Sostituzione etnica impossibile, causa burocrazia
L’assunzione di un “cervello”
straniero, in un centro di ricerca, in un’azienda, richiede un anno almeno di
lavoro burocratico. Se il centro, o l’imprenditore, ha le chiavi giuste per
fare marciare la pratica. In Germania, che i “cervelli” stranieri anche per
questo preferiscono, la procedura è più breve, ma prende comunque sei mesi, per
pratiche (“Die Zeit”) “di una complesità senza pari”.
Per Eurostat, più di tre quarti
delle imprese europee fatica a trovare le competenze di cui ha bisogno. Unioncamere
rileva che la percentuale di assunzioni “di difficile reperimento” è stata del 49
per cento a dicembre, di una su due assunzioni da fare. Ed era del 33 percento
a fine 2020, una su tre, e del 22 per cento nel 2017, una su quattro. Un
deficit generato, per tre quarti, dalla “mancanza di candidati” – solo un’assunzione
mancata su quattro è imputata all “preparazione inadeguata””, cioè alla scarsa formazione:
per gran parte delle posizioni mancano fisicamente i candidati.
Da cinquant’anni l’Italia è
diventato un paese di forte immigrazione, in analogia con quanto avveniva da
tempo per i vecchi soci fondatori della Unione Europea, Benelux, Francia,
Germania. Ma non si è occupata di organizzarsi. Un’analisi redatta dalle
associazioni che hanno promosso la campagna “Ero straniero” documenta che nel
2022, a fronte di 209 mila domande, per i 69.700 ingressi previsti dalle
“quote”, i nullaosta concessi sono stati 55 mila. E non perché le domande non
avessero i requisiti necessari, ma perché non sono state “processate”.
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