Cerca nel blog

venerdì 31 maggio 2024

L'Europa a destra con le donne

L’aspettativa è che alla Europee vinca la destra (l’onda di destra dei sondaggi sarebbe anche il motivo per cui a Londra il premier conservatore Suniak ha anticipato il voto, a un mese dopo le Europee, come estremo tentativo di riacquistare i suffragi, se non la fiducia), e l’“Economist” ci fa la copertina. Di attrazione doppia: la destra data vincente e tre donne che la incarnano, Meloni al centro, von der Leyen e Le Pen di profilo.
Il fatto è singolare per sé: ma più ancora, sotto il glamour, per il cambiamento al Parlamento di Strasburgo e a Bruxelles, se il pronostico sarà confermato. Che sarebbe storico. Nei 45 anni di vita il Parlamento europeo, e la Commissione, sono stati governati dal centro-sinistra, facendo perno sui Popolari. Nel 2019 il voto ai Popolari si è ridotto, e la maggiorana si è trovata con difficoltà, con piccoli pezzi della destra – un paio di voti vennero a Ursula von der Leyen anche dalla Lega. In questa campagna elettorale i Popolari hanno virato verso la destra, soprattutto in Germania, dove i due partiti democristiani hanno deciso di affrontare la concorrenza della destra di Afd. In prospettiva, si avrebbe un cambiamento storico alle istituzioni europee.
In Italia non se ne parla per “non favorire la Meloni”. Ma è un fatto. Fuori non c’è questo timore.
Giornalisticamente, Meloni è stata ed è in Europa un “fenomeno”. L’“Economist” le dedicava la copertina già due anni fa, il 22 settembre, prima del voto, con un titolo interrogativo: “L’Europa si deve preoccupare?”. A inizio anno ci è tornato su, questa volta senza copertina, ma con giudizio rinfrancato: tra tutti i Paesi europei l’Italia è per una volta tra quelli che destano meno preoccupazioni, politiche ed economiche. Ora mette Meloni al centro, tra Von der Leyen e Le Pen,  “le tre donne che plasmeranno l’Europa”.
Il credito, malgrado i timori politici, viene a Meloni dal fatto che parla fluentemente e senza accento l’inglese (e il francese e lo spagnolo), è sintetica, al contrario della romanità profusa alla Franca Valeri che esibisce in Italia, e conosce i dossier internazionali. L’inglese fluente per i presidenti del consiglio è una novità - a parte Draghi: Conte, Renzi, gli stessi Gentiloni e Letta, e anche Prodi, per non dire Berlusconi. E per saper tacere, dietro la facondia: p. es. sul debito, che tiene sotto controllo senza dirlo con mano ferrea (meno spese e tante piccole tasse, qua e là).  

Nessun commento: