Il calcio asociale – o un calcio ai presidenti
(Semi)finito il campionato si riempiono le
cronache degli allenatori da cacciare via, dalla Juventus, dal Milan, dal Napoli.
Allenatori tutti di carriere onorate. Effetto di un giornalismo ormai asfittico,
ripetitivo, senza fantasia, quelo sportivo forse peggio di quello politico. Ma
senza dire mai l’evidenza, che il calcio è malato in Italia nella proprietà, di
morbo societario. Del Napoli con la massima evidenza, di un presidente che non
vuole una società e caccia gli allenatori con una frequenza nevrotica, anche chi
gli ha vinto uno straordinario scudetto. Del Milan e dell’Inter che hanno proprietà
assenti – sono solo gadget finanziari. Nel Milan sostituita prima da Boban, poi
da Maldini, ora da Ibrahimovic – da teste di legno. Nell’Inter sostituita da Marotta,
il dirigente che fu l’artefice delle fortune della Juventus e altrettanto sta
facendo all’Inter, praticamente da solo (con un altro dirigente come lui cacciato
come dalla Juventus, Ausilio) – dove paga i suoi prolifici calciatori 117
milioni, contro i 130 degli astinenti juventini. Della Juventus che ha accumulato
perdite e debiti per un miliardo se non di più senza vincere niente, e anzi penando.
Cambiando allenatori in serie. Con dirigenze di avvocati che non sanno nemmeno fare gli
avvocati – il club torinese è probabilmente il più perseguito in giustizia al
mondo, anche da giudici di poco conto, ordinari e sportivi, come quello che si
dichiara interista, e l’incredibile Chiné della giustizia sportiva, quello che punisce
per la stessa accusa fra sei o sette società solo la Juventus.
Mentre resta sempre il dubbio sul ruolo
dei procuratori, se non dividano la torta. La Juventus p.es. paga 2,5 milioni un calciatore che non ha mai
giocato, Djalo. Tanti quanti ne paga a Kostic, che gioca ogni partita, a Kean,
un nazionale, a McKennie, un nazionale americano. E 1,5 a De Sciglio, il terzino
che ha giocato pochi minuiti, tanti quanti ne dà a Gatti, che è invece terzino fisso.
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