Cronache dell’altro mondo –cino-nippponiche (273)
Sa di déja vu la campagna
americana contro la Cina: dazi, contingenti, filippiche democratiche ripetono
quanto negli anni 1970-1980, soprattutto con la presidenza Reagan, fu
utilizzato contro il Giappone. Che aveva la leadership
nell’informatica, e vendeva auto migliori a prezzi più bassi. Gli stessi
argomenti di quando fu imoosto il VHS, uno scatolone, per la registrazione dei
film, invece dell’elegante, minuscoclo superotto Sony. O delle auto giapponesi
si diceva che erano “il vuoto”. Che andassero ad aria compressa. Mentre in
Africa, p.es., come ora con le auto cinesi, sulle piste e perfino nei deserti,
si potevano sperimentare brillanti e robuste, seppure con le balestre
rinforzate (allora le sospensioni erano con le balestre) – il mito Toyota nacque
in Africa.
E si arriva oggi come col
Giappone anni 1980. Che i marchi giapponesi cominciarono a investire negli
Stati Uniti. Nelle arree sottosviluppate, facendo cioè man bassa delle
sovvenzini e gli aiuti economici, del govern federale americano agli Stati
poveri.
La Cina certo non è il Giappone.
Per il regime politico. E per la grandezza. Ma gli argomenti sono gli stessi –
il Giappone non era comunista, era liberaldemocratico ma corrotto.
Contro la “mossa giapponese”, gli
investimenti cinesi in America, Huawei, TikTok, sono state introdotte le
nazionalizzazioni. Che l’Ameirca ha sempre aborrito e aborrisce, e sono
illegali secondo il diritto inetrnazionale. Ma fino a qando l’America non
troverà la Cina, di nuovo come trent’anni fa, quando era più comunista di oggi,
con Tienamen e i tanti morti, conveniente.
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