcher l’accento upper class benché
fosse di ambiente working class”, proletario?
Prese per questo lezioni di dizione.
Melon parla castigliano da castigliana, inglese corretto (non
da italo-americana), e francese passabile (buona comunque l’intonazione), solo
in italiano accentua il popolaresco.
Odio
–
“Mai”, Natalia Aspesi confidava l’altra settimana a un corrispondente sul
settimanale “Il Venerdì di Repubblica”, “neppure quando guardavo la televisione
tipo Rai, mi sono fermata più di un minuto sui canali Mediaset”. Lo confidava
in neretto - sotto un grande cuore di Mojmir Ježek.
La stessa settimana il settimanale concorrente, “La
Lettura”, dedicava cinque lunghe pagine all’odio. Con una corposa bibliografia,
e una lunga intervista allo studioso dell’odio, Frédéric Chevalier – che titolava
“Un sentimento semplice più facile dell’amore”.
letterautore@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento