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La pace è difficile
Un Aristofane pensieroso più che ilare, preoccupato nel 421 a.C., quando
presentò la commedia, dalla guerra senza fine tra Atene e Sparta. Dall’assurdità
della guerra, quando non è un atto di difesa: uomini si armano di tutto punto e
vanno a uccidere altri uomini, che nemmeno conoscono, o a farsi uccidere, e non
sanno perché. Non rinuncia alle battute, ai feroci repartees, ma in un
quadro malinconico. Tanto più che gli dei hanno abbandonato l’Olimpo, e gli
umani non sanno a chi rivolgersi. Tra una Pace muta e una Guerra fiammeggiante.
Con una novità, un’anticipazione del sociale. Trigeo, l’uomo della strada
che ha deciso di porre fine alla guerra, cerca inizialmente l’aiuto degli dei. Ma
nell’Olimpo trova solo gli sberleffi di Ermes. La guerra gli si presenta allora
qual è, una follia umana. Finirà, tra alterne vicende, per indirizzarsi alle persone,
ai greci, a tutti i greci, perché si uniscano a porre fine all’eccidio. Fra tutti
i greci saranno i più poveri e sguarniti, i contadini, a recepire il suo messaggio.
La pace è in terra – e per questo è difficile?
Non una novità- Anche in tempi recenti, nei settanta-ottant’anni, tre generazioni,
in cui l’Europa per la prima volta non si è fatta la guerra. Non una novità
anche sulla scena. Vincenzo Zingaro riprende il suo adattamento di trent’anni
fa, con la Compagnia Castalia, che anima un Centro Stabile del Classico. Con Rocco
Militano, oggi come allora, ex di Peter
Brook, Grotowsky, Julian Beck, Eugenio Barba, e le Irene Catroppa, la Pace,
Laura De Angelis, la Guerra.
Con le maschere dello studio di Carboni, cui faceva capo Fellini per i trucchi
e gli effetti speciali.
Aristofane, La pace, Teatro Arcobaleno Roma,
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