Secondì pensieri - 536
zeulig
Destra-sinistra – Sono
entrambe virtuose, grazie al radicale che condividono, -rt di virtù. Ma solo in
italiano. Inglese, francese, tedesco e spagnolo fanno la destra virtuosa, su
base -rt, e la sinistra smarriscono tra farfugli e sibili.
Bisogna dunque essere di destra per
essere virtuosi? Certo, la sinistra è ambigua. È ipocrita, quindi stupida. E
infida, per chi non concepisce l’amicizia a danno degli altri. La complicità a
danno degli altri non è solidarietà di classe, è mafia - quello che i
carabinieri per non lavorare chiamano omertà, oberandone, chissà perché, i
meridionali.
Diversità – È il proprio dell’umanità – della natura, si
direbbe. Pur nei “sistemi”, le catalogazioni, le famiglie. Abbiamo tante vite, per cambiamenti
considerati di poco conto e innocui, lo studio, la professione, la città,
perfino i diversi anni dello studio, o la diversa ubicazione del posto di
lavoro nella stessa città, o dell’abitazione. La vita urbana nasconde
nell’apparente uniformità diversità profonde. O l’opinione pubblica, quando non
è critica – rituale, noiosa, livellatrice, storditrice (pubblicità mascherata)
Filosofia-poesia – Può
essere che abbia ragione Zambrano, e il ruolo della poesia sia conteso dalla
filosofia. E che il duello s’incarni in Platone, nato per la poesia, preso
dalla dialettica, vinto dal mito. “Io”, dice Socrate a Fedro, “non ho ancora
avuto il tempo di conoscere me stesso”. Come se fosse possibile, sia pure la
conoscenza onnivora.
La filosofia non inventa nulla, che
Dürer mostra parata di cartigli, pendenti, filatteri per i Libri dell’amore di
Celtis, grassa sninfia seduta soddisfatta. Si vive di poesia, inclusa quella
scadente dei persuasori occulti, anche orientali.
Giordano Bruno – È “il” Moderno? “La terra, dunque, non è
assolutamente al centro dell’universo”- “De l’infinito, universo e mondi” (“Dialoghi
metafisici”, I, p.316).
Globalizzazione
– Ha favorito i nazionalismi di ritorno. È
riflessione di Biagio de Giovanni, in calce al suo “Giordano Bruno Giambattista
Vico e la filosofia meridionale”,142: “Questioni identitarie, relative ai
caratteri delle civiltà, tornano da ogni parte e in mille forme, anche
guerresche; e la connettività universale sembra essere più fonte di conflitti
che realizzazione della pace perpetua”.
Intellettuale – Curiosa figura, con l’ambizione dell’apoditticità – anche se ora dismessa, dopo tre secoli di trionfi. Essendo
concrezione della nostalgia del non democratico Platone, il dittatore del
sapere, dovrebbe sapere di non sapere – in quanto depositario di verità è, al
meglio, Epimenide cretese.
Sepoltura – È l’inizio dell’umanità per Vico – per le forme
memoriali, affettive, familiari di cui è espressione si direbbe. Si va all’incinerazione
per ragioni igieniche, si dice. In realtà pratiche più che igieniche, di spazi
e di costi. E di perdita della memoria.
Storia – Le novità accelerano la
storia. Non c’è storia senza novità - cambiamento?
Un
ritorno alla casella base s’impone necessario, dacché “la storia greca sta
attraversando una crisi”. Arnaldo Momigliano l’ha rilevato già nel 1953,
spiegandosi dieci anni dopo a Berkeley: “Siamo sempre più consapevoli del fatto
che i greci, come gli ebrei, svilupparono alcuni dei tratti più caratteristici
della loro civiltà all’interno dell’impero persiano”.
La nostra storia greca è nata male, spiega
Momigliano, quando Erodoto, l’autorità in fatto di storia persiana, fu messo da
parte a favore di Tucidide - o la storia delle connessioni a favore di quella
delle nazioni. Il fatto non è senza conseguenze se l’Occidente è nato a
Maratona - “la battaglia di Maratona, anche come evento della storia inglese, è
più importante della battaglia di Hastings”, stabilisce John Stuart Mill. Maratona,
dove i persiani furono fermati dagli ateniesi, era già stata assunta quale
inizio dell’Occidente nel modello “ariano” – ma l’Occidente non era nato dieci
an-ni prima con Temistocle a Salamina? Da Tucidide a Ranke, per duemila anni
la storia è stata politica. Ma se il suo inizio è in Ecateo di Mileto, allora
la storia comincia così: “Io dico come pare a me”. Il genere letterario più
diffuso al culmine dell’impero, nel primo e secondo secolo, da Atene esportato
a Roma, fu la storia favolosa: si gareggiava a inventare eventi, personaggi,
meraviglie. Non c’è Roma del resto nella storia greca: negli scrittori greci
fino a epoca tarda non si fa cenno dell’impero.
Verità
–
Parte da se stessi? Per sant’Agostino, secondo il quale imparare è
ricordare, ma non c’è niente da imparare fuori: sì, c’è la verità eterna, dice,
ma la conoscenza di sé è il primo indispensabile passo. Avrà conosciuto se
stesso, magari (auto)confessandosi? Non si è se non si crede, a se stessi.
Ci sono molti modi o strade in cui
s’incontra la verità, dice Karen Blixen. Non è un cammino rettilineo.
“La verità vuol star di
sopra”, è assioma di Bertoldo. Non importa scopra che o chi, ma deve cavalcare.
Ci
sono quattro forme di scetticismo, secondo il De Ruggiero: in senso proprio, lo
scettico che osserva, lo zeletico, che cerca la verità, l’effetico, che
sospende il giudizio, e l’aporetico, di chi non trova la solu-zione. Ma sono
dieci i tropi su cui Enesidemo fonda il dubbio. Più i cin-que che Sesto
Empirico fa risalire a Agrippa, di cui nient’altro si sa: l’op-posizione dei
giudizi, il regresso all’infinito, la relatività dell’oggetto, le proposizioni
universali dei dommatici, il diallelo o circolo vizioso.
Virtù - Miss
Anscombe – la”Dragon Lady” di Wittgenstein, di cui era discepola diligente - l’ha
riscoperta, la virtù, e la fa sodale della verità - ma la verità, dice Lacan, è
bugiarda.
I
radicali secondo Rousseau sono imitativi, e dunque la virtù ha qualcosa di duro
dentro. Mallarmé invece dà la virtù al fonema st-: “In molte lingue indica
stabilità e franchezza, durezza, massa, insomma incitazione”. In stronzo per esempio? o stupido, stinto, stanco. E
non sarà
tr- il vizio? Il treno, o destra e sinistra.
zeulig@antiit.eu
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