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La pax americana a rischio indecisi (indipendenti)
Con due ottantenni in gara, entrambi con
problemi, la prossima presidenza americana sarà una delle più imprevedibili. In
politica interna, sull’immgrazione e sullo stato della giustizia, e di più in
politica estera – è a rischio la pax americana, il governo morbido che
gli Stati Uniti esercitano sul mondo, con la finanza, gli scambi, e le presenze
militari e le azioni belliche diffuse in tutto il globo, ora nei confronti della
Cina, della Russia, e dell’islam. A meno di un colpo di scena, che porti uno
dei due in carcere, o lo dichiari ineleggibile – ipotesi da non escludere: la
politica a Washington sempre più somiglia a quella dell’antica Roma, e non solo
per i campidogli nei quali si recita.
C’è una disaffezione marcata del voto
popolare. L’identificazione degli elettori nell’uno o l’altro dei due grandi partiti,
il Democratico e il Repubblicano. A un sondaggio Gallup il 43 per ento degli
elettori si è definito “uncommitted”, indipendente. Erano il 18 per cento nel
1950, e il 30 per cento nel 2000. Si è quasi dimezzato il voto dichiaratamente
democratico: al 27 per cento, dal 45 per cento del 1950 (il 33 per cento nel
2000). L’identificazione col partito Repubblicano è scesa dal 31 al 27 per cento
(era al 28 per cento nel 2000).
Il voto non schierato, dunque, conterà molto
nell’elezione del nuovo presidente. Ma la campagna sarà agguerrita, perché
molti soldi vi saranno spesi di un nuovo tipo di organizzazione, i Pac,
Poltical Action Comimittee, che possono raccogliere e spendere liberamente
fondi, accanto alla campagna elettorale ufficiale, per l’uno o l’altro dei candidati
o anche contro – ma senza farli confluire nella capacità di spesa delle campagne
ufficiali, solo raccordandosi con esse. C’è un FF Pac (Future Forward Usa Pac) pro
Biden, e un MA GA (Make America Great Again) pro Trump, un Teamsters Pac
(sindacati) pro Biden, e un National Rifle Association Pac pro Trump. Circa
duemila di questi Super Pac hanno riportato sottoscrizioni per oltre un miliardo
di dollari a fine febbraio.
Ma, alla fine, si sa che il presidente
sarà scelto da cinque Stati, non grandi, 45 milioni di abitanti in tutto (sui
430 totali, un dieci per cento), né influenti economicamente, ma swinging,
nei quali cioè il voto cambia a ogni elezione, determinando il “voto elettorale”
dello Stato, da aggiungere (con peso diverso) al voto popolare: nel 2016 hanno
eletto Trump su H. Clinton, con propensione netta, nel 2020 Biden su Trump. Sono
Pennsylvania, tredici milioni di abitanti, Georgia, undici, Michigan, dieci,
Arizona, sette, e Wisconsin, sei. Gli “indipendenti” tra i votanti, cioè non iscritti
ai partiti, sono in Pennsylvania attorno al 20 per cento, in Georgia, Michigan
e Wisconsin attorno al 30, e in Arizona al 40.
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