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lunedì 6 maggio 2024

Pasolini spensierato allo stadio

“Ci sono nel calci dei momenti esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del «goal»”. “Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno”. “Tutto è cambiato in questi trent’anni” (1969)…. Tutto è cambiato ma le domeniche, agli stadi, sono rimaste identiche. Me ne chiedo il perché”. “I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone sui Prati di Caprara… sono stati indubbiamente i più belli della mi vita”. Era ala destra, gli amici, “qualche anno dopo, lo avrebbero “chiamato lo «Stukas»: ricordo dolce-bieco”. Di più: “Il calcio l’unico grande rito rimasto al nostro tempo. Il calcio come ultima rappresentazione sacra del nostro tempo”.
Gabriele Romagnoli raccoglie sei articoli sparsi di giornali e tre interviste specifiche, tra il 1956 e il 1975, “una piccola grande antologia”, come “un discorso aperto”. Di un poeta tragico, tale vissuto dal pubblico prima ancora della morte ignominiosa, sempre per un motivo accigliato, anche nei tanti servizi fotografici che di sé prediligeva sui campi da calcio, in pieno assetto da partita, che invece si diletta, di una passione semplice. Pasolini ambiva all’innocenza, qui, in queste divagazioni, in qualche modo la vive.
Scritti agili, non noiosi (generalizzanti, sociologico – la “vena aperta” di Pasolini). Se non nell’articolessa per “Il Giorno” del 14 luglio 1963, ripresa l’anno dopo a Ferragosto su “Paragone”.
Il primo intervento, un’intervistina a “Paese Sera”, 1956, è a un “costanzo”, che è quel Costanzo, aveva 18 anni e cominciava proprio allora. Sincero: il calcio vuole all male – “che le donne giochino a pallone è uno sgradevole mimetismo un po’ scimmiesco” è annotazione di pochi giorni, poche ore, prima della morte: il calcio è Billy Budd, le cacce di Hemingway. Con un incredibile ritratto di Capello agli esordi, a p. 87 – patria friulana.
Il saggio lungo. “Il Giorno”-“Paragone”, dota pure di schemi grafici, con la doppia W per il calcio europeo, mentre il calcio sudamericano sintetizza come di “discese concentriche”. E l’immagine subito emerge della Roma di Liedholm e Falcao, dell’“onda”, quando il playmaker in pantofole portava armoniosamente avanti tutta la squadra – vista dall’alto delle gradinate Monte Mario, al centro dello stadio, sembrava una geometria in movimento.
 
Senza dismettere l’aura profetica. Di un altro calcio Pasolini ha sentore, prevedendone, cinquant’anni fa, gli sviluppi che oggi ci affliggono: “Il «calcio spezzatino»”, nella sintesi di Romagnoli, “la liturgia infinita, neanche un giorno senza partite, il calciomercato permanente come la campagna elettorale, le venti squadre in serie A, le coppe europee aperte a un manipolo di squadre per Paese, i tornei in Asia, il fuso orario dettato dalla Cina, la bulimia di spettacolo che riduce la magia a esercizio”.
Una lettura rinfrescante. Anche di Romagnoli - geniale “i tronisti dl calcio” Cassano, Balotelli. Con una svista: Romagnoli si dispiace che Pasolini non abbia potuto vedere Mar adona. Ma come? Lo ha antevisto nel saggio pretensioso, descritto nei particolari.
Pier Paolo Pasolini, Il mio calcio, Garzanti, pp. 93 € 5,90

 

 

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