lunedì 18 marzo 2024

L'elogio della femminilità

Sorprese , cose viste, emozioni della scrittrice, russa emigrata, quarantenne, “somigliante a Katherine Hepburn”, vedova dello scrittore Chodasevič, sposa dal 1936 di un V.N.M., a Parigi durante la Guerra e fino a qualche anno dopo. Tra il 1939 e il 1950. A Longchêne, a due ore da Parigi. Con due pause in Svezia. Anni ridotti “allo stendhaliano lectutre et agriculture” – l’unico piacere possible sotto la Restaurazione, “dopo la caduta d Napoleone”.
Il quaderno si apre col patto Stalin-Hitler. Una conferma per gli emigrati di stare dalla parte giusta, e l’inizio di nuove disgrazie. Prima a opera dei francesi, poi dei tedeschi occupanti, quando la Germania invade l’Unione Sovietica – i russi emigrati vengono censiti, molti reclusi in campi di concentramento, altri arruolati come forza lavoro, in quanto anti-comunisti.
Il diario registra la vita degli emigrati russi nella guerra, le cene tra amici, le serate di poesia, feste e balli, e anche la miseria, dei tanti finiti male per malattia, alcol, miseria. Con commedie e sceneggiate. Per lo più per promuovere raccolte fondi per i letterati poveri, “per attrarre le persone facoltose (soprattutto ebrei generosi e di buon cuore, gli emigrati russi non si interessavano alla letteratura o erano troppo poveri)”.
Ricordi di un mondo com’era. Di Blok, che Berberova studia, Belyi, Gor’kij, che l’ha ospitata a Sorrento nel 1925, Tolstoj, Strindberg. E di Nabokov (da lei stimato – sarà la prima e massima filologa del fenomeno “Lolita” – ma non popolare tra gli emigrati), il Nobel Bunin, Chodasevič, Merežkowskij, Zajcev, Remizov, Rozanov, di passaggio Erenburg, “funzionario sovietico” . Con una peculiare attenzione alla massoneria, alle due massonerie: di destra. Grande Loge, e di sinistra, Grand Orient, intercambiabili, divisioni cioè bonarie, ma non senza rilevare che “la massoneria politica ebbe un ruolo fondamentale” nell’avvio della rivoluzione russa, nel 1917 (e sottolineare: “Non fecero mai parte della massoneria le seguenti persone: Chodasevič,  Merežkowski, Bunin, Remizov, Zajcev, Muratov”).  
Particolari le annotazioni sulla guerra: i bombardamenti, prima tedeschi, subito poi alleati, le notti nei rifugi, gli sfollati. “Quanto più rimbomba l’artiglieria, tanto più cantano gli usignoli, ogni notte…. (nel rifugio) i bambini tremano…le fragole sono mature e tutte nere…”. O le donne e la guerra - questione sempre omessa: che fare? “Tricotez”, consiglia Colette, fate la calza.
Con poco di se stessa, ma impregnante. In Svezia, ospite di due gentildonne nella loro villetta estiva, dalle notti bianche, riesce una notte, sola ai remi, a vincere la fobia dell’acqua che la perseguita da una vita. A Natale del 1941 i bambini di un tagliaboschi spagnolo, un dei profughi della guerra civile che la Francia aveva internati, vanno a casa di Nina e il marito per cantare le canzoncine, due ragazzi e due bambine, Anita di tre anni e Ramona di sei, con tromba e tamburino, “tutti con vestiti puliti e in ordine”, e un groppo di lacrime le sale agli occhi: regala a Ramona un nastro e glielo annoda sulle trecce a coroncina – “era come se in lei convergessero tutta la compassione, la tristezza e la bellezza de mondo”. Conosceva Ramona: “Un mese fa l’incontro con la piccola mi ha liberato – grazie all’ammirazione, alla compassione, alla rassegnazione – da uno dei miei stati d’animo più opprimenti, dalla sensazione di aridità e di gelo”. In poche righe, con discrezione, il cruccio di una vita, la mancata maternità – Ramona, incontrata per caso dal lattaio un mese prima, coi suoi stracci, coi “suoi occhi mansueti”, aveva scatenato una tempesta, “era comparsa per risvegliarmi, per capovolgere le morte stratificazioni dentro di me, per togliere via dall’anima il sangue e la muffa”.
Tardi, nel 1949, brusco il congedo dal marito, l’enigmatico V.N.M.: “L’uomo con cui continuo a vivere (smetto di vivere):\ non è allegro,\ non è buono,\ non è tenero.\ Non riesce a combinare nulla. Ha dimenticato tutto quello che sapeva fare. Non ama nessuno e anche gli altri smettono a poco a poco di amare lui”. Ma con un elogio della femminilità che la fa tanto più grande oggi, nel deserto del viragismo – “se un giorno scriverò di me, dovrò dire di non avere mai sofferto del fatto di essere nata donna”, etc. etc..
Un estratto dalle più ampie memorie, (“Il corsivo è mio”), con un “regesto dei nomi più rilevanti.
Nina Berberova, Il quaderno nero
, Adelphi, pp.175 € 12

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