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Incredulità –
Coleridge, rivolgendosi al lettore, gli chiede “la sospensione dell’incredulità”.
In letteratura lo scrittore finge una realtà, il lettore deve credergli. Al
punto che, si è detto, non c’è altra realtà che quella creata dallo
scrittore-poeta: narrare, immaginare. Fittizia ma accettata, una sorta di patto,
autore-lettore. Ma ogni lettore non crederà a suo modo – ci sono tante realtà narrative,
fittizie, quanti sono i lettori, come sappiamo? O la finzione, su cui il lettore
di Coleridge deve sospendere l’incredulità, si organizza in rapporto a una
non-finzione? Ma allora tutta la realtà è d’invenzione – e quella fisica, o
chimica, matematica, è solo convenzionale?
Credulità-incredulità
si può repertoriare (invocare, negare) in fatto di fede – religiosa, in relazione
a fenomeni intoccabili, invisibili. D i cui una forma è la fantasia, l’invenzione
letteraria. E dunque la letteratura (la scrittura, la lettura) è forma
religiosa, basandosi sula credulità (fede), di format e contenuti sovrapponibili.
Europa –
“L’Europa riparta dal mito di Enea” è proposta di Fernando Gentilini. Un’Europa
disancorata – benché ipotesi, spiega Gentilini, di T.S.Eliot,”in un discorso memorabile
alla Virgil Society di Londra” il 16 ottobre del 1944, in piena guerra: la proposta
di un patto di pace. È l’unica idea di Europa di cui si legga da qualche tempo.
Mentre a Parigi di discute delle immagini proposte per propagandare l’Olimpiade,
comprensive di facciate di chiese, senza la croce sopra.
L’idea di Europa e stato a
lungo esercizio critico – di Carlo Curcio, A.J.P. Taylor, Chabod tra i tanti.
Legata al sacro romano impero, e al cristianesimo. Hannah Arendt, sulla traccia
di Alessandro Passerin d ‘Entrèves, ci lega le istituzioni democratiche moderne,
le assemblee, l’elettività – la democrazia coniugata all’Auctoritas (poi
trasformata, per ultimo da Foucault, in violenza del potere – ma senza anarchismo…).
La commissione di Giscard d'Estaing per la costituzione europea, di cui faceva
parte Giuliano Amato, altro illustre laico, ne escludeva invece le radici cristiane
- progetto poi bocciato dalla Francia républicaine.
La Francia di Macron, altro laico, ora
cancella la croce dalle cuspidi delle chiese.
L’Europa che rinuncia alla
storia è un dei tanti aspetti della cosiddetta crisi europea, o del tramonto –
non sapere più chi si è è uno dei segni della decadenza, secondo lo storico della
decadenza Santi Mazzarino. Ma oggi il suo non è più un laicismo fine a se
stesso - anticlericale. È un laicismo prono all’islam in tutte le assise, Fifa,
Onu, Davos, Cio..... Cioè a una religione molto militante, e che, di più, vuole
i suoi precetti legge dello Stato. Potenza dei petrodollari? Confreries? Seppure laica, questa Europa
deve riscoprire le leggi Siccardi.
Storia
– La storia, si sa, è negata a Dio – anche
se un Dio, si dice, la salverà. La storia è il diavolo, insegnava il papa Ratzinger
quando era cardinale, protettore della fede. Kafka non la sopportava. È curiale. Tenta di rimediare agli eroi, i mostri, i giuramenti,
i tradimenti, le sconfitte. Ma è piatta. E indifferente. È eterna, ma per non avere cuore, e neppure
cervello. È impura. Simone Weil trova un solo caso di purezza in tutta la
storia romana, del padrone, che gli schiavi salvano dalle proscrizioni nascondendolo,
che si consegna ai persecutori quando questi infieriscono sugli schiavi che lo
hanno salvato. Nella storia greca, che ammira, non trova, “forse”, che Aristide,
Dione, l’amico di Platone, e Agis, il re socialista di Sparta, ucciso
giovinetto. Nella storia della Francia, allora occupata dai tedeschi e quindi
compassionata, si è no Giovanna d’Arco. Che ci troverebbe di puro nella storia
d’Italia, che pure è paese antico, onusto, e libero, da pregiudizi, stereotipi,
valori, grandezze? In alcuni casi la storia è più impura.
Sul diavolo Savinio è definitivo:
“Soltanto il diavolo, ossia la quintessenza del male, può pensare e ordire un
inganno così radicalmente malvagio, da rendere l’umanità costantemente e
irrimediabilmente infelice facendola camminare verso ciò che non esiste e
allontanandola di altrettanto da ciò che esiste”. Oppure: “Credere che
avanziamo quando il nostro illusorio avanzare è in realtà un «fabbricare
passato»... Gli uomini, se non fossero stati ingannati dal diavolo, porterebbero
ancora la loro bella faccia voltata dalla parte delle spalle”. Lo fa dire al
signor Munster, “che era molto intelligente, e come tale di carattere sempre
più adolescentesco, più curioso del non avvenuto che rimpiantoso
dell’avvenuto”.
Se Freud avesse analizzato la storia
avrebbe detto che l’umanità non ha smesso l’abito dell’orda. È come per l’io, che senza emozioni e
rimozioni sarebbe una canna secca, seccata anzitempo, prima d’inverdire - siamo
zingari, quelli di Bachofen, ordinati e ribelli. Ma il sapere storico è
antitetico al sapere intellettuale, insegna Novalis: là s’impara, qui si
disimpara. Benché i due saperi siano connessi: “Poiché si comincia imparando,
ne consegue debolezza d’intelletto e eccesso di fantasia”. E “di che è fatta la
storia se non di me?”, scoprì Michelet dopo aver studiato e con perizia rappresentato
l’insetto, l’uccello, il mare, i monti, la strega, la donna, il prete, un
impegno appena alleviato dalle sveltine ancillari – giustificate col dire: “La
cosa ha dei vantaggi per un uomo laborioso”.
Il
presente come storia è saggio di ricerca marxista di Paul Sweezy. Che fa capire
alcune cose. Lo storico è un profeta che guarda
all’indietro, succede ai dannati di Dante, a Heine e a Friedrich Schlegel oltre
che al signor Munster, e all’angelo di Benjamin e Klee: predice ciò che è accaduto.
Anche
il futuro non c’è, senza oggi non c’è domani, e i posteri non esistono: erano,
e sono, una consolazione. Il tempo è un presente assoluto, in cui passato e
futuro si fondono. Nel presente è l’immortalità. Compresa la
storia se vuol’essere immortale. Compreso il futuro, che dunque esiste. O è viceversa:
solo il futuro esiste, il presente non fa in tempo a vederlo, organizzarlo, se
non in quanto prepara il momento dopo, il futuro.
La nostra epoca permanente è storica, Spengler non poteva sbagliarsi.
Ma dopo? E prima? E cos’è prima e cos’è dopo? Era la storia per il professore
al liceo una questione di date: quando nacque e quando morì Machiavelli,
incalzando, alla risposta muta, con un quando nacque e morì Guicciardini. Se
non era la terza guerra\di successione\al trono\di Polonia: la veneranda
“testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria” di Cicerone
ridotta a una questione ordinale. Thomas Henry Huxley, che gli uomini voleva
automi, aveva un ottimo argomento nella man-cata evoluzione della mente-storia,
se è sempre al punto zero. E dunque la storia non esiste, si può dire anche
questo. La storia è ma può non esi-stere. Milioni
di persone lavorano oggi al computer,
col sistema binario di calcolo che Leibniz derivò da I Ching. Ma chi ricorda
Leibniz? E I Ching sono un oracolo.
Oggetto della storia è l’uomo - l’uomo e la donna. L’uomo nel
tempo, la memoria quindi. La
storia è autopsia, diceva Procopio. E Manzoni, che concorda: la Provvidenza
arriva sempre alla fine. Anche se si può ricominciare. Forse uno dei grandi
errori, dei peccati del secolo, è l’importanza che si dà alla storia, troppi lo
dicono.
zeulgi@antiit.eu
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