L’amore nel lager – tedeschi non esclusi
Una storia d’amore tra i lager di Auschwitz, tra due internati
slovacchi. Da un romanzo di successo, autrice Heather Morris, che si sarebbe basata
su una storia vera – nel film la racconta lui, sopravvissuto.
Lui è un internato che fa il tatuatore, quello che incide il numero di matricola
al polso dei compagni di sventura. Lo fa anche con le internate, e questo favorisce
l’incontro. Mediato dalla guardia tedesca, un giovane violento ma nevrotico, cioè
imprevedibile.
L’Olocausto, come
l’hitlerismo, non finisce di fornire materia a film di genere horror che siano
anche compassionevoli. Passando dai personaggi e gli eventi storici (Schindler,
Höss) a quelli di contorno: il tatuatore, il pianista, l’interprete (a quando i
kapò, i Sondernkommando del Crematorio, gli infermieri….?). A
rischio banalizzazione. La miscela è di richiamo, le platee dei due generi messe
assieme fanno larga parte del pubblico, ma non si parlerà dell’Olocausto come
del West, un fatto vicino che è un mito remoto? Questa si salva con la figura nuova del tedesco, anche lui giovane, crudele ma controverso, che media l’incontro fra gli internati. La storia è in realtà del rapporto ambiguo tra i due, guardia e tatuatore: omoerotico, da parte
del tedesco? di colpevolizzazione inconscia?
Tali Shalom-Ezer, Il tatuatore di Auschwitz, Sky Atlantic
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