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La prima volta di tutte
Nel repertorio della sua
vita personale, di isolamento, amori, abbandoni, gioie e fatiche di vivere,
attraverso cui sa far rivivere gli anni, le epoche, questo tardo progetto
narrativo, Ernaux racconta in avvio, per molti anni annotato ma non scritto, la
riporta ai 18 anni, all’estate del 1958. C’è la guerra d’Algeria, De Gaulle
torna al potere, Pelé è campione del mondo, Charly Gaul del Tour, Dalida canta
“Mon Histoire c’est l’histoire d’un amour”. La neo maestra ha un incarico di
istitutrice in una colonia estiva, tre mesi di bambini e di sole, e fatalmente
l’amore. Fisico, la prima esperienza. Cui è pronta e non. Da liceale singolare
a Rouen, isolata, o forse no, ma così si ritiene, non per essere troppo brava
ma per sentirsi emarginata, socialmente.
Un racconto di bulimia e di sesso, due eccessi sfrontati, del corpo. Di
una pausa nella vita, dei mesi da diciottenne di bulimia e menorragia, “due
limiti temporali legati al cibo e al sangue, i limiti del corpo”. Anche uno
scherzo – un esercizio mentale, di testa: rovesciare la ginnastica dell’“innamoramento”,
dell’accensione emotiva-sensuale, non più di lui verso lei, l’ammaliatrice, ma
di lei verso lui, il don Giovanni tirannico, freddo, assente. Di fatto un racconto
storico, di una vergogna.
Di “una vergogna storica, di prima dello slogan «il mio corpo è mio» di
dieci anni più tardi”. Di una verginità offesa, da se prima che dagli altri. La
vera storia di Annie D.(uchesne), non ancora Ernaux: “Non costruisco un personaggio
di romanzo, decostruisco la ragazza che sono stata”.
Il racconto di una vergogna senza censure. La dipendenza da un ventenne o
poco più, “bello come Marlon Brando”, che alla colonia fa da capo, e la prima o
la seconda notte ne manipola e si fa manipolare il corpo, ogni pratica sessuale
eccetto lo sverginamento, non riuscito, senza mai neppure parlarle, e poi la
eviterà e anzi la farà considerare da tutti una puttanella, ma lei sempre adora
e spia (la verginità perderà qualche anno, racconta, con uno di cui porterà il
nome Ernaux). Di una ragazza che è come Brigitte Bardot in “la ragazza del
peccato”, 1958, steso anno fatidico. La memoria di una ragazza che solo due o
tre anni dopo leggerà De Beauvoir, e capirà.
Un racconto rinviato, ma il solo di cui la scrittrice abbia
desiderio, bisogno, in tarda età, “non luminoso, né nuovo, ancora meno felice,
ma vitale, capace di farmi vivere al di là del tempo”. Dopo aver provato a
“dimenticarla, quella ragazza: dimenticarla veramente, cioè non avere più
voglia di scrivere di lei”. Finché il ricordo non si rivela risolutore: “Che
sia sola a ricordare, come credo, m’incanta. Come di un potere sovrano. Una
superiorità definitiva su di loro, gli altri dell’estate 58, che mi è
stata tramandata dalla
vergogna dei desideri, dei miei sogni insensati per le strade di Rouen, del
sangue seccato a diciotto anni come quello di una vecchia”. E ancora: “La
grande memoria della vergogna, più minuziosa, più intrattabile di qualsiasi
altra. Questa memoria che è insomma il dono speciale della vergogna”.
Meno filante dei precedenti,
a tratti faticoso – per ripetizioni, o figure e aneddoti freddi. Come costruito,
cioè lasciando vedere l’ordito, non ha l’abbrivio naturale, spontaneo delle
altre narrazioni. Un tentativo di spiegare se a se stessa. Evocando un recente
incontro letterario a Londra, annota che nell’intervallo dei colloqui “tutti i partecipanti
si sono fiondati nei musei” e lei no. E si fa questa mora le: “Io non sono
culturale, non c’è che una cosa che conta per me, afferrare la vita, il tempo,
capire e godere”. E commenta: “È la più grande verità di questo racconto?”
L’ultima opera, 2016,
prossima agli ottant’anni, prima dei grandi premi che l’hanno consacrata
internazionalmente. Premio Yourcenar curiosamente prima del Nobel, per una
scrittura tematicamente all’opposto di Yourcenar, un viaggio attorno a se
stessa, contro il silenzio assoluto attorno a se stessa in cui Yourcenar si era
blindata. Trasfigurato nel contesto, nella storia di tutti: una storia di
storie, l’epoca vissuta nell’esperienza personale.
Annie Ernaux, Memoria
di ragazza, L’Orma, pp. 160 € 18
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