domenica 11 febbraio 2024

Eco stripper della verità

 Nel 1990, nell’Autodizionario degli scrittori italiani, Umberto Eco presenta un interessante scorcio meta-riflessivo sul suo lavoro: «Se cerco il filo rosso che unisce le mie varie attività, mi ricordo di una frase udita, quando ero laureando, da Luigi Pareyson: a un dipresso diceva che ciascuno di noi nasce con una sola idea in testa e per tutta la vita non fa che girarvi intorno. Al momento questa mi era parsa una idea reazionaria […]. In età matura mi sono accorto che Pareyson aveva ragione, e anche io in tutta la mia vita non ho fatto che correre dietro, ossessivamente, a una stessa idea centrale»”.
“Occorrono undici anni prima che Eco espliciti chiaramente in cosa consista questa idea ossessiva che anima la sua attività, in occasione di un convegno sulla sua opera tenutosi a Cerisy: «Sospetto che l’idea abbia a che fare con la domanda se il mondo esista, e (di conseguenza) con l’altra questione, quid sit veritas».
“La semiotica, lo studio della comunicazione, le teorie della narrazione, l’estetica, I romanzi”, fino all’ultimo, “Numero Zero”, e alla lunga discussione in video che ne seguì con Eugenio Scalfari, “in tutte le sue poliedriche dimensioni Eco si è preoccupato di capire cosa sia la verità”.
Breve e corposo excursus della filosofia di Eco, della “sua” semiotica – di una studiosa del Lavoro Culturale, all’universita Cornell di Ithaca, Connecticut. Che in questo saggio rilegge saggi e narrative di Eco “alla luce del tema della verità”. Un po’ per capire in che modo Eco abbia trasposto nei romanzi temi e tesi delle sue elaborazioni teoriche.
L’esito è doppiamente elusivo. Eco non afferma, critica: “Non si può rileggerlo a prescindere dai contesti intelellettuali” nei quali opera – “il pensiero di Eco è intrinsecamente oscillatorio, congetturale e compromissorio, e perciò sviluppato in controcanto alle tendenze e alla voci che costituiscono il dibattito intellettuale del suo tempo”. Del suo lungo tempo, quasi un sessantennio.
Un filosofo non costruttivo ma de-struttivo, si direbbe. Uno stripper”, se esistesse questo termine. Per una funzione pure molto praticata, dai pittori evidentemente: che denudano la modella, nel mentre che la ingentiliscono e la imbelliscono. 
Nora Siena, Che cos’è la verità? Umberto Eco tra saggio e romanzo, academia.edu, pp. 102

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