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Cronache dell’altro mondo – socio-elettorali (269)
Ricchi e bianche sono
stati lo zoccolo duro dei Repubblicani nelle elezioni presidenziali del
Millennio. Tradizionalmente il partito Repubblicano è reputato espressione dei
lavoratori bianchi, in prevalenza amschi – i bianchi poveri, o lavoratori senza
titolo di studio. Gli exit poll delke ultime cinque elezioni dicono il contrario.
Salvo in un caso, nel 2016, quando i ricchi non votarono Trump – non prevalentemente.
Hanno votato per
il candidato repubblicano le donne bianche per il 55 per cento nel 2004, il 53
per cento nel 2008, il 56 nel 2012, il 53 nel 2016, il 55 nel 2020. Il “gender
gap” che si registra nel voto femminile a favore costantemente del candidato
democratico è dovuto alle afroamericane - in ragione, si suppone, della loro forte
dipendenza dal welfare: hanno votato per Biden nel 2020 il 90 per vento delle donne
nere, e solo il 9 per cento per Trump.
Significativo il
voto nel 2016, quando contro Trump si candidò Hillary Clinton. Contro ogni
attesa, il 53 per cento delle donne bianche votò per Trump.
Dove il voto femminile
“bianco” è più per i Democratici che per i Repubblicani è fra le laureate
(eccetto che nel Texas). Un peso tale da spostare verso i Democratici il totale
del voto dei laureati, seppure di poco – i laureati bianchi maschi propendono
di più verso i Repubblicani, anche nel contestato voto del 2020.
La prevalenza
repubblicana nel voto dei percettori di reddito oltre i 100 mila dollari non ne
fa però il partito dei ricchi. Rientra in questa categoria anche la piccola
borghesia imprenditoriale - il lavoratore autonomo, l’artigiano con laboratorio
– e una diffusa “aristocrazia operaia”, in aggiunta a manager, professionisti,
accademici. Hanno sempre votato nel Millennio per il candidato repubblicano,
eccetto che nel 2016, alla prima volta di Trump – un 5-6 per vento del loro voto
andò disperso fra i candidati indipendenti.
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