L’informazione non è ricatto
Nel
mezzo dello scandalo del mercato delle intercettazioni Elly Schlein in comizio
e Mattarella con i visitatori si attardano sulla libertà d’opinione.
Schlein
si può capire, per inesperienza. Ma Mattarella? È come scantonare – creare un
diversivo: si discetta di libertà d’opinione per coprire lo scandalo, il
delitto? Perché ciò di cui si discute un bambino lo capisce: è l’uso distorto
dell’informazione, per ricattare e calunniare. È lo sfruttamento della libertà a
fini di ricatto e violenza. Per carrierismo o per interesse, dietro un
malinteso giornalismo d’inchiesta.
O
c’è un difetto culturale in questo scambio. Di chi si è avvicinato alle tematiche
della libertà d’opinione marginalmente e tardivamente – non è mai stato un tema
del campo confessionale, o allora per antimodernismo.
La
libertà non è fare – dire, nel caso dell’opinione - tutto cò che si vuole contro
qualcuno. La
libertà d’opinione non è lo scandalismo – sei un farabutto, provami che non lo
sei.
Lo scandalismo è genere giornalistico
mainstream, bello-e-buono, giusto in
Italia, paese confessionale . Giusto in Italia il capo dello Stato e la capa
del maggiore partito possono confondere il malaffare con la libertà d’opinione.
Tattica politica? Può
essere. Dell’insinuazione come genere giornalistico, il “tormentone”, fu maestro
Claudio Rinaldi. Col quale si divertì ad affondare Craxi, D’Alema e altri minori,
tra essi Sofri. Tutti di sinistra. Affondando con loro anche “L’Espresso” e “Panorama”,
testate già robuste, di sano giornalismo.
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