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L’omaggio di Grass alla moglie, sportiva, tra le rose
Tra “La ratta”, 1986, e
“Sbucciando la cipolla”, 2006, il libro di memorie, Grass vive questa avventura
di fantasia. Nella scrittura e nel disegno, cui ultimamente dedicava più tempo
(era “nato” scultore: facendogli difficoltà alla smobilitazione l’accademia di
Düesseldorf, si era iscritto nel 1948 a Palermo).
Invitato a presentare
“La ratta” nella Germania orientale, in compagnia della moglie Ute, “fuori
servizio Jutta”, ha nel duomo di Naumburg, vicino Lipsia, un incontro che lo
segnerà. Con Uta di Naumburg, consorte di una margravio sassone, Ekkehard II,
morta in odore di stregoneria nel 1046, immortalata in una serie di figuere dei
Fondatori sul lato sinistro del coro. Una visione di cui non si libererà più,
molte avventure vivrà in suo nome, nel nome di Uta. Con una storia di Alì – un’altra,
eco di Pasolini e Sartre?
Ura du Naumburg Grss
ritrova nelle vesti di un’artista di strada, i mimi muti che usarono negli anni
1990 nelle piazze, nella piazza del Duomo di Colonia e in quella del Duomo di
Milano. A Mondello, dove partecipa a un convegno, in dialogo con “l’autore di
un grande romanzo storico diventato
film” – e qui non si sa se la prima idea del racconto è stata di Grass o di
Eco, di cui è noto, come ricorda il risvolto (già nell’edizione originaria
tedesca) che “alla domanda con quale donna della storia dell’arte avrebbe
voluto cenare, rispondeva senza esitazioni con un nome: Uta di Naumburg”.
Infine a Francoforte, un incontro decisivo. Ma sotto le specie di Elisabetta
delle Rose – sant’Elisabetta regina del Portogallo, paese dove Grass svernava
lungamente, famosa per un quadro famoso di Zurbaràn, che la mostra mentre si
apre le vesti e invece dei pani che nascostamente portava ai poveri, gli
inquisitori vedono fiori.
Un testo forse concepito
per l’autobiografia, “Sbucciando la cipolla”, del 2006. Rimasto fuori anche
dall’opera onina postuma in 26 volumi, reperito dalla collaboratrice di lungo
corso di Grass, Hilke Ohsoling, tra le carte: un progetto di cui Grass ha
lasciato molte tracce, dattiloscritti, piani di lavoro, litografie, un gruppo
scultoreo nell’atelier. Grass pasava più tempo nel laboratorio figurativo
probabilmente che alla scrivania.
Un omaggio a Ute, la
seconda moglie, defintiva, dal 1977, che gli sopravviverà di qualche anno: Ute
come Uta - “intorno alla metà degli anni trenta molte bambine venivano
battezzate con il nome di Uta o Ute”. Come di una bellezza o attrattiva
continuamente rifiorente. Il racconto si avvia con una excusatio non richiesta:
“Non mi viene in mente di paragonare quella Uta con la mia Ute:
entrambe, infatti, sono uniche nel loro genere”. Se non che in tutte le foto
Ute la moglie è uguale a Uta di Naumburg, viso eretto sul bavero rialzato, la
margravia forse strega sicuramente sportiva.
Günter Grass, Statue viventi, La Nave di Teseo, pp. 80 € 16
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