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L’amore frigido, o del possesso
Nobildonna dominatrice, stanca di nobiluomini virili,
sceglie “un bel maschio di ventun'anni”, fioraio, dai delicati lineamenti e
sentimenti, “la cui anima, dagli istinti femminili, si è sbagliata d’involucro”.
Un’anticipazione della queerness, della disforia di genere? Un romanzo scandalistico, come usavano
a fine Ottocento, nela mitica Fin de Siècle parigina, che si ripropone in chiave
lgbtqia, ma ne è al di là, o al di fuori: è il romanzo della trasgressione,
dell’oltraggio, non della liberazione. Tutto quello che oggi si rifiuta e i
nega – si impedisce.
La storia di “Monsieur Vénus” non è finita: quando
s’incapriccia di uno spasimante della dama, lei lo fa uccidere. E se lo fa
riprodurre in cera, stessi colori, stessa fisionomia, e di notte, traendolo
dalla porta segreta dietro la quale lo tiene rinchiuso, ci fa l’amore – un
meccanismo segreto fa muovere il manichino. Che però, s’immagina, resta freddo.
“Romanzo materialista” è il sottotitolo.
Migliore storia è dell’autrice, un personaggio della
Parigi Fin de Siècle. Già celebre a vent’anni per questo “Signor Venere”, suo
romanzo d’esordio, con scandalo, sequestro, processo, e condanna, a due anni, con la
condizionale. Si presenta come “uomo di lettere”, conduce vita “libera”, fa
sapere, per un tratto esibisce come amante una famosa mantenuta, Gisèle
d’Estoc, “una superba puttana”, ex di Maupassant, sposa dopo affettate
resistenze l’editore Alfred Vallette, col quale fonda la rivista d’avanguardia
“Mercure de France”, scopre Colette dietro il marito Willy, scopre anche Alfred
Jarry, tiene un salotto frequentatissimo, benché popolato di topini bianchi, “donna
caprìcciosissima e difficile” (il giovane Gino Severini).
Rachilde, Monsieur
Vénus, Wom, pp. 184 € 18
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