La pubblicità è facile facile
Taylor
Swift, che il mercato ora decreta recordwoman
del pop per il quarto o quinto anno consecutivo, si era illustrata, oltre che per l’avvenenza,
per far aumentare il pil con i suoi concerti.
Uno
anno fa il primo esperimento: i suoi concerti, due, fanno aumentare di un punto
il pil della Svezia. Vero o falso? Non si può sapere – a nessuno interessa
veramente. Ma è una novità facile facile di tecnica pubblicitaria,
promozionale. Di enorme impatto, in automatico, in tutto il mondo, a tutti i
livelli di attenzione. E non costa nulla. Poi ha aumentato di 3.600, o 3.880 (l’esattezza
ci vuole) miliardi di dollari il pil degli Usa. Vero o falso? Ma la promozione
non si ferma: ora la ragazza in gambe farà il presidente degli Stati Uniti, votando
Biden – il suo annuncio è un endorsement decisivo.
Male non fa, la promozione è l’anima del commercio, ma la politica?
C’è
una penetrazione ubiqua delle tecniche
promozionali e di relazioni pubbliche. Sull’onda dell’invasione dei messaggi dichiaratamente
pubblicitari in tutte le forme di comunicazione sui social, le mail comprese
che pure dovrebbero esser e private e protette (Google è un padre-padrone
esigente). Si veda la campagna pro Ucraina, anzi le campagne pro Ucraina, inglese
e americana, inventive e accattivanti, ogni giorno da due anni ormai. Che
affiancano ai vecchi temi delle notizie di guerra (bambini morti, asili, scuole,
ospedali, mercati) una serie vastissima di immagini, più o meno significanti, di
attacchi vittoriosi, bandiere al vento, resistenze eroiche.
Ma
c’è un affinamento delle tecniche. Dalla ricetta facile: lasciare campo libero
alla fantasia, solo la “narrazione” conta. Si veda, in piccolo, per il film di
Paola Cortellesi, “C’è ancora domani”. Modesto, malgrado il finale a sorpresa,
e quasi intimistico, malgrado si racconti Roma occupata, a fine guerra. Diventato
il film dell’anno, grazie a una promozione tanto acuta e insistita quanto semplice:
ogni giorno social occupati da una story. Un giorno un ricordo familiare,
un altro le location, un altro alcune vedute di Testaccio,
il quartiere del film, o l’MP americano. Senza strafare ma con diligenza, un
messaggio ogni giorno per un mese, un mese e mezzo, quanto il film è riuscito a
durare in sala.
La tecnica non è
nuova. Se ne giovava per esempio lo scià di Persia: ogni giorno una notizia “benefica”
andava fornita ai giornali e alla tv per illustralo positivamente. O più recentemente
W. Veltroni quando era sindaco di Roma: ogni giorno faceva o diceva una cosa che
gli meritava di necessità l’attenzione dei media – anche dotare una ragazza
povera. Con i social è più facile.
Con
i social la persuasione occulta è diventata “il” messaggio. Facile, praticabile
con poca applicazione – il “caso Ferragni” è significativo al contrario: di
come somme enormi sono state e sono spostate con superficialità. E di nessun
costo: basta lanciare ogni giorno un messaggino, anche modesto, modestissimo.
Lo stesso con la propaganda di guerra: basta ogni giorno un’aggiunta minima alla
“narrazione” – un reminder, un richiamo. Che
inevitabilmente, prima o poi, coinvolgerà. Anche i più recalcitranti o
distratti.
Non
è uno sviluppo positivo - accumulativo, di crescita. È dispersivo – di spreco, di
risorse e attenzione (buona volontà), di perdita. Ma il problema non è la
produzione, l’industria della persuasione occulta, il problema è alla ricezione,
scesa a liveli bassissimi, basta niente per eccitare il recettore\consumatore.
Perché, chi è poi Taylor Swift, che fa?
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