giovedì 29 febbraio 2024

Il mondo com'è (473)

astolfo


Complotto – È di origine e natura letteraria, stabilisce U. Eco, che lo ha analizzato lungamente  in “Sei passeggiate nei boschi narrativi”, pp. 164 segg.. Un romanzo. La mania non sarebbe recente.
Eco, che ne fa “un esempio terribile” del condizionamento che la “finzione narrativa” esercita sulla vita quotidiana, la data all’inizio del XIV secolo, “quando Filippo il Bello distrusse l’Ordine dei Templari”: il potere è diventato occulto. “Nel XVII secolo nasceva un’altra storia, quella dei Rosa-Croce”, una “costruzione romanzesca” sulla quale “si è inserita nel XVIII secolo la Massoneria detta «occultista e templare»”, quella dei “costruttori del Tempio di Salomone”.
Con la rivoluzione francese il salto verso le demonologie contemporanee della storia. Avviato dall’Abate Barruel, il gesuita del contro-complotto, quello del giacobinismo, del rivoluzionarismo, “Mémoires pour servir à l’histoire du jacobisme”: dai Templari alla Massoneria (Voltaire, Turgot, Condorcet, Diderot e D’Alembert). Una setta però  anch’essa sottomessa, agli Illuminati di Baviera, che sono anche regicidi.
Per reazione a Barruel si sviluppa la leggenda nera dei gesuiti: “Più che alcuni scrittori «seri» (da Michelet a Quinet a Garibaldi e Gioberti), l’autore che rese  popolare questo motivo fu un romanziere, Eugène Sue. Ne «L’ebreo errante» il malvagio Monsirìeur Rodin, quintessenza della cospirazione gesuitica, appare chiaramente come una replica dei Superiori Sconosciuti di clericale memoria”.
Fin qui non c’entrano gli ebrei. “Il libro di Barruel non conteneva alcun riferimento agli ebrei. Ma nel 1806 Barruel ricevette una lettera da un certo capitano Simonini” che lo allertava sul ruolo degli ebrei: lo erano Mani e il Veglio della Montagna, “notoriamente alleati dei Templari originari”, “la massoneria era stata fondata dagli ebrei”, ebrei erano “infiltrati in tutte le società segrete”. Una lettera che sarebbe “stata forgiata da agenti di Fouché, il quale era preoccupato dei contatti di Napoleone con la comunità ebraica francese”.
Barruel non rilanciò l’ipotesi, preoccupato “che a pubblicarla si sarebbe corso il rischio di un massacro”. Ma i gesuiti, quando “iniziarono a preoccuparsi degli ispiratori anticlericali del Risorgimento, come Garibaldi, che erano affiliati alla massoneria”, la rilanciarono: “L’idea di mostrare che i Carbonari erano gli emissari di un complotto giudeo-massonco appariva polemicamente fruttuosa”.
Il complotto” ebraico apparirà più tardi, nel 1868. Naturalmente, sottolinea Eco, in un romanzo: “Biarritz” di Hermann Goedsche, “un impiegato delle poste tedesche”, che si firmava Sir John Retcliffe, e la scena centrale mutua dal “Giuseppe Balsamo” di Dumas. Trasformando i Superiori Sconosciuti di Dumas nei “rappresentanti delle dodici tribù di Israele, che si riuniscono per preparare la conquista del mondo, come viene palesato senza infingimenti dal Gran Rabbino”.
Cinque anni dopo un libello russo, “Gli ebrei, signori del mondo”, ripropone la scena “come se si trattasde di cronaca vera”, attribuendola  un “diplomatico inglese, Sir John Readcliff”, deformazione del Retcliffe-Goedsche, il postino tedesco.
In precedenza, nel 1864, “un certo Maurice Joly” aveva scritto un libello liberale contro Napoleone III. In cui Mntesquieu si trova a dialogare con Machiavelli-Napoleone III, come teorico cioè – secondo la vulgata machiavellica - del fine giustifica i mezzi. Joly finì male: arrestato e condannato a quindici anni, suicidia. Ma il suo libello è ripreso a fine secolo, nel 1896, sempre in Francia, in “Les Juifs, nos contemporains” di François Bournand: il convegno massonico del “Balsamo” di Dumas, come riscritto da Goedsche-Retcliffe, e il complotto di Machiavelli-Napoleone III diventano il discorso e il progetto del Gran Rabbino. Per una pubblicistica diffusa.
In parallelo, la vicenda si svolge anche in Russia – sempre sulla carta. Qui, in un periodo che Eco si dimentica di dire (ma è il il primo Novecento), maturano i “Protocoli dei Savi Anziani di Sion”, 1903. Di essi una tradizione, che Eco non considera, vuole autore Élie de Cyon, un medico russo-francese, di famglia ebraica, che li avrebbe scritti nel mentre che preparava la sua conversione al cattolicesimo (1908). Eco li iscrive nel “racconto”: il capo dell’Ochranà, la polizia politica zarista, Pëtr Ivanovič Rachovskij, un estremitsa anarchico passato a informatore della polizia e membro attivo delle Centurie Nere, organizzazione terroristica di estrema destra, perquisisce la casa del dottor Cyon, in quanto oppositore del capo del governo, il conte Sergej Witte, il primo primo ministro della Russia, carica creata con la prima Costituzione russa, da lui promossa dopo i moti del 1905. In casa di Cyon Rachovskij trova ricopiato (il medico aveva abitato a lungo a Parigi) il testo di Joly contro Napoleone III, in cui Machiavelli figurava essere il conte Witte. Rachovskij, nell’ipotesi “romanzesca” dello stesso Eco – ha un lampo, da forte antisemita delle Centurie Nere: togliere dal manoscritto il nome di Witte e metterci il Gran Rabbino. Attribuendo tutto a Cyon – il nome, in francese, si dice Sion. “Questo testo”, conclude Eco, riferendosi ai “Protoclli”, “rileva la sua forma romanzesca perché è poco credibile, se non in un romanzo di Sue, che i «cattivi» esprimano in modo così scoperto e svergognato i loro malvagi progetti. I Savi dichiarano candidamente di avere «un’ambizione sconfinata, una ingordigia divoratrice, un desiderio spietato di vendetta e un odio intenso”.
 
Cosacchi – “Sono ovunque in Russia, ma sono diversi”, K.Hamsun, “Terra favolosa”, p. 31-32.  Sono lirici, di una poesia “la più sinceramente sentita e la più melodiosa” delle popolazioni della steppa, tatari, calmucchi, chirghisi. E sono diversi: “La steppa è unica e uniforme per tutti i popoli nel grande territorio della Russia. Ma il cosacco si distingue da tutti gli altri abitanti della steppa. Prima di tutto egli è l’abitante primitivo del luogo, mentre gli altri sono immigrati, alcuni avanzi dell’orda «d’oro» altri dell’orda «blu». Poi egli è guerriero, mentre gli altri sono  pastori o agricoltori. Non è mai stato schiavo sotto un khan, un pan oppure un bojaro, mentre lo sono stati gli altri - «kasak» significa «uomo libero», così ho letto”.
Le enciclopedie danno i cosacchi inizialmente (XIIImo secolo) popolazioni tatare, nomadi, delle steppe della Russia di Sud-Est.
 
Orda d’oro-blu-bianca – Il primo è l’impero (khanato) mongolo del XIIImo secolo, la parte nord-occidentale dell’impero di Gengis Khan (che dominava dal Pacifico alla Polonia), quando questo si frammentò, dopo la morte del fondatore nel 1227. Batu, uno dei nipoti di Gengis Khan, figlio del di lui figlio Djuci, lo aveva già organizzato a metà del Duecento. Fu la parte più estesa nata dalla frammentazione: con parti della Siberia e dell’Asia centrale, e una parte dell’Europa orientale: dagli Urali al Danubio. Limitato a Sud dal Mar Nero, dal Caucaso e dal Caspio. Un secolo dopo la costituzione l’Orda d’Oro si convertì all’islam, Durò circa tre secoli, fino alla sottomissione dei khan al nascente impero russo, a metà Cinquecento. La costituzione dell’Orda d’Oro si era avviata  con la conquista e il saccheggio delle città russe di Vladimir e Kiev, nel 1238 e nel 1240, cioè con la sconfitta del nascente principato russo.
La parte occidentale del khanato dell’Orda d’Oro fu detta dell’Orda blu. Partendo dal basso Volga, si espanse verso la Russia e l’Europa. L’insediamento dello stesso khanato si spostò verso Ovest, fino ai Carpazi – tra Ungheria e Romania (compresa la Transilvania, oggetto di un contenzioso anche aspro fra i due paesi, che la Ue per ora permette di trascurare).
La parte orientale dell’Orda d’Oro costituì l’Orda Bianca – approssimativamente l’Asia centrale e la Siberia meridionale.    
 
Tartari-Tatari – Non sono i cosacchi  - Knut Hamsun, “Terra favolosa” (1898), p. 32: “I tartari si trovano dappertutto nella Russia meridionale, anche nella terra dei cosacchi. Per lo più sono pastori, gente forte, molto intelligente, tutti, senza eccezione, sanno leggere e scrivere – mentre non tutti i cosacchi lo sanno fare”.
I Tatari furono detti Tartari in senso spregiativo, per assonanza col greco “tartaro”, uno dei nomi dell’inferno.


astolfo@antiit.eu

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