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Dostoevskij – Reazionario – anarchico
reazionario? La prova decisiva si troverebbe in Nina Berberova (“Il quaderno
nero”, o. 45), che ne mette in rilievo la diffidenza o contrarietà contro la
civiltà: “Dostoevskij scrive (nei “Ricordi del sottosuolo”) che la civiltà non
porta nulla di nuovo, complica solo le cose. La civiltà non è che una
complicazione della vita, l’esistenza a un piano si trasforma in esistenza a
più piani. Poi su questo edificio cominciano a sorgere torrette e balconcini di
ogni genere e le dépendances si riempiono di mezzanini. Questo gotico-rococò
fasullo diventa improvvisamente un intralcio”.
Giuramento fascista – “Durante
il fascismo il nonno voleva evitare di giurare”, ricorda sul “Corriere della sera”
Roberto Einaudi, nipote di Luigi, l’economista poi presidente della Repubblica:
“Ma è stato persuaso a farlo da Benedetto Croce. Gli disse che se avesse
rifiutato avrebbe lasciato il posto a un fascista, costringendo i giovani a imparare
da una persona non libera. Croce gli consigliò di fare uno spergiuro mentale al
momento del giuramento”.
Gogol’ – È in Ucraina
- Gogol’ ha vissuto fino ai vent’anni a Kiev, suo padre era un drammaturgo
ucraino, di lingua russa - l’origine della grande narrativa russa, e del “mito”
di Pietroburgo? In Gogol’ più in Puškin, suo coetaneo e amico? È quel che si
legge nei materiali che accompagnano la riedizione Adelphi delle “Memorie di un
pazzo”.
“Siamo tutti usciti dal cappotto di Gogol’”, è frase famosa di Dostoevskij,
per dire che la narrativa russa è cominciata con Gogol’ – “Il cappotto” è un
suo racconto, parte della raccolta “Racconti di Pietroburgo”.
“Gogol’ è Martedì nel romanzo di Chesterston «L’uomo che fu Giovedì»” -
Nina Berberova, “Il quaderno nero”, 129 (dove trova l’equivalente russo di
personalità e personaggi letterari europei).
Italiano – “L’aggettivo
«italiano» nel mondo musicale del Settecento…. era sinonimo del più aggiornato
e pregiato stile internazionale, le cui caratteristiche, maturate nelle scuole,
nei teatri e nelle chiese del Bel Paese, erano valuta di corso continentale,
fatte proprie da schiere di compositori nati al di là delle Alpi, che spesso
attraversavano per compiere il loro apprendistato a Roma, Napoli, Milano. Non a
caso, tra i principali artefici dell’opera italiana del Settecento si contano
Händel, Gluck e Mozart” – Raffaele Mellace, “Il Sole 24 Ore Domenica”.
Letto matrimoniale – Nina Berberova,
donna indipendente, russa per una vita apolide, ne fa l’elogio impromptu un
giorno di dicembre 1940, nella sua casa di Longchêne vicino Parigi: “La stessa
camera, lo stesso letto, la stessa coperta. Chi non capisce questo, non capisce
niente in fatto di matrimonio. Se si ha paura di questo, allora è inutile
sposarsi. Durante il giorno la vita talvolta divide, raffredda, fa vacillare,
lacera qualcosa. La notte tutto si ricompatta. Un corpo sostiene l’altro con il
suo tepore (se non con il calore)” – (“Il quaderno nero”, pp. 48-49).
Malinconia di sinistra – È il titolo di una recensione di Walter Benjamin, nel 1931, alla raccolta
di poesie del “ribellista” Erich Kästner. Donatella Di Cesare vi si è appellata
in una intervista con Francesca Sforza su “La Stampa” come ispirazione del suo
epicedio in morte di Barbara Balzerani, una delle brigatiste più feroci: “La
tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con
malinconia un addio alla compagna Luna”. Ma la “malinconia” di Benjamin era una stroncatura, il mite
critico la stigmatizzava feroce – anche lui, per una volta: come di “un nichilismo”
piccolo borghese, un “tipo particolare di disperazione: la stupidità tormentata”,
“un fenomeno di disgregazione borghese”. Ne tratta a lungo, sempre arrabbiato.
In particolare spiega: “L’odio che essa proclama contro la piccola borghesia ha
a sua volta un accento piccolo borghese”, come da linguaggio, rivelatore.
Penitenza ecclesiastica – Era pena sostitutiva in Russia ancora nel secondo Ottocento, analoga a
quella attuale ai servizi sociali. Nel racconto di Tolstoj “Il diavolo”, il
protagonista, colpevole della morte dell’amante, viene condannato in assise alla
“penitenza ecclesiastica”. “Le giurie popolari erano state istituite da poco
tempo, pertanto gli venne riconosciuta una temporanea infermità mentale e la
condanna si ridusse alla penitenza ecclesiastica. Era stato in carcere per nove
mesi, e al monastero rimase un mese soltanto”.
Primavera – È stagione di
grandi racconti, fa notare un lettore, Fabio Fiaschi, sul “Robinson”. Del “Maestro
e Margherita” di Bulgakov, dell’“Ulisse” di Joyce, delle fantasie della Bovary
di Flaubert, del Werther di Goethe, dell’Anna Karenina di Tolstoj, e dell’Aschenbach,
forse del giovane Tadzio, di Thomas Mann, “La morte a Venezia. Nonché Alda
Merini, nata un 21 marzo.
Ma in poesia è tema comune. Di Leopardi naturalmente, come di Pascoli. Di
Ungaretti, di Pavese. E Shakespeare, Dickinson, Wordsworth, Neruda. Perfino di
Oscar Wilde: “Una volta era sempre primavera nel mio cuore”, lamenta del “De
Profundis”
Repubblica romana - “Una preziosa
ma effimera Repubblica animata da patrioti liguri”, Aldo Cazzullo.
Roma ha pero “custodito di più la memoria del Risorgimento” di più che Milano,
“dal teatro al cinema, da Rugantino al film di Magni”.
Russia – In letteratura
è ridotta a “Tolstoevskij”. S’indigna per questo Nina Berberova, “Il quaderno
nero”, p. 129: “Cosa succederebbe se in Francia tutta la critica
storico-letteraria si aggirasse intorno a Flaubalzac, come da noi intorno a ‘Tolstoevskij’?”.
È qui che s’indigna per la riduzione di Gogol’ a “Martedì nel romanzo di
Chesterston ‘L’uomo che fu giovedì’”. E per gli apparentamenti: “Majakovskij è
Kipling. Puškin è insieme Pope, Coleridge e Byron”.
Shakespeare – Giovanna d’Arco
fa santa nell’“Enrico VI” – che la chiesa invece santificherà solo il 18 aprile
1909, papa Pio X. “Virgin from her tender infancy, Chaste and immaculate in
very Thought” Shakespeare la fa nelle parole dei francesi, del “delfino”
Charles, mentre gli inglesi poi ne diranno male. Con partecipazione: “Sweet
virgin”, “Divinest creature, Astraea’s Daughter…. Glorious prophetess”. Il Delfino
profetizza pure che sostituirà san Dionigi quale protettore della Francia: “No
longer on Saint Denis will we cry,/ but Joan la Pucelle shall be France’s
saint”.
“Ci sono tanti nemici in Shakespeare”, nota Gertrude Stein, che si
professa cultrice della sua opera, nei due anni che passò a Londra nel 1910-11,
e dopo –“Le guerre che ho visto”, 47.
Tolstoj – “L’Omero del
mondo cristiano”, Gianlorenzo Pacini, postfazione a “Il Diavolo e altri
racconti” – per “l’olimpica serenità con cui tutti i lati della vita vengono
accettati e descritti… congiunta con senso di umana partecipazione”.
Nichilista secondo Gor’kij, nel saggio “Lev Tolstoj”. Nela sua ultima fase,
la sua predicazione Gor’kij dice “il più profondo e feroce nichilismo”. Era un
aspetto della Russia urbana del tempo di Tolstoj.
letterautore@antiit.eu
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