Italianità della Meloni
“Italianità delll Meloni”,
in italiano, è il titolo online che la rivista dà alla corrispondenza dell’inviata
speciale a Roma a due anni dalla vittoria elettorale e l’insediamento a palazzo
Chigi. Una corrispondenza centrata sulle “nuove priorità culturali del governo”
della “prima donna al governo in Ialia e primo leader di estrema destra a
governare nel cuore dell’Unione E uropea”. Un ritratto perfino benevolo,
sapendo che la rivista è molto progressista.
Il ritratto è di “un
raccogliticcio partito di opposizione al potere per la prima volta, pronto a esigere
qualche punizione e voglioso di mettere i suoi fidi in posizioni importanti ma
privo di una lunga fila di dirigenti sperimentati e di intellettuali presentabili”.
E dell’aggiornamento (“mainstreaming”) di una destra postfascista che cerca di
rifare un po’ la storia, enfatizzando, sottovalutando. Ma che tenta, spesso con
goffaggine e carenza di nuove idee, di creare una destra moderna in un paese
che manca di una tradizione conservatirce (paragonabile, per fare un esempio,
ai conservatori Uk), a parte il fascismo”.
Il giudizio è più scettico
sul Paese: “Soprattuto, è l’immagine di un paese che invecchia preoccupato del
futuro e ancorato a un’idea di passato”. Che spiega la destra: “Più si penetra
in Italia, più si capisce perché tante innovazioni politiche qui sono state di
destra: Futurismo, fascismo, la politica personalistica e postideologica di
Silvio Berlusconi, il tecnopopulismo e la rabbia social che nell’ultimo decennio
hanno portato al potere partiti anti-establishment e di destra”. Non proprio
nell’ultimo decennio, ma quasi.
Rachel Donadio, Meloni’s Cultural Revolution, “The New
York Review of Books” 6 giugno, online
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