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L’amore è divino
“Cento versioni di una poesia
di Saffo”, da Catullo a oggi, nella poesia francese, a partire dal 1556, dalla
prima stampa in francese del trattato di Longino (“Del sublime”) che la
trascrive – ma il sonetto IV di Louise Labé che avvia la serie è del 1555:
aveva saputo di Saffo dall’edizione italiana di Longino, di Aldo Manuzio, dello
stesso 1555? Da Labé a Ronsard,
Boileau, Lamartine, Dumas (“Les Étoiles du monde”, “La San Felice”), Renée
Vivien, Brasillach, Marguerite Yourcenar tra i tanti. Raccolte da Philippe Brunet,
ellenista, cultore della commedia e la tragedia greche, specialista della
fonologia del greco antico, un maschio. Che le dedica “alle ragazze, alle
donne, alle femministe, agli amatori di queste tre categorie, ai misogini, alle
amanti, agli amanti, ai cercatori di curiosità, agli specialisti del tema, del
campo lessicale e della variante……”, a tutti e a ognuno. Ma più probabilmente
alle lesbiche, di cui Saffo è celebrata portabandiera, ancorché forse senza
colpa - e più quando, era ancora ieri, non se ne poteva parlare.
Il poema s’intende della
“maschia Saffo” di Baudelaire, “l’amante e il poeta” – “amante” al femminile in
francese. Anche se è, si vuole, giocato sull’ambiguità, evitando abilmente,
quindi volutamente, il genere: tutto è possibile, che parli una donna gelosa di
un uomo a un’altra donna, oppure un uomo geloso di un uomo, sempre a una
donna, o una donna gelosa di una donna a un uomo. Dell’ambiguità di genere, ma
anche e di più del sentimento, della sensualità, del volere e disvolere. Karen
Haddad-Wotling, la comparatista, cui è affidata la prefazione, ne sottolinea il
gioco con Racine, “Fedra”, atto II, sc. 2: “Presente, vi fuggo; assente, vi
trovo” – “come un modo di evocare l’assenza dell’essere amato”.
Non è una raccolta sulla
traduzione, sull’arte e le difficoltà del tradurre. Haddad la apre con
Petrarca, il sonetto 134: “Veggo senza occhi, et non o lingua, et grido”. Sono
cento testimonianze di un poema sensuale. In qualsiasi versione, e molte prendono
l’originale a pretesto per divagazioni, riflessioni, esaltazioni - l’unica
versione modesta della raccolta, tal quale (dopo quella parziale di Catullo,
che a lungo fece testo, oscurando Saffo) è di Marguerite Yourcenar. E come tale
carnale, come prima poesia del canone opera di una donna, e poesia d’amore.
L’idea della raccolta è “una
sorta d’illustrazione, sempre vana, del Libro mallarmeano”, nota Haddad. O
anche la realizzazione di una combinatoria cara a Valéry (che non vale
spiegare). Oppure “un «oggetto» poetico” analogo alla “macchina da sonetti” di
Queneau. O semplicemente “una riunione di variazioni”. Brunet, all’ultima nota
dell’ultima pagina, spiega che l’idea gli è venuta da tre filologi italiani,
Carlo Maria Mazucchi, Salvatore Nicosia e Salvatore Costanza – il primo per la
sua edizione di Longino, “Del sublime” (“un certo Longino”….), che apre la
fortuna di Saffo, e la indirizza.
Oggi trascurata, Saffo è stata
un feticcio fino a recente – i diritti lgbtqia hanno fatto irruzione da poco,
anche se a grande velocità. Non molto tempo fa (2015?), alla libreria Libraccio
di Roma in via Nazionale, una giovane donna di lingua spagnola al reparto
poesia voleva che si confermasse alla sua amica – peraltro imbarazzata dalla
foga (amica di penna? conoscenza casuale fra turiste? parentela?) – lo speciale
erotismo della poesia. Nella edizione Feltrinelli (del 2015), che lo esplicita
in copertina. Nella versione di Quasimodo, che è la più diretta – semplice, un
calco dell’originale:
“A me pare uguale agli dèi
chi a te vicino così
dolce
suono ascolta mentre tu
parli
e ridi amorosamente. Subito a
me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la
voce
si perde nella lingua inerte.
Un fuoco sottile affiora
rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il
rombo
del sangue nelle orecchie.
E tutta in sudore e
tremante
come erba patita
scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.”
Curiosamente, Saffo è sempre quella
dell’“un certo Longino” di Brunet, del trattato “Del sublime”: “Saffo descrive ogni
volta le affezioni provocate dai trasporti amorosi come ciò che li accompagna e
con la verità stessa. E dove rivela la sua eccellenza? Quando è capace di
riunirle e concatenarle nelle loro espressioni estreme e le loro eccessive
tensioni” – “in un solo movimento va a cercare l’anima, il corpo, l’udito, le
lingue, la vista, la pelle, come
altrettanti elementi estranei che si allontanano da lei, e come,
contraddittoriamente, lei gela e brucia, sragiona e riflette”, in “un concorso
di sentimenti”.
Sappho,
L’égal des Dieux, Allia, pp. 143 € 7
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