Quanto erano banali i nazisti
La vita della famiglia
Höss, del carceriere capo di Auschwitz, nella villa accanto al lager,
dotata di un grande giardino, dove i figli giocano con i figli degli altri carcerieri,
e le mogli passano le giornate facendo le signore, servite a tavolino, quando
non usano la piscina, o pareggiano un rampicante. O fanno i romantici sul Soła,
che costeggiava il campo, prima della confluenza nella Vistola. In una eterna
primavera: non piove mai e non nevica, né c’è l’afa con le msche, nel terribile
clima continentale che aveva promosso la scelta di Auschwitz-Oświęcim.
In una scena Höss,
promosso capo dei carcerieri del Governatorato Generale, è in conferenza con i
suoi capi, grigi e molli come lui, per discutere l’arrivo di 700 mila ebrei
dall’Ungheria. Senza pathos – forse per sottolineare la “banalità del male”. In
un’altra riceve in ufficio una giovane – una prostituta (troppo in carne e ben
vestita per essere una prigioniera)? – e poi passa qualche minuto a ripulirsi
lo scroto.
Un onesto film da
Giorno della Memoria, ma spento. In una scena si adombra un istante una nuvola
di cenere, e poi si discute ingegneristicamente come va migliorato il forno crematorio.
Ma la specificità dell’Olocausto non è il forno crematorio, quello è una misura
d’igiene, è come ci si arriva.
Niente a che vedere
col romanzo di Martin Amis da cui si vuole tratto, che è tutt’altra storia, e
comunque vive di un linguaggio brioso. La simulazione placida è stupidità. I
tedeschi erano stupidi? Qui sono massicci e pallidi, come malati, specie le donne.
E parlano poco, non sapendo che dire, se non la loro mediocrità quotidiana. Con
due o tre serve che non parlano (saranno polacche?), solo ingombrano la scena
andando avanti e indietro, come in un vaudeville. E forniture quotidiane
di ogni ben di Dio. Perfino i ragazzi, i figli del carceriere, sono inautentici
– è difficile farli scemi?
Una produzione
abborracciata. Un minuto di schermo grigio apre e chiude il film. Che scorrerà
però anch’esso grigio e piatto – nemmeno arrabbiato. Il tempo primaverile non è
l’unica incongruenza. Le immagini, anche, sono grigie, come sfocate, riprese a
malincuore – e montate peggio. Oscar miglior film e migliore musica – inavvertita
– forse in omaggio alla Memoria.
Jonathan Glazer, La
zona d’interesse
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