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Povere attrici, premio Oscar
Il cervello di
un feto, trapiantato su una donna resuscitata da un chirurgo abile e pazzo (il
feto di una donna incinta suicida trapiantato sulla madre), crea una strana
combinazione: un corpo adulto con un cervello in sboccio. Quindi lallazione,
gattonamento, camminata rigida e prime esperienze. Che toccheranno
l’affettività (l’inaffettività: il bambino, senza la famiglia, non è
“empatico”, come si dice spesso qui, anche se siamo in un fine Ottocento), il
senso e valore del denaro, e soprattutto il piacere sessuale. Quindi pratiche onanistiche,
poi con un amante focoso, ma anche lui fino a un certo punto, e infine in un
bordello, dove, altra scoperta, insieme col piacere ripetibile senza limiti, si
guadagnano soldi.
È il film più
visto in sala anche in questa settimana di Sanremo - con un incasso di 6
milioni, il secondo film più visto questo inverno dopo Cortellesi. Eccezionalmente
proibito ai minori negli Stati Uniti – in Italia ai minori di 14 anni. Ma si
vede come un film per ridere, forse: il pubblico, prevalentemente di ragazze,
ride. Forse perché impone a Emma Stone, oltre le rigidezze facciali, muscolari
e psicologiche, una grossa fatica. Si direbbe da pornostar, anche se fredda -
la moltiplicazione delle “posizioni”, con i tipi più orridi, non ne altera
l’inespressività da manichino.
Un grosso
impegno comunque s’impone allo spettatore per la protagonista. Per la fatica dello
sguardo sempre inespressivo, oltre che per le posizioni. E per le scenografie,
tanto appariscenti quanto false – fantasiose: le riprese sono avvenute nel
vuoto, di attori soli con le loro maschere e i loro costumi, e rigidi come manichini: le
ambientazioni, tutte sontuose, enormi, dettagliatissime, sono digitali,
fantasmagorie create in post-produzione.
È il secondo o
terzo film di Lanthimos che spernacchia le donne. Scritto anche questo con lo
sceneggiatore Fred McNamara - invece dell’amico Philippou con cui aveva fatto
i primi film della sua rapidissima ascesa, dieci anni o poco più, quelli “greci”.
Ma ambitissimi dalle attrici, che s’imbruttiscono per farli. Olivia Colman per
il precedente, “La Favorita”, su un stolida regina inglese, Anna, e le sue
favorite – tra cui Emma Stone. Emma Stone in questo, immancabile in ogni scena.
Forse perché a premio. Coppa Volpi per Olivia Colman nel 2017, e per Emma Stone
alla scorsa Mostra di Venezia, Oscar per Olivia Colman, un dozzina di candidature
(la più “sicura” è della protagonista) agli Oscar quest’anno.
Coppa Volpi
anche la moglie di Lanthimos, Ariane Labed, nel remoto 2010, dalle mani di
Quentin Tarantino.
Jorghos Lanthimos, Povere creature! (Poor things)
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