Secondi pensieri - 535
zeulig
Dio - “Posso dire che
in tutta la mia vita non ho mai, in nessun momento, cercato Dio. Per questa
ragione forse, senza dubbio troppo soggettiva, è un’espressione che non amo e
che mi sembra falsa. Fin dall’adolescenza ho pensato che il problema di Dio è
un problema i cui dati mancano quaggiù e che il solo metodo certo per evitare
di risolverlo sbagliando, il che mi sembrava il più gran male possibile, era di
non porlo” – Simone Weil, quinta lettera a padre Perrin (“Autobiografia
spirituale”): “Ho sempre adottato come sola posizione possibile la posizione
cristiana. Sono per così dire nata, sono cresciuta, sono sempre rimasta
nell’ispirazione cristiana”. Distinguendo cioè fra Dio e il mondo: “Mentre il
nome stesso di Dio non aveva parte alcuna nei miei pensieri, aveva nei riguardi
dei problemi di questo mondo e di questa vita la concezione cristiana, di una
maniera esplicita, rigorosa, con le nozioni più specifiche che essa comporta”.
La distinzione, che culmina la discussione fra i due corrispondenti
sull’opportunità del battesimo, che S. Weil ha contestato, vuole probabilmente
marcare una distinzione netta dall’ebraismo. Ma, al di fuori del significato
personale, pone delle verità a prima vista incontestabili.
La Cina è vicina - Da
Montaigne a Montesquieu e Voltaire, e compreso anche Rousseau, la Cina fu un modello
per l’iIluminismo – dopo essere stata “scoperta” dai gesuiti, innominati (e
senza le riserve dei gesuiti, persone anche allora colte).
Moderno – Si apre su più vie. La
scienza – la matematica, l’osservazione, il calcolo, la tecnica. Ma anche con
il progresso, una (residuo?) finalismo della storia. Ad esso accompagna, questa
la novità, la sovversione – la rivoluzione. Storicamente si definisce per
incostanza, o avventurosità. È matematica e insieme metafisica – Galileo e
Kant. Misurazione ma anche illuminazione. Si distingue per non porsi limiti,
non precostituiti – si va all’intelligenza artificiale prima di chiedersi a che
serve o se è comunque accettabile, oppure no. Alla fine moderno è novità.
Nazione - È settecentesca, e democratica – il fulcro
delle costituzioni, della democrazia. Il cosmopolita Voltaire vi dedica preso,
1756, un “Saggio sui costumi e lo spirito dele nazioni”. Che apre con una
considerazione-argomentazione a rovescio, di un riconoscimento che è anche
un’utilità, una convenienza: perché dovremmo privarci di conoscere le nazioni,
i corpi politici diversi dal nostro, quando ci nutriamo dei prodotti della loro
terra, ci vestiamo di stoffe da loro fabbricate, ci divertiamo con giochi che
essi hanno inventato, ci istruiamo con le loro favole? “La «nazione» si
affaccia in primo piano, nella storia”, alla vigilia della Rivoluzione francese
– F.Chabod, “Storia dell’idea di Europa”, 125: “Intendo, la nazione come
«coscienza», volontà di essere nazione, e come programma, non la nazione come
fatto etno-linguistico, già da secoli operante”. La nazione dei “primati” – dei
“diritti” si direbbe oggi. Per un’ottica appunto “nazionalistica”, non più
degli equilibri di potenza.
Voltaire distingue anche fra nazione e popolo. Nazione
è gens, popolo connotato etnicamente. Popolo, “corpo del popolo”, è la
nazione come si connota politicamente, e
si è organizzata come Stato.
Si afferma nel Settecento, in una con la scoperta
e celebrazione dell’Europa – è il filo di Chabod, “Storia dell’idea di Europa”.
E si afferma “da sinistra”, con argomenti “da destra”: è il mondo-tempo dei
“primati”, seppure morali e civili. Ma anche, perché no, territoriali, e della
specificità escludente, senza più il bisogno o il desiderio di pace, di balance
of power. È il tempo della “Marsigliese”, dell’Alfieri del “Misogallo”,
cioè degli “odî” nazionali, del Foscolo dei “Sepolcri”.
Rinascimento – È una forma mentis cristiana, religiosa:
l’idea che c’è un momento nella storia dell’umanità in cui tutto è racchiuso: l’Antichità,
da Pericle ad Augusto, la Rivelazione, la Rivoluzione. All’opposto della
mentalità del Progresso.
Non è l’inizio della modernità – o lo è? Allora,
il Progresso s’innesta in questa storia del Tutto, del compimento?
Sovranismo - Nasce anch’esso, come la nazione, “a sinistra”:
primo sovranista si può dire Rousseau, in tutta l’opera e più specificamente
nelle “Considerazioni sul governo della Polonia”, al cap. III. Nel “Contratto
sociale” è arrivato a criticare Pietro il Grande per aver voluto “incivilire”
la Russia, dotarla di istituzioni e attività moderne ed europee, ma di fatto
l’ha “snaturata” – dei Russi “ha voluto farne dei tedeschi, degli inglesi, mentre
bisognava cominciare col farne dei russi: ha impedito così per sempre ai suoi
sudditi di diventare quello che avrebbero potuto essere persuadendoli che erano
quelli che non sono”.
Storia – È più Sisifo che il masso – la storiografia. Per colpa della storia,
che non è una macchina calcolatrice, si
dispiega nell’immaginazione, e prende corpo in risposte multiformi. Ma gli
storici hanno le loro colpe. L’umanità si muove in modo continuo, anche se
vario, mentre per capire le leggi del suo moto gli storici usano unità
arbitrarie, discontinue: epoche, stadi, periodi, percorsi. E così, si deve concludere
con Tolstòj, “ogni deduzione della storia si dissolve come polvere”.
È come se si volesse coprire con la storia
la realtà: si fanno appelli, s’invocano leggi, si creano fatalità. Ma allora –
sempre Tolstoj - si può sperare di capire le leggi della storia “solo ammettendo
all’osservazione unità infinitesimali, il differenziale della storia, le inclinazioni
omogenee degli uomini” – con l’ammonizione: “La stranezza e comicità della
nuova storia è l’essere simile a un uomo sordo che risponda a domande che
nessuno gli fa”.
Ogni storia è nuova, ma è nota.
Verità - La verità non è
bellezza. La verità può non essere bella, se non in un’estetica della salvezza,
la povertà è difficile che lo sia.
Viaggiare – È genere “occidentale” – raccontare i viaggi? Nell’aldilà come
nei cinque continenti, e nei mari? Un europeo, la cui cultura è la curiosità,
il reale lo appassiona se è vario.
Ma
ora che la geografia è abolita, che faceva le
distanze, e si viaggia in sicurezza a mille all’ora, si parla con chi si vuole
all’istante, ci s’incontra ovunque? E le differenze pure sono abolite, o in
sospetto, si mangiano a Tokyo buoni spaghetti, a Roma il sushi, e le ballerine
di samba sono più belle a Parigi.
Si smaterializza anche la storia. Che però
si può sempre raccontare, sulla scia di Erodoto, o evangelica, o moralista, il
meraviglioso inventato dagli inglesi nel Seicento, quando da pirati si fecero
signori.
Ottima
disposizione dello spirito scovare le vene d’oro, siano pure esili. Potocki e
Robert Byron creano meraviglie sull’orrido. È il disegno della povertà di chi
non l’ha vissuta, un altro genere di felicità. Un libro onesto di viaggio
sarebbe due volte su tre la storia degli Ik di Turnbull, indigeribile. I
viaggiatori s’acquietano in Ulisse, che, nonché baro, è parto
letterario. Della letteratura come teatro, a fine catartico, o al gusto del
vino d’annata, consolatoria. Ma l’“Odissea”
non è credibile, fa perno su una donna che aspetta un uomo, che non è mai
successo.
L’ebreo errante
è, come il cabalista, un bugiardo, anche se ha di che narrare.
zeulig@antiit.eu
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