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Dante – L’“Inferno” Flaiano vedeva come una massa
di italiani che rompono i coglioni agli altri italiani”.
Era reazionario,
non conservatore, sostiene Marcello Veneziani, “visto da destra”, nel dibattito
pubblico su “destra” e “sinistra” in politica tenuto alla “Scuola Fo di Cittadinanza”
un anno fa (ora in “Destra e Sinistra”, a cura di Domenico De Masi): “Dante non
era conservatore, era reazionario, perché Dante sognava il Sacro Romano Impero”.
E ancora: “Dante sognava la grande tradizione, era a disagio nel suo tempo e
immaginava nostalgicamente un ritorno ai padri. La sua stessa passione per la lingua
italiana, di cui appunto è diventato innovatore e fondatore, è correlata al suo
legame fortissimo con il mondo classico e latino”.
Veneziani
interviene sulla critica che De Masi aveva mosso al ministro della Cultura Sangiuliano,
che Dante voleva il primo conservatore: “Proprio lui che rifiutò il latino e
impose la lingua nuova”. Veneziani continua obiettando: “Per lui la lingua latina
è la lingua dei padri, il volgare è la lingua delle madri, e quindi sono
entrambe importanti”, la tradizione e l’innovazione.
Inghilterra - Il plenipotenziario
Majskij ha insignito il re d’Inghilterra dell’ordine di Lenin” – N. Berberova,
“Il quaderno nero”, marzo 1942.
Machiavelli – “Uno sconfitto”, lo dice Giacomo
Marramao in “Destra e Sinistra”, la serie di conferenze tenutesi al cinema
Farnese di Roma tra febbraio e marzo del 2023. E “Il Principe” “un messaggio in
bottiglia”, da naufrago: quando ha scritto “Il Principe” Machiavelli “non
contava più nulla, non era più il segretario di Stato, il ministro degli Esteri
della Repubblica fiorentina, ed era costretto a vivere in esilio”.
Massoni – Sono, erano a
Parigi negli anni della guerra, di destra, la Grande Loge, e di sinistra, il
Grand Orient.
Mosca – “È difficile
trovare un’altra capitale come Mosca”, viene detto da Famusov, un personaggio
della commedia di Griboedov, “Che disgrazia l’ingegno”, 1823, in tono di apprezzamento.
Bulgakov riprende la notazione un secolo dopo, in tono semiserio, in “Mosca, la
captale nel blocknotes”, annegata nell’inflazione, monetaria e di nepman,
arricchiti della Nuova Politica Economica, di mercato, appena aperta.
Politica - Una scienza - la scienza di una pratica
– nata anche questa nella disgrazia, nel disagio. Il termine nasce con
Aristotele, col trattato omonimo, argomenta sempre Marramao, scritto da
Aristotele “quando era precettore di Alessandro Magno: in un momento in cui
ormai la Grecia era sottoposta al dominio macedone e il miracolo della polis ateniese solo un ricordo del
passato, destinato ad essere sostituito dal sogno imperiale e dalla koiné ellenistica dell’impero
alessandrino”.
Pound – “Lavorare meno, lavorare tutti”, la key-note
del suo “ABC dell’economia”, 1933, è di Keynes, 1932: “lavoreremo meno per
lavorare tutti”?
Rinascimento russo – a
Ottobre del 1939, da Longchêne vicino Parigi, dove abitava esule da quindi
anni, Nina Berberova, dopo avere registrato con disappunto due mesi prima
l’alleanza Molotov-Ribbentrop, fa questa riflessione: “Il Rinascimento russo di
fine Ottocento-inizio Novecento si distingue dai «soliti Rinascimenti» per la
consapevolezza che aveva di essere condannato. Fu un Rinascimento che presagiva
la sua stessa morte. Resurrezione e morte. Inizio e fine, nello stesso arco di
tempo, della storia della cultura russa. Un singolare fenomeno russo”.
Russia – “I russi
piangono molto”, Nina Berberova, “Quaderno nero”, marzo 1942, dopo il
bombardamento alleato di Billancourt (Parigi) – “perlomeno assi più dei
francesi, che non piangono mai”.
“Com’è possibile non impiccarsi”, ancora N.Berberova a febbraio del 1942,
all’arrivo a Parigi della notizia che la
poetessa Cvetaeva si è impiccata a Moscal’11 agosto, “se l’amata Germania bombarda
l’amata Mosca, se i vecchi amici hanno paura d’incontrarsi, e non c’è niente da
mangiare?”
La Russia si è modernizzata (europeizzata) guardando alla Germania e con i
suoi principi e generali – e un po’ all’Italia.
La Russia la letteratura “sottomette alla politica”, nota Berberova nel
“Quaderno nero”, a proposito di una censura imposta alla prima pubblicazione de
“Il dono” di Nabokov nel 1937 su “Sovremennye Zapinski”, “memorie contemporanee”,
la rivista russa degli emigrati che si pubblicò a Parigi dal 1920 al 1937: i
socialisti-rivoluzionari che editavano la rivista omisero il quarto capitolo,
la biografia di Černyševskj, considerato un’icona inavvicinabile. Berebrova ricorda
la censura nel ritratto di Vladimir Zenzinov, il socialista-rivoluzionario che
pretese la censura. E commenta: il “potere delle tenebre” che allignava anche
nell’emigrazione “continuava una vecchia tradizione russa”.
Stato – Il termine è invenzione di Machiavelli, può
dire risoluto Marramao (“Destra e sinistra”, p. 123), citando in appoggio l’incipit
del “Principe”. “Tutti li stati, tutti e’ domini che hanno avuto et hanno
imperio sopra li uomini, sono stati e sono o repubbliche o principati”. Aggiungendo:
“È la prima volta che si usa il lemma Stato, che più di un secolo dopo Thomas
Hobbes, nel ‘Leviatano’, riprenderà affermando l’equivalenza tra i termini State,
Civitas e Commonwealth”.
Strindberg – Pubblicò
“L’apologia di un pazzo” dopo l’impegno della moglie (la terza, Harriet Bośse)
di non leggerla. E la moglie non la lesse, malgrado lo scandalo che la pubblicazione
aveva creato – pur vivendo ancora quasi settant’anni (fino al 1961).
L’“Apologia”, 1893, porrebbe essere per i temi, se non per la scrittura, di un
secolo dopo, fine Novecento: un uomo sopraffatto economicamente, socialmente e sessualmente
dalla dona.
Tolstoj – Ossessionato
dal sesso. Così lo dice N. Berberova in una due riletture sorprendenti che ne nel
“Quaderno nero”, pp.39-40): “Ho riletto ‘Il Diavolo’. Oggi ci appare chiaro che
Tolstoj era ossessionato dal sesso. Vedeva il sesso nella musica, nelle cosce
robuste delle contadine, in un bel vestito, nella Venere di Milo”, Anche “Padre
Sergio” si può aggiungere, racconto dell’ultimo Tolstoj - che non lo pubblicò
ma non lo distrusse: una sorta di autocoscienza.
L’altra notazione è, malgrado il tanto impegno sociale, di una sorta di
misantropia: “Ho riletto ‘Guerra e pace’. L’ho sempre pensato e ora sono convinta
che questo libro non ha eguali quanto a obiettivi realizzati. Ecco alcune osservazioni:
l’umanità del romanzo è paragonata:1) alle formiche, 2) alle api e, 3) alle formiche.
Si tratta forse di una svista? Oppure è il risultato di un disprezzo inconscio
di Tolstoj per l’umanità?”
letterautore@antiit.eu
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