mercoledì 21 febbraio 2024

Secondi pensieri - 526

zeulig


Amore – Se ne parla molto, specie nelle encicliche. Dell’amore sessuale. Silvia Ronchey ne può fare una sintesi in carattere sul settimanale “Robinson”. Fin dagli inizi della riflessione: “Se secondo Platone l’amore è ciò che determina tutte le azioni e le aspirazioni degli esseri umani”, da sempre, “dagli inizi della riflessione greca sull’origine del mondo”, l’amore “si identifica con l’energia cosmica”. Nei presocratici. In Empedocle. Esso emerge dalla materia indistinta come forza irresistibile,  “un uovo pieno di vento”, da cui si genera “amore dalle ali d’oro splendenti” (Esiodo). Indistintamente sacro e profano, quello di Dante (“l’amor che move il sole e l’altre stelle”), o della bella Sulamita nel “Cantico dei cantici” – “forte come la morte è l’amore,\ duro come l’Ade il desiderio”.
Se ne parla molto perché se ne sente la mancaza, checché esso sia? Proust, per dire, che non ne sente la mancanza, non lo concepisce che come gelosia – possesso di qualcosa-qualcuno che non interessa, e un po’anche dispiace, la Odette di Swann, l’Albertine di mille lunghe pagine.
 
È di Socrate non nel senso di “socratico”. In quello del Socrate di Platone, del “Simposio” – che sostiene “di non conoscere nient’altro se non ciò che riguarda l’amore”. Lo stesso chesa di non sapere.
 
Depressione – Si vuole sindrome maschile: gli uomini che affrontano un trattamento antidepressivo sono il doppio rispetto alle donne.
Più accentuato il divario tra i suicidi: quelli maschili sono tre su quattro, il 75 per cento. Il tema delle sensibilità dovrebbe tenerne conto. Anche della dialettica, e prassi, maschio\femmina: c’è un maschilismo da costruire.
 
Differenza - Molto pensiero vi si alimenta trascurando la sua intrinseca ambiguità. Differenza insorge dapprima e nel linguaggio comune come notazione, di addizione e sottrazione, di più e di meno. Meglio si direbbe la diversità. Anche totale (radical), quale può essere fra un soggetto animato o sensibile e uno inanimato.
 
Famiglia – È lontana da Lévi-Strauss, che pure non è di secoli fa ma solo di cinquant’anni fa (“Razza e storia ”): “L’unione più o meno durevole, socialmente approvata, di un uomo, una donna e i loro figli, è un fenomeno universale, presente in ogni e qualunque tipo di società”. Donata Francescato calcola oggi (“Destra e sinistra”, a cura di Domenico De Masi): “Abbiamo (in Italia, n.d.r.) 8,5 milioni di persone… che vivono da sole”. Sono “il trentatré per cento degli adulti, cioè il gruppo più numeroso in Italia”. La “famiglia” più diffusa, perlomeno in Italia, sarebbe dunque quella “single”. Non basta: “Un altro trentadue per cento è composto da un genitore e un figlio”. La famiglia, con vari componenti, è quindi solo un terzo del totale della popolazione “adulta”.
Le cifre di Francescato cozzano contro il senso comune. Ma è indubbio che molto sta cambiando. Molti uomini “in età adulta” si vedono che passano la gironata portando a spasso cani e cagnetti, dopo il figlioletto al nido o alla scuola. C’è un problema di ridefinizione dei ruoli maschili, fuori dagli schemi femministi che s’impongono da alcuni decenni, e dell’uomo sulla difensiva, che espia colpe che non ha commesso, senza più un modi di essere, affermativo. E si è perso certamente il ruolo della madre, che costituiva il perno dela famiglia di Lévi-Strauss.
Una perdita che passa per la cucina: non si fa più cucina in casa, non continuative, non vera cucina. Non c’è più il rito del pranzo in comune, occasione e foro di conversazione-coabitazione – Stanley Tucci in “Ci vuole gusto” ne dà probabilmente testimonaiza a futura memoria, di una madre che lavora (edita, traduce, scrive) e non fa mancare un pasto ai figli.
 
Imperfetto – L’inglese non ce l’ha, e questo, spiega Eco ai suoi ascoltatori americani di Harvard, delle Norton Lectures, rende difficili le traduzioni. In realtà impoverisce la lingua – Eco non lo dice ma lo spiega: “L’imperfetto è un tempo molto interessante,  perché è durativo e iterativo. In quanto durativo ci dice che qualcosa stava accadendo nel passato, ma non in un momento preciso, e non si sa quando l’azione sia iniziata e quando finisca. In quanto iterativo ci autorizza a pensare che quella azione si sia ripetuta molte volte. Ma non è mai certo quando sia iterativo, quando sia durativo, e quando sia entrambe le cose”.
È il tempo della storia, indefinito. 
 
Politica  È un’arte. Nel senso di un mestiere, di una professione (Machiavelli). E nel senso  artistico, del bello artistico (Majakovski, “Novecento”, Goebbels).
 
Straniero - Non c’è lo straniero, arguisce Tomaso Montanari per smontare l’idea e prassi di nazione, citando Eduardo Galeano: “Il tuo dio è ebreo, la tua musica è nera, la tua macchina è giapponese, la tua pizza è italiana, il tuo gas è algerino, il tuo caffè brasiliano, la tua democrazia è greca, i tuoi numeri sono arabi, le tue lettere sono latine, io sono il tuo vicino e tu mi chiami straniero?”. Eppure c’è. Quello di Camus è uno estraneo a se stesso – un dissociato. Ma non è qualificante: c’è di fatto, in massa. Nel mondo arabo, o le tribù africane, per stare ai nostri vicini – per non dire delle tribù germaniche, dalle Alpi al polo Nord, superbe per ogni verso, o del leghismo. Simon Weil non è più citata, ma soprattuto per “L’enracinement”: questo però non vuole dire che il radicamento non esista, solo che è rifiutato. Perché gli Stati Uiti sarebbero il Sudafrica – ci sono bianchi e neri in entrambi i paesi? E la Fracia “repubblicana”, il paese europeo che più a lungo e con più consistenza è stato il più mescolato, da metà Ottoceno per un secolo e mezzo? Prima della Gran Bretagna di oggi, saldamente inglese, nemmeno tanto “britannica”, fino alla Brexit, per quanto stupida si voglia – governata da inglesi asiatici ma pur sempre inglesi.  Si loda peraltro la Costituzione, che è una carta d’identità.
Si nega la diversità per il timore che degeneri in  razzismo? Ma si fa torto anche all’altro, che non si accetta per quello che è ma perché, e se, è come noi.
 
Suicidio – È maschile second le statistiche, molto più che femminile. In Germania, secondo l’Uffico federale di statistica, nel 2021 novemila e qualcosa persone si sono tolte la vita, 254 al giorno, e per tre quarti erano maschi. In Italia, si legge sul sito Istat, “nel 2016 (ultimo anno per il quale i dati sono attualmente disponibili) si sono tolte la vita 3780 persone. Il 78,8 per cento dei morti per suicidio sono uomini”, quattro su cinque: “Il tasso (grezzo) di mortalità per suicidio per gli uomini è stato pari a 11,8 per 100.000 abitanti mentre per le donne è stato di 3,0 per 100.000”. 
 
Il suicidio è maschile per una condizone fisiologica? Per una condizione storica più probabilmente, che induce all’abbandono della speranza per via dell’impegno che è richiesto a vivere - farsi valere, imporsi, in qualche modo: all’uomo è richiesto di combattere. Nel vasto mondo, e anche in famiglia.  
 
Storia – È imperfetta. Del tempo “imperfetto”, il tempo grammaticale, che fa riferimento a tempi e modi delle azioni e gli accadimenti indeterminati. Anche in un arco di tempo e una serie di eventi definiti.
 
Viaggio – Freud lo assimila al vagabondaggio, E in entrambe le forme li dice un errare mortuario,  ma sessuomane – di sessualità inesausta.

zeulig@antiit.eu

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