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Destra e sinistra – La superiorità, culturale, mentale, perfino
economica (di stili di vita), che connota la sinistra, e il disprezzo
dell’avversario, Walter Benjamin stigmtizza(va) nel 1931, nella
recensione-stroncatura dei “tre grossi volumi” delle poesie di Erich Kästner –
“Malinconia di sinistra. Sul nuovo libro di poesie di Erich Kästner”:
“l’ironia”, “l’impertinenza”, “la grottesca sottovalutazione dell’avversario” dice “un fenomeno di disgregazione borghese”.
Specifica anche analiticamente come. In sintesi: “I pubblicisti del tipo di
Kästner, Mehring o Tucholsky, i radicali di sinistra, sono la mimetizzazione
proletaria della borghesia in sfacelo. La loro funzione è quella di creare, dal
punto di vista politico, non partiti ma cricche, da quello letterario non
scuole ma mode, da quello economico non produttori ma agenti”. Consumatori si
sarebbe detto successivamente, di “vacanze intelligenti” e seconde case o
“castelli in campagna” per il week-end.
W.Benjamin li individuava nel protagonismo culturale, sprezzante: “Da quindici
anni in qua questi intellettuali di sinistra sono stati ininterrottamente gli
agenti di tutte le congiunture culturli, dall’attivisno all’espressionismo fino
alla Nuova Oggettività. Ma il loro significato politico si riduceva a
convertire riflessi rivoluzionari, nella misura in cui apparivano nella
borghesia, in oggetti di distrazione, di divertimento, di consumo”.
Bobbio, che si ripropone, andrebbe contestato
lapalissianamente: la libertà è il fondamento della democarzia, ma siamo liberi
in quanto non siamo uguali. Siamo liberi anzi in quanto siamo diversi,
assolutamente diversi gli uni dagli altri. Liberi vogliamo essere non per
essere uguali ma differenti, per poter essere noi stessi e non altri, sudditi,
succubi o gregari. L’uguaglianza si
direbbe il fondamento inverso, delle civiltà e delle politiche di massa, dei
totalitarisimi – era spietata l’uguaglianza sotto Stalin se non sotto Mussolini.
Una contraddizione, anzi un contrasto, che si risolve
in un quadro societario, comunitario, che sappia superare la contraddizione –
la “fratellanza” che la Rivoluzione aggiunge a libertà e uguaglianza.
L’uguaglianza può ben essere di destra, dittatoriale,
totalitaria.
Fascismo – È risorgimentale. Mussolini lo era. Nelle celebrazioni del centocinquantenario
dell’unità, solo An ricordava Mazzini, al Gianicolo. E il Risorgimento anch’esso
voleva un’Italia unita per essere potente, prima fra le nazioni. Nel mito di
Roma, come recita anche l’“Inno” di Mameli: “Dov’è la vittoria? Le porga la
chioma che schiava di Roma Iddio la creò”.
Intellettuale –
Nasce, come si sa, con l’illuminismo. Nel quale però doveva avere e mostrare
radici culturali salde. S’impone e degenera con i media, con la “riflessione”
qui e ora.
Malinconia –
Quella dell’intellettuale W. Benjamin dice effetto della stitichezza -
“Malinconia dell’intellettuale”: “Da sempre la stitichezza si è accompagnata
con la malinconia”. O non ne è la causa? La disappetenza, l’inerzia, l’immobilità,
l’isolamento – non uscire di casa, niente aria, niente moto, o altrimenti con
dispetto.
Nazione –
È un concetto di sinistra, all’origine. I paesi o i popoli che si liberavano
dell’Impero, “sacro” e “romano”. Di culture anche, che si affermavano fuori o
contro quella decidua se non morta di una latinità perenta – delle lingue,
delle leggi, delle sensibilità. Delineando dei quadri o contorni contestabili,
ma nell’insieme coesi, o convergenti.
(Non) per questo
benefica, non del, tutto: è la rottura dell’unità, di Astraea, della giustizia
universale. E l’idea di popolo o di patria non implica libertà e tolleranza, la
coesione vuole impositiva. E bellicosa.
Ha fatto più guerre, e più micidiali, la nazione che non le tirannidi o
l’0impero. La nazione è divisiva. Lo è stata nella storia, e forse non può
essere altrimenti, lo è per natura, dopo aver praticato le giaculatorie di
buona volontà.
Opinione pubblica –
È il fulcro e il. crogiolo della democrazia, una comunità d’intenti, una
unione. Tocqueville lo spiega nel discorso di ammissione all’Accademia di
Francia, quando criticò l’Illuminismo in quanto individualistico – in polemica
con l’intellettuale, il “chierico” di J. Benda un secolo dopo, il “maestro
estraneo”: “La nuova filosofia, sottomettendo al solo tribunale della ragione
individuale tutte le credenze, aveva reso le intelligenze più indipendenti, più
fiere, più attive, ma le aveva isolate”. Esponendole al rischio “che il potere
finisse per dominarle tutte. Non perché aveva con sé l’opinione pubblica, ma
perché l’opinione pubblica non esisteva più”.
Oggi, nell’eclisse
dell’intellettuale, è però perfino più facile dissolverla. Per l’uso distorto
del suo luogo proprio e fondamento, la discussione pubblica attraverso i media.
Sotto la ferocia squisita del potere che si nega, quello dell’apparato repressivo
giudiziario. La disaffezione elettorale ne è la manifestazione evidente – e le
oscillazioni dei votanti residui.
Stupidità
– Oltre che della manualistica (Jean Paul, il più attinente, Musil, Flaubert et
al.), è ricorrente ne breve scritto di Walter Benjamin intitolato “Malinconia
dell’intellettuale”, la recensione-stroncatura delle poesie di Erich Kästner raccolte
“in tre grossi volumi”, nel 1931. Eccezionalmente virulenta - specie per un
mite: Kästner è colpevole di “stupidità tormentata”. Definita come “l’ultima delle
metamorfosi che la malinconia ha subito nel corso di duemila anni”. Effetto di
un sinistrismo stitico: “Il brontolio che si ode in questi versi ha più della
flatulenza che della sovversione”.
zeulig@antiit.eu
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