Nel dolore la forza
Umiliato dalla violenza paterna, che lo costringe alla sedia a rotelle, ma aiutato dai cani, di cui
condivide la vita (che il padre invece sfruttava per le corse), finito
disabile in un orfanotrofio-casa di correzione, impara a leggere e vivere con
Shakespeare, grazie a una insegnante di sostegno che vive e fa vivere di
teatro, fa vita comune con i cani, dapprima in un canile protettivo dello stato di New Jersey di cui ha la gestione, poi da solo, malgrado
tutto si diverte, e diverte. E quando alla
fine decide di lasciarsi andare, regala un’iniezione di fiducia alla psichiatra
cui la Polizia aveva dato l’incarico di analizzarlo.
Nulla a che vedere col
“Dogman” italiano - il delitto del “Canaro”. Tra horror e mélo, sul filo
dell’inverosimile, Besson costruisce una serie di sequenze tutte accattivanti,
rapide e lente, repulsive e commoventi, tragiche e ridicole. Imperdibili le
serate nel locale dragqueen. O i cani
ladri di notte. Con la violenza americana, tutta benedizioni e invocazioni
divine.
Una prova mostruosa di Caleb
Landry Jones – per questo non premiato a Venezia? Se poi è lui che canta al
club dragqueen (rifà Piaf e Marlene
Dietrich), e non mima il playback,
diventa memorabile. Anche la psichiatra non è male: sfiduciata,
divorziata-con-madre-e-neonato, è Jojo T. Gibs, un’attrice comica. Cosa
condividono i due? Il dolore. Ma non lo fanno pesare.
Luc Besson, Dogman, Sky Cinema
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