Giuseppe Leuzzi
L’autonomia differenziata
in effetti non ha a che vedere con il Sud. Quale Asl, quale Regione, avendo diecimila,
ventimila, centomila in un anno interventi chirurgici da provvedere non si
butterebbe nel business, meglio se in ospedali propri cioè, un business
eccellente, tutto in autonomia già da molti anni alle Regioni. Invece il Sud ne
fa volentieri a meno, Campania, Calabria e Sicilia soprattutto, felice di
regalare il tesoretto al Nord – il buon ospedale è da Roma in su.
Malaguti,
direttore della “Stampa”, il giornale di Torino e degli Agnelli, commenta il G
7 con: “L’euro-Meloni e l’inutile spettacolo di Borgo Egnazia”. Sarebbe stato
“inutile” lo “spettacolo” se si fosse tenuto nelle Langhe – “inutile” non può
essere un G 7, non lo è stato?
Dell’odio-di-sé – o dell’inglese
Nella
corvée quotidiana anti-Meloni, “la Repubblica” propone la lamentazione
di una lettrice che legge anche il “New York Times” e vi ha trovato la
definizione di Borgo Egnazia in Puglia, dove Meloni ha tenuto il G 7, come di
un “villaggio Potiomkin”, cioè di cartapesta. Il rubrichista Francesco Merlo,
che è di Catania, ci costruisce su l’estetica del falso, e conclude: questo
Borgo Egnazia “è l’Italia falsa di Giorgia Meloni”.
Una
teoria di cui Dagospia ha fatto un lancio a tutta pagina. Sotto vignette da
“scompisciarsi dal ridere”. E il titolo: “Il ‘New York Times' stronca Meloni per
la scelta del resort come sede del G 7”.
È curioso: se il resort è
in Toscana o in Umbria, anche nel Veneto (ce ne sono di ricchissimi, anche con
doppio campo da golf), va bene, se è in Sardegna o in Puglia è speculazione (in
Sicilia e Calabria mafia, che altro). L’odio-di-sé c’è, non l’hanno inventato
Theodor Lessing e Roger Scruton, e quello meridionale è fortissimo.
Si può capire l’anti-melonismo – è parte della politica. Ma non
bisognerebbe anche chiedersi se la lettrice non è una “provocatrice” – come si
diceva ai tempi del Partito. Cioè, riscontrare la cosa sul quotidiano newyorkese, che è pubblico,
perfino online. Che dice il contrario, di Meloni fa l’elogio: “Il primo
ministro italiano è stata uno dei pochi leader rafforzati dal voto per il
Parlamento Europeo. Questa settimana ha la possibilità di mostrare il suo peso
su un palco anche più ampio”. O il lettore non va rispettato?
Certo, bisogna sapere l’inglese. Si può capire
Dagospia, D’Agostino non sa l’inglese, ma al giornale ex di Scalfari – lui non
lo sapeva, ma i successori?
La koinèe mediterranea
di Calvino
“Molta gente ha la
stessa faccia, non dico degli italiani meridionali, ma dei liguri: la koiné
mediterranea è un po’ tutta lo stesso minestrone”, Calvino a Tripoli, ottobre
del 1963, annota girando per il suk. Era arrivato preoccupato: “Cara Chichita”,
scriveva alla fidanzata a Parigi subito dopo lo sbarco, “un paese in cui non si
vedono donne prende subito un’aria sinistra”.
Invitato dall’Istituto
Italiano per tenere delle conferenze, Calvino resta spaesato per qualche
giorno. Preda, scrive alla fidanzata, dell’ambasciatore per i pasti, che essendo
solo, e uno del vecchio genere diplomatico, della conversazione vacua, se lo
tiene stretto e lo deprime. Poi va a Sabratha, vede Leptis Magna, un po’ si
riconcilia con la città. E ne scopre perfino la storia – di cui fa alla
fidazata una sintesi ancora utile.
Al mercato,
scrive, “ho cominciato a capire un po’ questo mondo, a entrarci, a non sentirlo più tanto estraneo”. Per le facce. E anche
per la storia: “Tripoli per molti secoli è stato il porto dei pirati che venivano
a saccheggiare le nostre coste; la popolazione è mescolata, per via degli
schiavi (di cui Tripoli era un grande mercato)” – allora come oggi, si direbbe –
“e vanno dai negri dell’Africa nera ai veneziani e ai genovesi, di cui sopravvivono
i nomi e la tradizione in famiglie arabe originariamente di schiavi portati
qui. Nella vecchia Tripoli (che doveva essere molto bella quando era una
mescolanza di popoli e l’Italia fascista la teneva come una colonia di lusso
puramente rappresentativa spendendoci miliardi) sono scomparsi il quartiere dei
marinai (greci, maltesi, ciprioti etc.) e il vicino quartiere ebreo, perché
tutti se ne sono andati, e gli arabi si sono stabiliti informemente
dappertutto. Ma questa rivincita araba è anche la loro decadenza (nonostante
che ora abbiano il petrolio e pure che ci sia meno miseria) perché si chiudono sempre
di più in se stessi”.
Severo il giudice di padre
calabrese
Samuel
Alito, giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, non è meridionale, è nato a Trenton, New Jersey, ha studiato a Princeton, è stato
avvocato dello Stato federale americano, poi consulente del ministro della
Giustizia, etc. etc, tutto molto americano, fino alla nomina alla Corte Suprema
nel 2008. Dove è diventato il giudice più controverso. Non tanto per la
giurisprudenza. È conservatore, ma dalle decisioni inattaccabili – erede, si
dice, di un altro giudice supremo italo-americano di tendenza conservatrice, molto
rispettato, Antonin Scalia. Per i modi spicciativi. È il tipo del vaffa. Per
esempio, da ultimo, sull’alzabandiera a casa sua a rovescio – “lo ha fatto mia
moglie, mia moglie è libera di avere delle opinioni” (erano i giorni della
Befana del 2020, quando Trump si agitava per la “vittoria rubata”). Per il carattere.
Di cui l’America, perbenista, deve scandalizzarsi. E quando una giornalista ha diffuso
l’audio di conversazioni registrate di nascosto fingendosi amica di sua moglie, che sognava una bandiera
con su scritto “vergogna”, in italiano, in risposta alle bandiere LGBTQ+, e l’America
si è scandalizzata, non della registratrice occulta ma della moglie, non ha
mosso ciglio.
Cose
americane, perché parlarne? Questo Alito, per quanto sconosciuto, sembra un
personaggio noto. E il motivo viene fuori subito, su wikipedia: è di padre
calabrese, di Roccella Ionica (la madre era italo-americana, di genitori provenienti
dalla provincia di Potenza, Palazzo San Gervasio). E questo lui è, sembra il
calco di un genitore calabrese, e come lui decide: tace,
riflette, e decide, senza arretrare di fronte alle critiche. Mai quando si
tratta della famiglia: risoluto. La madre era maestra, il padre professore di
liceo e poi, presto, direttore a vita del New Jersey Office of Legislative
Services, un’istituzione statale.
Non è tutto. L’imprevedibilità
il giudice Alito spinge anche sugli orientamenti. Nei curricula fa larga parte
agli studi del costituzionalismo italiano. La sua laurea magistrale nel 1972 è
stata uno studio della Corte Costituzionale italiana, “An Introduction to the Italian Constitutional Court”. Con
ringraziamenti a Giuseppe Di Federico e Antonio La pergola, due giuristi di sinistra,
all’epoca socialisti.
Cronache
della differenza: Napoli
Pasolini,
che amava Napoli, non ne apprezzava il tifo calcistico: Il tifoso (“Il mio
calcio”) diceva “illuminato”,
come le facce della pubblicità.: “Il tifoso di tipo, diciamo, napoletano, è un
poco così: sa, è
illuminato, beato lui, da una specie di grazia. A nulla valgono i
ragionamenti…. Egli ha una porzione
di cervello (la principale) staccata dal resto, e capace, sotto quell’illuminazione carismatica,
di un solo, fisso, immutabile pensiero”. La fissità, “la maschera, la
«macchietta»”, non gli
piacevano: “Umilia l’uomo. Io ho pena quando vedo i tifosi, appunto, in
maschera, con ciucciarielli,
ecc. Nulla è più angoscioso dell’aspirazione «panem et circenses»: pensate a Lauro…”.
Non
ha, non ha mai avuto, vocazione imperiale. Non sapeva nulla della Sicilia
quando la governava – e non ne traeva nemmeno nulla, solo la malgovernava. O
della Calabria, della Puglia. Le studiava – le faceva studiare – e poi non
faceva nulla, di pratico – una strada, una fontana.
C’è molta Calabria nel memoir di Antonio
Franchini sulla madre, “Il fuoco che ti porti dentro”. I fidanzatini di lei,
uno bello, uno intelligente. I generi. L’appartamento a mare, a preferenza di
Formia, nella babele “napoletana” da Praia a Mare a Paola, che si è creata
negli anni 1970, con l’autostrada oggi del Mediterraneo, gratuita. C’era la
possibilità di un ritorno della Calabria a Napoli, da tempo abandonata per Roma.
Che subito è svanita: Napoli rumorosa e invadente ha creato più risentimenti che
legami – risentimenti vissuti con disprezzo.
Ha
fatto nel click day del “decreto flussi” immigrazione 2024, più domande
di nulla osta di tutta la Lombardia. Nel 2023, ha spiegato la presidente del
consiglio Meloni alla Procura Antimafia, su 282 mila domande di nulla osta per
lavoro stagionale in agricoltura o nell’accoglienza, 157 mila sono arrivate dalla
Campania. Con l’industriosità che mette nelle attività dubbie, la copia, il
lavoto à façon, e ora i nulla osta immigranti, non farebbe faville nel grande
capitale?
Vico nel
1725 mandò ai dotti della sua città “La scienza nuova”. Ignorato da tutti – “né
pure un riscontro
di averla ricevuta”, lamenta col padre Giacchi (“L’Autobiografia”, lettera del
25 novembre 1725) - come,
dice, se l’avesse “mandata al diserto”
leuzzi@antiit.eu
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