Perché in Italia non c’è stato il socialismo
Perché l’Italia è l’unico pase europeo a non avere sperimentato
la socialdemocrazia al governo – rispetto a Gran Bretagna, Germania, Francia,
Spagna, Scandinavia, Olanda, Belgio, Portogallo….? Perché negli anni in cui la
socialdemocrazia era maggioritaria, si infangò nel “massimalismo”. Nella velleità
di riprodurre in Italia la rivoluzione bolscevica subito dopo il 1918, che si
risolse nello scontro perdente con l’ex socialista (ex massimalista, anche lui)
Mussolini. E nell’Italia repubblicana per analoghe preclusioni del Pci.
Questo Niceforo non lo dice - e non c’è storia che lo registri:
non si può ancora fare la storia dell’Italia repubblicana, seppure già molto
lunga. Ma lo spiega la storia della pubblicazione della sua analisi.
Il libro che ora si pubblica è la tesi di laurea in Filosofia
presentata dall’autore nell’ottobre del 1966 alla Statale di Milano, e non apprezzata
dalla Commissione. “La maggior parte dei componenti della Commissione”, spiega
l’autore, “a quel tempo sensibili all’egemonia culturale del PCI, giudicò
negativamente la rivalutazione, contenuta nella tesi, dell’interpretazione
della rivoluzione russa allora sviluppata dai socialisti riformisti (in
particolare da Filippo Turati e Rodolfo Mondolfo) e la parallela analisi
critica di quella fornita dai socialisti «rivoluzionari» (in particolare da
Antonio Gramsci), negli anni 1917-1919”.
Erano gli anni in cui il Pci post-Togliatti cercava
nuovo spessore in Gramsci, nel “rilancio del pensiero di Gramsci, attraverso la
rilettura dei Quaderni del carcere, volta a dare basi teoriche alla togliattiana
«via italiana» al socialismo”. Che di lì a poco finirà nell’infausto, per il Pci
e per la sinistra italiana nel suo complesso, “compromesso storico” – di cui
anche non si può fare la storia, e nemmeno una valutazione politica.
Orazio Niceforo, I socialisti
italiani e la rivoluzione bolscevica (1917-1919), Biblion, pp. 176 € 18
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