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giovedì 18 aprile 2024

Letture - 548

letterautore


Blitzkrieg
- “I tedeschi non sono riusciti ad andare a Mosca con tutto il loro esercito motorizzato, i francesi sotto Napoleone ci arrivarono e a piedi” – Gertrude Stein, “Guerre che ho visto”,182.
 
Dante – “Grandissimo e reazionario se mai ve ne furono”, U.Eco, “Il costume di casa”, 159
 
Entroterra – È il cuore dell’Italia, nel viaggio-visione che Yves Bonnefoy ha fatto nei suoi anni verdi e registrato nel 1972 in “L’arrière Pays”. L’Italia della recente voga dei “borghi” – dei borghi  “patrimonio dell’umanità”. Un mondo destinato ora alla scomparsa, nel mentre che si celebra burocraticamente all’Unesco. Sotto i colpi dell’emigrazione, della denatalità, e delle tasse di ogni tipo, possesso, anche se non fruito, reddito (presunto), con addizionali, comunale e regionale, e servizi di ogni tipo, anche non resi o non fruiti, Imu, Tari, ora perfino l’elettricità. Una serie di “patrimonialine” , di tasse cioè, a prescindere dal reddito, che dal governo Monti in poi (2011) si accumulano sulle “seconde case”, la case di famiglia – dei genitori, dei nonni. Cinque-sei milioni di case, quasi tutte unfamiliari. Destinate quindi all’abbandono – anche se la disappropriazione è complicata. Quella del giovane Bonnefoy è un’Italia tra Siena e Urbino, speciale, ma pur sempre a cavaliere dell’Appennino: “la Toscana del Sud, un po’ dell’Umbria, le Marche, il Nord del Lazio”, e perfino la Capraia, oggetto del “pensiero desiderante” – vista dalla barca, perché poi, avvicinandosi, risulta “costa breve, terra da niente”. L’Italia che gli evocava evoca “il buio”, il rovescio dei sassi al sole della “strada bianca”, per i tanti passati che si accumulano e non si cancellano, o si sublimano nell’inconscio.: “Le paure più arcaiche, le intravisioni più fuggitive, e le grida nel nero, anche a mezzogiorno: credo, ho torto, d’incontrarli ovunque nell’immaginario italiano”. E per il numero, le geometrie che l’Italia ricompone. Ricomponeva.
 
Furto creativo – Vi eccelleva Calvino, secondo Gabriele Pedullà, “Calvino e la memoria (partigiana) di Tito Livio”, (“Il Sole 24 Ore Domenica”), a proposito dell’aneddoto del corvo che appare e “sana” lo scontro tra i due nemici – l’aneddoto calviniano di “Ultimo viene il corvo” ricorre tal quale nello storico. “Negli anni successivi”, nota lo studioso, “Calvino avrebbe portato la tecnica del furto creativo a livelli di straordinario virtuosismo”.
 
Juventus – La squadra di calcio è maschile a Firenze, dove malgrado tutto ha dei tifosi. E uno di loro, Sandro Veronesi, le ha dedicato un inno al maschile “L’Juventus”: “Vince, l’Juventus, vince sempre,\ ….\ L’Juventus,\ con l’apostrofo,\ come la chiamavano i vecchi dalle mie parti,\ ora son tutti morti,\ ma anche certi giovani come il Fregoli,\ «quando gioca l’Juventus», «cosa ha fatto l’Juventus»….”. È maschile anche in Brasile, dove un conte emigrante a fine Novecento, grande tifoso del club torinese, creò a San Paolo un club “fratello”, che si chiama “lo” Juventus – e ha come maglia sociale, di gioco sul campo, quella granata del Torino, storico antagonista della Juventus.
 
Milano, capitale dell’editoria – “In Italia la capitale dell’editoria non è Roma ma Milano, a differenza di Parigi o Londra”, nota Roberta Scorranese intervistando Gian Arturo Ferrari sul “Corriere della sera”. E Ferrari: “Perché Milano ha un’anima commerciale che in questo ambito è indispensabile. E non ha mai riposto a un potere centrale, a una corte. Questo ha permesso agli editori di parlare di flussi di cassa, di compensi e di ricavi con la naturalezza necessaria”.
 
Montagna Sacra – Era Mosca, secondo santa Odilia, o Ottilia, secondo i devoti della santa, della sua profezia, e poi è stata Roma - la montagna contro cui la potenza tedesca si sarebbe alla fine schiantata, per Gertrude Stein nel 1943, quando rifletteva sulle “Guerre che ho visto”. A un certo punto, esilarata dall’armistizio italiano l’8 settembre, a dagli scontri avviati a Roma tra italiani e tedeschi, Stein cambia opinione e immagina che la Montagna Sacra della profezia sia Roma, che anch’essa è costruita sui coli. Ma originariamente, ragiona con se stessa, doveva essere Mosca, “perché al tempo di santa Odilia Mosca era una città di conventi ed era chiamata la Montagna Sacra”. Poi le cose sono cambiate, anche per i devoti di santa Odilia, come Gertrude: prima “tutti abbiamo pensato che potesse essere Roma”, poi, “siccome sembrava una cosa tanto improbabile”, con l’asse Italia-Germania, “abbiamo detto forse è Gerusalemme o forse è Costantinopoli”. Gertrude per conto suo era sicura che fosse Mosca – era un po’ filosovietica ma non lo dice, “ma ora lo sappiamo, il dieci e l’undici di settembre è Roma ormai, la santa ha d etto che si sarebbe combattuto per le strade di Roma dopo di che avrebbe avuto inizio la vera fine della Germania”.
 
Ottocento – Un secolo fantasy (fantastico) per l’acuta Gertrude Stein delle “Guerre che ho visto” (p.p. 106-107): “Il secolo decimonono mancava completamente di logica, aveva termini cosmici e
speranze e aspirazioni e scoperte e ideali, ma non aveva alcuna logica”. E per questo, continua la Gertrude “di ferro”, l’ho ucciso: “Io che amo la logica, l’amo molto, suppongo che sia questo il motivo per cui tanto naturalmente ebbi la mia parte nell’uccidere il secolo decimonono, nell’ucciderlo morto, proprio come un gangster con una mitraillette, se questa è l’equivalente del fucile mitragliatore, il tommy gun degli americani”  .
 
Primo amante – Un personaggio, si può dire, della narrativa francese femminile del Novecento. Marguerite Duras ne ha fatto la sua narrazione prima e forse principale, “L’amante”, di una sé quindicenne col miliardario cinese in Indocina. Violette Leduc a 50 anni con René Gallet, 35 anni, “La chasse à l’amour”. Annie Ernaux a 18 anni, Memoria di ragazza”
 
Resistenza – Quella letteraria è gentiliana, da “figli del liceo classico gentiliano” – Gabriele Pedullà sul “Sole 24 Ore Domenica”. “I più ligi all’imperativo neo-realista si richiamarono alla presunta ingenuità epica di Omero. Altri (come Fenoglio, Caproni, D’Arzo) guardando piuttosto a Virgilio…. Altri ancora (come il Pavese de La casa in collina) si rivolsero alla tragedia greca”. Di Calvino, del “suo racconto partigiano più bello, Ultimo viene il corvo”, lo studioso trova un antecedente in Tito Livio, “Ab Urbe condita” VII, 26: anche nello storico un corvo interviene prodigiosamente a “risolvere” un duello tra due esponenti degli schieramenti avversi. 

Romanticismo – Gli amori voleva tragici - e gli amanti morti (più lui che lei). Non al modo classico, della hubris, o alla Shakespeare, degli equivoci tragici alla Giulietta e Romeo, ma perché amore è infelicità. A partire dal Werther del pur olimpico Goethe – che invece gli amori praticava goloso. Fino a Jacopo Ortis. Compresi Heinrich von Kleist, e Caroline von Günderode – Kleist sul Wannsee, il lago di Berlino poi altrimenti famigerato, con l’amante Henriette, moglie di un contabile del re di Prussia, e due colpi di pistola. La noia spossa i romantici, da Foscolo a Leopardi, Byron e Puškin inclusi. Che quando non muoiono d’amore impazziscono, Hölderlin, Schumann. Il difetto di Manzoni del Grande Romanzo, la mancanza di tensione, è che non fa morire nessuno - non un eroe, non una eroina.

Tedeschi – Perdenti e sentimentali li vuole Gertrude Stein, americana francesizzata, durante la guerra, in “Guerre che ho visto”. La Germania non vince le guerre perché non ha una cucina è il primo addebito. Stein lo fa dire a un ragazzo suo vicino di casa: “Naturalmente i tedeschi non possono vincere e si capisce perché, il loro paese è così povero che non sa nulla di cucina e di mangiare, un popolo che non ha il senso della cucina e del mangiare naturalmente non può vincere”.

Alla pagina precedente Stein aveva fatto dire ai giovani francesi reduci dal lavoro obbligatorio in Germania la loro sorpresa “di una cosa,… perché mai i tedeschi sono tanto sentimentali, quando sono quel che sono, perché sono tanto sentimentali”.
 
Vergogna – Ha “grande memoria”. In questo senso la celebra la Nobel Annie Ernaux, nell’ultimo suo racconto, 2016, “Memoria di ragazza” – a proposito delle sue proprie vergogne da diciottenne: “La grande memoria della vergogna, più minuziosa, più intrattabile di qualsiasi altra. Questa memoria che è insomma il dono speciale della vergogna”.

letterautore@antiit.eu

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