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martedì 2 aprile 2024

Secondi pensieri - 531

zeulig


Destra e sinistra – La superiorità, culturale, mentale, perfino economica (di stili di vita), che connota la sinistra, e il disprezzo dell’avversario, Walter Benjamin stigmtizza(va) nel 1931, nella recensione-stroncatura dei “tre grossi volumi” delle poesie di Erich Kästner – “Malinconia di sinistra. Sul nuovo libro di poesie di Erich Kästner”: “l’ironia”, “l’impertinenza”, “la grottesca sottovalutazione  dell’avversario”  dice “un fenomeno di disgregazione borghese”. Specifica anche analiticamente come. In sintesi: “I pubblicisti del tipo di Kästner, Mehring o Tucholsky, i radicali di sinistra, sono la mimetizzazione proletaria della borghesia in sfacelo. La loro funzione è quella di creare, dal punto di vista politico, non partiti ma cricche, da quello letterario non scuole ma mode, da quello economico non produttori ma agenti”. Consumatori si sarebbe detto successivamente, di “vacanze intelligenti” e seconde case o “castelli in campagna” per il  week-end. W.Benjamin li individuava nel protagonismo culturale, sprezzante: “Da quindici anni in qua questi intellettuali di sinistra sono stati ininterrottamente gli agenti di tutte le congiunture culturli, dall’attivisno all’espressionismo fino alla Nuova Oggettività. Ma il loro significato politico si riduceva a convertire riflessi rivoluzionari, nella misura in cui apparivano nella borghesia, in oggetti di distrazione, di divertimento, di consumo”.    
 
Bobbio, che si ripropone, andrebbe contestato lapalissianamente: la libertà è il fondamento della democarzia, ma siamo liberi in quanto non siamo uguali. Siamo liberi anzi in quanto siamo diversi, assolutamente diversi gli uni dagli altri. Liberi vogliamo essere non per essere uguali ma differenti, per poter essere noi stessi e non altri, sudditi, succubi  o gregari. L’uguaglianza si direbbe il fondamento inverso, delle civiltà e delle politiche di massa, dei totalitarisimi – era spietata l’uguaglianza sotto Stalin se non sotto Mussolini.
Una contraddizione, anzi un contrasto, che si risolve in un quadro societario, comunitario, che sappia superare la contraddizione – la “fratellanza” che la Rivoluzione aggiunge a libertà e uguaglianza.
L’uguaglianza può ben essere di destra, dittatoriale, totalitaria.
 
Fascismo – È risorgimentale. Mussolini lo era. Nelle celebrazioni del centocinquantenario dell’unità, solo An ricordava Mazzini, al Gianicolo. E il Risorgimento anch’esso voleva un’Italia unita per essere potente, prima fra le nazioni. Nel mito di Roma, come recita anche l’“Inno” di Mameli: “Dov’è la vittoria? Le porga la chioma che schiava di Roma Iddio la creò”.
 
Intellettuale – Nasce, come si sa, con l’illuminismo. Nel quale però doveva avere e mostrare radici culturali salde. S’impone e degenera con i media, con la “riflessione” qui e ora.
 
Malinconia – Quella dell’intellettuale W. Benjamin dice effetto della stitichezza - “Malinconia dell’intellettuale”: “Da sempre la stitichezza si è accompagnata con la malinconia”. O non ne è la causa? La disappetenza, l’inerzia, l’immobilità, l’isolamento – non uscire di casa, niente aria, niente moto, o altrimenti con dispetto.
 
Nazione – È un concetto di sinistra, all’origine. I paesi o i popoli che si liberavano dell’Impero, “sacro” e “romano”. Di culture anche, che si affermavano fuori o contro quella decidua se non morta di una latinità perenta – delle lingue, delle leggi, delle sensibilità. Delineando dei quadri o contorni contestabili, ma nell’insieme coesi, o convergenti.
(Non) per questo benefica, non del, tutto: è la rottura dell’unità, di Astraea, della giustizia universale. E l’idea di popolo o di patria non implica libertà e tolleranza, la coesione vuole impositiva.  E bellicosa. Ha fatto più guerre, e più micidiali, la nazione che non le tirannidi o l’0impero. La nazione è divisiva. Lo è stata nella storia, e forse non può essere altrimenti, lo è per natura, dopo aver praticato le giaculatorie di buona volontà.
 
Opinione pubblica – È il fulcro e il. crogiolo della democrazia, una comunità d’intenti, una unione. Tocqueville lo spiega nel discorso di ammissione all’Accademia di Francia, quando criticò l’Illuminismo in quanto individualistico – in polemica con l’intellettuale, il “chierico” di J. Benda un secolo dopo, il “maestro estraneo”: “La nuova filosofia, sottomettendo al solo tribunale della ragione individuale tutte le credenze, aveva reso le intelligenze più indipendenti, più fiere, più attive, ma le aveva isolate”. Esponendole al rischio “che il potere finisse per dominarle tutte. Non perché aveva con sé l’opinione pubblica, ma perché l’opinione pubblica non esisteva più”.
Oggi, nell’eclisse dell’intellettuale, è però perfino più facile dissolverla. Per l’uso distorto del suo luogo proprio e fondamento, la discussione pubblica attraverso i media. Sotto la ferocia squisita del potere che si nega, quello dell’apparato repressivo giudiziario. La disaffezione elettorale ne è la manifestazione evidente – e le oscillazioni dei votanti residui.
 
Stupidità – Oltre che della manualistica (Jean Paul, il più attinente, Musil, Flaubert et al.), è ricorrente ne breve scritto di Walter Benjamin intitolato “Malinconia dell’intellettuale”, la recensione-stroncatura delle poesie di Erich Kästner raccolte “in tre grossi volumi”, nel 1931. Eccezionalmente virulenta - specie per un mite: Kästner è colpevole di “stupidità tormentata”. Definita come “l’ultima delle metamorfosi che la malinconia ha subito nel corso di duemila anni”. Effetto di un sinistrismo stitico: “Il brontolio che si ode in questi versi ha più della flatulenza che della sovversione”.  

zeulig@antiit.eu

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