Il mondo torna piramidale, o fine del multilateralismo
L’accerchiamento
della Russia (prima che Mosca capovolgesse la manovra assediando l’Ucraina - ci
provasse) è la fine del multilateralismo. Della dottrina americana degli ultimi
cinquant’anni, dal tempo di Kissinger, che ne è stato sempre il teorico e il
primo applicatore, e più dopo il crollo del sovietismo. Della diplomazia invece della guerra. E di un
ordine mondiale garantito dagli interessi convergenti di potenze localizzate.
Tra queste un polo europeo - seppure sempre all’interno della Nato,
dell’alleanza atlantica.
Il ritorno
bellicoso degli Stati Uniti - di Bush jr., e poi di Biden più che di Obama - in
Afghanistan, Iraq, Siria, Libia in questi primi anni 2000 si poteva assumere un
argine al terrorismo islamico. L’allargamento della Nato fin sotto Mosca e San
Pietroburgo è un abbandono del multilateralismo. Anche a rischio di alienare la
Russia, a fianco della Cina – che è l’antagonista “storico” (del momento) della
strategia americana. La triarchia potrebbe diventare una diarchia, Usa contro
Cina e Russia – benché un asse Russia-Cina sia improbabile, per la storia, per
la politica, e anche per l’economia.
Il crollo dell’Urss aveva lasciato gli Usa
unica grande potenza. La globalizzazione ha fatto emergere la Cina. L’allargamento
della Nato ha costretto la Russia a darsi un assetto e un’economia di guerra.
Una forma ristretta di multilateralismo, se si vuole, che non è più però quello
di Kissinger, una forma non costosa e non violenta di controllare l’assetto del
mondo – del multilateralismo come assetto armonioso della pax americana sola al
mondo.
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