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mercoledì 22 maggio 2024

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (560)

Giuseppe Leuzzi

Tra il 2016 e il 2023, gli anni repertoriati da Banca Intesa in uno studio sulle esportazioni, quelle dal Mezzogiorno sono aumentate in misura maggiore rispetto al resto d’Italia. Il Mezzogiorno è – resta – miserabile e irresponsabile per la parte Pubblica, Comuni, Regioni, Stato – pulizia, polizia, strade e altre opere pubbliche, sanità. Per la debolezza (arretratezza) politica, ferma ai favori.
Se non che Comuni e Regioni sono gestiti da meridionali, e in gran parte anche lo Stato. Infetto è lo “Stato”, l’amministrazione pubblica, del Meridione.
 
“Il Sole 24 Ore”: l’Italia ha il maggiore consumo pro capite di olio d’oliva; “in Italia 3 bottiglie su 4 di olio d’oliva sono straniere”; la produzione di olio in Italia è concentrata, l’80 per cento, in Sicilia, Calabria, Puglia. Dove i produttori, si può aggiungere, lamentano scarsa redditività, mancanza di manodopera, parassiti vari. Più che l’affare poté il lamento.
 
L’olio nei bistrot e ristoranti delle tre regioni, in bustina o nell’oliera (oggi bottiglietta da un decimo), è solitamente di Crescenzago, o di Lecco. Dove non ci sono ulivi. Il Sud vuole far rifiorire le aree dove non cresce l’ulivo? In una prospettiva green?


Si digiti: Orlando Sculli, “I palmenti di Ferruzzano”, Ibs-la Feltrinelli risponde vari titoli de “I Bastardi di Pizzofalcone” – anche un “Leoni di Sicilia”. Li lega come Sud. Un riflesso condizionato - là sotto è terra incognita?

 
“L’Italia è la nazione che, tenuto conto della sua superficie, ha più dialetti”, Stefano Lanuzza, “Storia della lingua italiana”, 70. E più in uso, correntemente.
 
Nel 1923 la riforma scolastica di Gentile “ridimensiona il ruolo della grammatica nei programmi scolastici” e, contro le stesse opinioni fasciste, afferma il ruolo positivo dei dialetti”, id. p.73.Nel 1926 se ne vieta l’uso per decreto – anche se “continuano ad essere utilizzati da maestri e alunni”.
 
“Informazione, poche le voci per il Meridione”, lamenta “Il Quotidiano del Sud”, e chiede “una par condicio territoriale”. Ma un problema insorge: Bruno Vespa, che è abruzzese, lo consideriamo settentrionale?
 
Il Sud si riforma facile con Sgarbi
Candidato alle Europee al Sud, Sgarbi fa campagna elettorale, spiega al “Corriere della sera” senza comizi né pranzi, semplicemente si fa vedere, passeggia. “Mi conoscono tutti, dai nove ai novantanove”, e con simpatia. Fece cos’ anche trent’anni fa, eletto nella circoscrizione jonica della provincia di Reggio Calabria – con i voti de
i radicali di Giustizia Giusta, delle famiglie dei carcerati. E fece poi il deputato, sempre “di strada”. Incivilendo con semplici consigli, ascoltati: la pavimentazione a Gerace, Serra San Bruno, Mileto, il colore delle case a Ardore, eletto borgo dei gelati tanti erano, e sono, i gelatai, la riscoperta di Mattia Preti a Taverna. E la gente obbediva, le strade si pavimentavano. Poi al solito si scocciò, e abbandonò la Calabria. Poi ci ripensò e si fece sindaco in Sicilia: si candidò e fu eletto sindaco, con notevole beneficio di Salemi – sindaco lo sarà poi di molti paesi, ora lo è di Arpino, sopra Formia.
Alla domanda di Alessandra Arachi: “Come si muove lei tra i paesi del meridione?” può rispondere: “In tutti i paesi dove vado trovo qualcosa di me”. Proseguendo con una “sgarbiata”, ma non una insensata: “Rappresento il riscatto italiano del Meridione. È lì il futuro, in quello che è celato e che deve venire fuori. Come succede a Pompei, continuamente. Questo non c’è in nessun paese del Nord”. Lui, da solo, ha fatto molto. La buona politica, semplice, fattiva, può molto.  
 
La mamma  finisce col mercato
La “mamma” italica, l’invenzione dell’ultimo Corrado Alvaro, 1952, non è più. Non è scomparsa, è impossibilitata. Cioè, è praticamente impossibile fare la mamma – del “mammismo”, che è propriamente l’invenzione di Alvaro, non si sa, perdurando i “bamboccioni”, i figli amati che non se ne vanno di casa.
Gli studi convergono che, anche volendolo, è praticamente impossibile fare la mamma in Italia. Cioè avere figli. A meno di non lasciare il lavoro. Cioè di avere una situazione patrimoniale o familiare tale che consenta alla madre di dedicarsi esclusivamente ai figli.
Ma anche in questo caso, la maternità non è poi agevole. Il declino demografico si accompagna infatti con la “legge ferrea” del salari, che non è stata formulata da nessuno studioso ma è nei fatti: la concorrenza comprime e riduce il salario, il valore reale del reddito. Una concorrenza o mercato a cui non si può nemmeno opporre una preclusione politica, anti-capitalista. Perché si esercita a vantaggio sì dei pochi fortunati in carriera, ma soprattutto delle sterminate dell’Africa e dell’Asia, i quattro quinti della popolazione mondiale che erano rimasti fuori fino a trent’anni fa del perimetro della concorrenza – la concorrenza era anche una rete protettiva. Ora lo steso lavoro si può fare, a costo inferiore, e con resa anche maggiore, in un qualsiasi borgo dell’Europa orientale, o della Cina,  dell’India, o del Marocco, del Sudafrica, della Nigeria.

Sardegna, il futuro è il passato
Emilio Lussu pubblicava su “Il Ponte” (n. VII, 1951) tre quarti di secolo fa, sotto il titolo “L’avvenire della Sardegna”, un ritratto secco e  preciso, non benevolo, “critico”, sulla sua isola – con categorie che si applicano a molta parte del Sud, Calabria, Lucania, salernitano, Salento. Partendo dalla domanda: “Perché la Sardegna ha vissuto un periodo così lungo di vita meschina?”
 
Per l’atavismo. “Soffriamo di complessi che sono certamente in gran parte ataviciNoi conosciamo bene il nostro stato e vediamo le nostre debolezze: li confessiamo a noi stessi, ma non amiamo che gli estranei li facciano propri
 
Per l’asocialità. “Ma questa unità psicologica non ci ha mai unito, né ci unisce tuttora. Poiché la disunione è la prima nostra impronta. Noi siamo tuttie i nostri figli lo saranno certamente meno di noimala­mente individualisti, con tutti i guai che l’individualismo, questo orgoglio mal piazzato comporta…
“La nostra ostinazione a non voler ammettere la fatale sconfitta collettiva come popolo ci ha offerto solo la rivincita di un ripiegamento sulla personalità del singolo….
“Noi siamo stati sempre disuniti e nemici fra noi stessi, sotto gli spagnoli, sotto gli aragonesi, sotto i giudicati, sotto i romani, sotto i cartaginesi, sempre. Loro solo erano uniti. Il loro Stato non era il nostro Stato, e impotenti a sbarazzarcene, ci ripiega­vamo su noi stessi, ognuno per proprio conto, nella famiglia e nel villaggio: e villaggio contro villaggio, l’uno contro l’altro nel­lo stesso villaggio”.
Fra i sardi il fenomeno è molto più marcato: “A Sassari gli abitanti oltre la regione cittadina, sono ancora chiamati «i sardi»… Giovanni Siotto Pintor, che appartiene alla borghesia colta della prima metà del secolo XIX, scrive la Storia civile dei Popoli Sardi del suo se­colo. Popoli sardi, quasi che la Sardegna fosse un impero di popoli vari, e non un’ isola di malapena 500.000 abitanti, a quell’epoca”.
 
Per il malgoverno. “Dal periodo aragonese alla metà del secolo XIX i contadini e i pastori lavoravano per mantenere in vita oltre 350 feudatari, tanti l’Isola allora spopo­lata più che non oggi, ne contava, compresi quelli viventi in Ispa­gna. Vero è che se i sudditi erano miserevoli, i signori non lo erano meno. Dovevano vivere solo di albagia come, ogni collina un castello, la piccola nobiltà di Guascogna affamata. Le loro case sono la testimonianza della loro piccola vita. Nessun palazzo di antico feudatario esiste da noi che assurga alla dignità del modesto edifizio per la servitù che a Pesaro i duchi di Urbino posero di fronte alla loro signorile dimora. Niente di grandioso essi hanno costruito o conosciuto, all’ infuori della loro ingordigia”.


Per l’impolitica. “Fino al ‘900, niente lotta politica”.
“Non abbiamo avuto neppure la guerra partigiana”.
“Ci è mancata l’arte. E’ che anche l’arte è storia. E perciò, non avendo avuto l’una, non potevamo avere l’altra”.
Le tanto decantate nostre qualità ataviche - sentimento dell’onore, coraggio, disciplina, lealtà, fedeltà alla parola data ed altre consimili – sono favole. Non siamo né migliori né peggiori degli altri. …. E la nostra costanza - l’ostina­zione – è la stessa nel bene e nel male. Abbiamo troppo sofferto sempre, perciò la nostra caratteristica non è la bontà: direi anzi i1 contrario. Noi siamo tutti piuttosto cattivi, a freddo, senza tra­sporti sentimentali…
“La nostra umanità è nel profondo della nostra sofferenza che ci è stata tramandata da una generazione all’altra.
“Questa umanità è legata al ricordo del dolore dentro di noi, e che finora non abbiamo espresso in forma creativa, neppure in politica, e tanto meno in politica.”
 
Cronache della differenza: Calabria
La segretaria storica Pd di Cosenza, Jlenia Sardana, licenziata il 31 dicembre 2022 per riduzione del personale, scopre che le devono alcune mensilità, e naturalmente aspetta la liquidazione. Non arriva niente, e allora si rivolge alla Cgil. Che fa causa al Pd. Il Tribunale le dà 
ragione, ma scopre che è stata contrattualizzata solo sette anni, prima era in nero.

 
Settis ricorda sul “Robinson” Vincenzo Di Benedetto, grecista alla Normale di Pisa, ne ricorda “la prodigiosa padronanza che aveva del greco classico. Si diceva scherzando chela sua prima lingua era il calabrese e la seconda il greco antico”. E aggiunge: “Il suo non era solo talento filologico, ma qualcosa di intimamente connesso alla lingua calabra”. Una “lingua calabra” non c’è, ce ne sono almeno due: una è il cosentino, latino, il reggino invece è greco, basicamente.
Il dialetto non è una lingua, ma in un senso è di più, è un linguaggio, della persistenza.
 
Se così è, Di Benedetto è però un’eccezione. Nato a Altomonte, cresciuto a Saracena, studi a Castrovillari, cioè tra i Casali di Cosenza e l’Alto Jonio, o Sibaritide. Dove evidentemente la Grecia s è conservata sotterranea, sebbene solo di recente rintracciata, nello stesso sito di Sibari, a Trebisacce (Micenei), e altrove.
 
Rizziconi, pase di commercianti industri, e di famiglie di mafia, celebra il campionato dell’Inter con  una gigantografia, “Rizziconi è nerazzurra”. Nove metri per tre: un notevole impegno grafico. Anche il telaio è solido, e l’impalcatura di sostegno. Poi si dice che il Sud manca di applicazione, e di capacità.
 
Si torna a non votare a San Luca, nessuno si candida. Ci sono un sindaco e una giunta che hanno fatto bene, candidati cinque anni fa dal questore di Reggio. Parsimoniosi anche, non hanno speso un euro per sé e lasciano una cassa piena, dopo le micragne dei commissariamenti prefettizi. Ma hanno ricevuto un avviso di garanzia, anzi tre. Cinque mesi fa, quando si cominciava a pensare al voto. Gli avvisi sono caduti nel nulla, ma il sindaco li ha letti come un “avvertimento”, nel linguaggio del luogo.
Che il linguaggio possa essere comune e mafia e giudici sembra strano, ma non o è. È che il sindaco propende per la destra, per Forza Italia, e il Procuratore di Locri per la sinistra.
 
Si apre a Cosenza “Adolphe”, il romanzo di Constant della caduta di Napoleone che fece epoca - un po’ (un po’ meno) alla “Werther” di Goethe, che l’aveva preceduto di mezzo secolo, e di qualche rivoluzione. Constant dice di averlo ritrovato in un albergo di Cosenza, dove non era mai stato. Ma il nome era nelle memorie degli ufficiali napoleonici dieci anni prima – “Adolphe” è di prima delle rivolte calabresi, scritto di getto, pare, nel 1806, ma è scuramente rivisto dieci anni dopo, per la pubblicazione.
 
Una storia che non si fa (si sa), quella delle rivolte “massiste” in Calabria contro la Francia, tra il 1806 e il 1809, che pure hanno lasciato molti segni.


leuzzi@antiit.eu


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