zeulig
Alternativo –
Detto di informazione, cultura, storia, memoria, è equivalente di passeggero,
transeunte. Una “antitesi” che coopera a irrobustire (ridefinire, accrescere,
migliorare) la tesi – l’ordinamento, il maincurrent,
“il pensiero”. È un movimento di scarto, anche quando si vuole rivoluzionario.
La
persistenza è più forte dell’innovazione, per quanto radicale, sia essa il
diluvio, o la scomparsa dei dinosaur, o Heidegger. Un movimento anche di progresso
(miglioramento, affinamento), alternativo solo in quanto aggiuntivo. Una
innovazione-contestazione destinata a “normalizzarsi”, a diventare established.
Ha
avuto senso proprio – movimento di lungo periodo, caratterizzante – sotto le
forme della “cultura alternativa” e dell’“informazione alternativa”, nel
momento storico detto del Sessantotto, che per molti aspetti è stato un
mutamento caratterizzante, epocale (una larga ondata democratiscistica:
giovanilismo, femminismo, infomalità – nell’abbigliamento, il gusto, l’agire, i
rapporti). Vive poco nella scansione ripetitiva – come è l’uso in America, dove
un movimento alternativo esclusivo e irrevocabile s’impone ogni poco tempo, è
il metronomo dell’opinione pubblica, che si vuole oscillante. Della stessa
consistenza delle campagne pubblicitarie, per definizione deperibili (legate a
una merce, a un prodotto). In tempi recenti i movimenti #metoo e #blacklivesmatter,
con cerimoniali annessi (“danni” milionari, ginocchia piegate, mani sul petto),
la cancel culture, la critical theory, l’ideologia woke.
Anima –
“La tradizione classica distingue tra cervello e mente, ora domina la visione
fiscalista che riduce tutto a neuroni e sinapsi, considera il cervello un
computer straordinario. E l’io, la coscienza, la libertà, l’estetica, la
volontà, l’anima?” – Gianfranco Ravasi, cardinale.
Destra-sinistra
– Si sono formati una successione di governi in Italia tra
sinistre e destre: Monti, Conte, Draghi. Anche (Draghi) tra estreme sinistre
(Leu) e destre (Lega, Forza Italia). Le caratterizzazioni restano storiche, non
programmatiche (programmi, impegni, azioni).
In
Francia si è passati, con la stessa maggioranza parlamentare, da governi a guise
socialista a governi a guida di destra.
In
regime costituzionale stabile e garantito, le differenziazioni non sono più di
valori, uguaglianza contro interesse, ma solo politiche – tattiche: adeguate
alle situazioni contingent, guerre, migrazioni, investimenti\disinvestimenti,
fiscalità, servizi pubblici.
Neofascismo – La raccolta “Scritti corsari”
assemblata da Garzanti dopo la morte di Pasolini comprende anche il testo inedito contro
Carlo Casalegno, odiato più del “miserabile fascista di dieci anni fa” - uno
sconosciuto che Pasolini ricorda di avere inseguito per un buon quarto d’ora
attraverso tutta San Lorenzo tanto il suo sdegno era inesausto. A Casalegno
Pasolini imputa, per un articolo sulla “Stampa” contro di lui e Moravia, “la
mania che ha preso gli italiani di darsi continuamente dei fascisti tra di
loro”. Mania che però egli stesso aveva avviato qualche mese prima sul
“Corriere della sera”, con “Il fascismo degli antifascisti”. Con leggerezza,
certo, alla Pannella, alla Ottone, i vaffanculisti dell’epoca, certo tirati ai
quattro pizzi, sobri, inappuntabili. Molto borghesi.
Molto si parla di fascismo in
un mondo che ne è lontano, del tutto. Senza leggi speciali e senza squadre
punitive, semmai, allora, un “fascismo” organato sulla comprensione e sull’inclusione.
Fascismo sta in questo caso per tutto ciò che si detesta, senza un significato specifico
Di Eco fa ancora testo l’urfascismo,
ma non è più del “fascismo eterno” di Croce quando si ricredette su Mussolini –
ma allora critico del fascismo come del marxismo, e del sindacalismo soreliano,
che dice e spiega antimoderni, sopravvivenze ottocentesche e positiviste, con
tendenza al reazionsario – all’ordine esclusivo.
Molto linguaggio va visto nella
tradizione italiana. Del post-Risorgimento dei “primati”, cioè, pur nella
retorica del piccolo e del posto al sole, della potenza.. O anche odierno,
quotidiano: “Mar Rosso, l’Italia si schiera”, dice il giornale per dire che una
nave italiana, piccola, vi si indirizza. Un linguaggio che si vuole imperiale,
ma da mosca cocchiera. E non “patriottica”, giacchè si riferisce a una realtà
sottostante che invece è e si vorrebbe tranquilla, marginale anche, specie
nelle Grandi Questioni. Nel vasto mondo, come già nell’Europa franco-tedesca –
accettato come tale.
Un linguaggio di potenza che
convive con (si nutre di) l’esatto opposto, dell’Italia povera e proletaria, di
cui tutti abusano. Un misto di vittimismo e vanagloria, dal parmigiano alla
pizza e alla “dieta mediterranea”.
Il made in Italy, l’orgoglio,
la bandiera, la preminenza, non è invenzione della destra. La dottrina dei
primati è tanto becera quanto insidiosa. Ma non facilmente imputabile – in
Italia nasce col Risorgimento (ma era lo spirito del tempo). E non
trascurabile, nemmeno agevolmente individuabile, prima che imputabile, tanto è
incarnata.
Verità – “Si possono accertare i falsi ma non si
può accertare la verità: la verità è evidente” - Gerardo D’Ambrosio, Sostituto
Procuratore a Milano, 1969.
Woke –
Il “risveglio” è già passato di moda, come la Critical Theory, e la Cancel
Culture. Una moda, dunque. Ma con danni considerevoli. Sulla polarizzazione
della società americana, e per conseguenza “occidentale” (europea), divisiva in termini politici. E per l’effetto boomerang inevitabile.
“Il
Sole 24 Ore”, giornale degli affari, ne può fare un bilancio positivo in
termini aziendali: quelle che si sono posizionate woke (green, rosa, #blacklivesmatter) ne beneficiano. La
civiltà dei diritti, allora, finisce per accrescere il gerarchismo, nemmeno
dissimulato, e le disuguaglianze. Niente di diverso dall’ormai cinquantennale
neo-capitalismo, il capitale dal volto buono, anzi del “bello-e-buono” autoproclamato,
su pochi e agevoli presupposti: più merci, più consumi, più felicità. Mentre le
disuguaglianze crescono a vista d’occhio, tra i felici forse più numerosi ma
sempre più ricchi, e masse sempre sterminate sempre meno felici – senza più
prospettiva o quasi. Una deriva in affari visibile, quasi prensile. Esempi
minimi: le retribuzonini mostruose che i manager si attribuiscono, i decili più
ricco e meno ricco della statistiche americane del reddito, i tassi di povertà al
raddoppio ogni venti anni.
Woke è una
strategia, una delle tante, per migliorare la redditività se non la produttività, a vantaggio
degli azionisti, del capitale. Potendosi disinteressare, grazie al
distintivo woke, di altri stakeholder,
quali i lavoratori, il reddito dei lavoratori-consumatori, l’impatto della
produzione (p.es. quella automobilistica, sia pure elettrica) nel territorio,
nella comunità, nella società, nell’ambiente. Un affinamento del neocapitalismo,
seduttivo invece che corrosivo, ma sempre
acquisitivo. Con buona coscienza (innovazione, transizione green, risparmio del
territorio, salute, quote
rosa).
zeulig@antiit.eu
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