Pasolini spensierato allo stadio
“Ci sono nel calci
dei momenti esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del «goal»”. “Il
capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno”. “Tutto è
cambiato in questi trent’anni” (1969)…. Tutto è cambiato ma le domeniche, agli
stadi, sono rimaste identiche. Me ne chiedo il perché”. “I pomeriggi che ho
passato a giocare a pallone sui Prati di Caprara… sono stati indubbiamente
i più belli della mi vita”. Era ala destra, gli amici, “qualche anno dopo, lo
avrebbero “chiamato lo «Stukas»: ricordo dolce-bieco”. Di più: “Il calcio l’unico grande rito rimasto al
nostro tempo. Il calcio come ultima rappresentazione sacra del nostro tempo”.
Gabriele Romagnoli raccoglie sei articoli sparsi di giornali e tre interviste
specifiche, tra il 1956 e il 1975, “una piccola grande antologia”, come “un
discorso aperto”. Di un poeta tragico, tale vissuto dal pubblico prima ancora
della morte ignominiosa, sempre per un motivo accigliato, anche nei tanti
servizi fotografici che di sé prediligeva sui campi da calcio, in pieno assetto
da partita, che invece si diletta, di una passione semplice. Pasolini ambiva
all’innocenza, qui, in queste divagazioni, in qualche modo la vive.
Scritti agili, non noiosi (generalizzanti, sociologico – la
“vena aperta” di Pasolini). Se non nell’articolessa per “Il Giorno” del 14
luglio 1963, ripresa l’anno dopo a Ferragosto su “Paragone”.
Il primo intervento, un’intervistina a “Paese Sera”, 1956, è a un
“costanzo”, che è quel Costanzo, aveva 18 anni e cominciava proprio
allora. Sincero: il calcio vuole all male – “che le donne giochino a
pallone è uno sgradevole mimetismo un po’ scimmiesco” è annotazione di pochi
giorni, poche ore, prima della morte: il calcio è Billy Budd, le cacce di Hemingway.
Con un incredibile ritratto di Capello agli esordi, a p. 87 – patria friulana.
Il saggio lungo. “Il Giorno”-“Paragone”, dota pure di schemi grafici, con
la doppia W per il calcio europeo, mentre il calcio sudamericano sintetizza
come di “discese concentriche”. E l’immagine subito emerge della Roma di
Liedholm e Falcao, dell’“onda”, quando il playmaker in pantofole portava armoniosamente
avanti tutta la squadra – vista dall’alto delle gradinate Monte Mario, al centro
dello stadio, sembrava una geometria in movimento.
Senza dismettere l’aura
profetica. Di un altro calcio Pasolini ha
sentore, prevedendone, cinquant’anni fa, gli sviluppi che oggi ci affliggono:
“Il «calcio spezzatino»”, nella sintesi di Romagnoli, “la liturgia infinita,
neanche un giorno senza partite, il calciomercato permanente come la campagna
elettorale, le venti squadre in serie A, le coppe europee aperte a un manipolo
di squadre per Paese, i tornei in Asia, il fuso orario dettato dalla Cina, la
bulimia di spettacolo che riduce la magia a esercizio”.
Una lettura rinfrescante. Anche di Romagnoli - geniale “i tronisti dl
calcio” Cassano, Balotelli. Con una svista: Romagnoli si dispiace che Pasolini
non abbia potuto vedere Mar adona. Ma come? Lo ha antevisto nel saggio pretensioso,
descritto nei particolari.
Pier Paolo
Pasolini, Il mio calcio, Garzanti, pp. 93 € 5,90
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