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Gli Agnelli all’attacco
Si presenta Elkann in tv,
imitando l’accento del nonno senza riuscirvi, per rivendicare a sé, alla Famiglia,
la (miseranda) vittoria in Coppa Italia. Dopo avere vilificato la squadra, compresi
i tecnici, affidandola a una dirigenza di giurisperiti, ammesso che lo siano, e
fiscalisti, vecchi. E facendo sapere, lui stesso e il fratello, ai giornalisti confidenti
che se il club non vince la colpa è dell’allenatore. Azionando nel contempo
tutte le leve per sbarazzarsene, pretestando lo “stile Juventus”.
C’è una curiosa concezione della
Famiglia sul club di calcio: hanno venduto tutto e di tutto, come faceva il nonno
più famoso, l’Avvocato. Ma sul club di calcio sono rigidissimi. Elkann ha venduto
pure la Fiat – anche se ne ricava dividendi golosissimi, e plusvalenze
miliardarie, specie con la minifiscalità dell’Olanda, dove ha preso residenza.
Ma sulla Juventus sono puri e duri. Hanno liquidato Moggi e Giraudo, che avevano
costruito un meccanismo funzionante (ha pure vinto un campionato del mondo per l’Italia),
per evitare che scalassero il club in Borsa. Hanno liquidato Marotta, che non
ha sbagliato un acquisto e gli ha fatto vincere i nove o dieci scudetti di fila,
perché troppo bravo, cioè ingombrante (voleva fare l’amministratore delegato). Si
tengono stretta la Juventus perché è il loro blasone, da signori del denaro, non simpatici.
È così che ora si prendono la coppa
Italia addossando scopertamente all’allenatore la colpa di non avere vinto lo scudetto.
Mentre si nascondevano dietro di lui nei due anni di processi e condanne per
frodi amministrative. Non sapendo naturalmente, o facendo finta di non sapere,
che squadra gli hanno consegnato, in aggiunta ai processi e le condanne. Senza centrocampo,
che nel calcio è tutto, senza un regista o playmaker, con una difesa, per quanto
volenterosa, “brasiliana”. Con un monte ingaggi più caro di tutti - giocano meglio con i procuratori, altri, piccoli, re di denari?
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