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Il successo non ha successori
La teoria del capitalismo familiare, destinato alla discendenza, già alla prima, a mutarsi o perire – esemplare nella storia odierna di Luciano Benetton, dei Benetton dei maglioni e del franchising. Al più la famiglia può avere incarichi di rappresentanza, ma non la gestione, i geni della gestione non si trasmettono. Sotto forma di recensione della bio definitiva di Henry Ford scritta da Robert Lacey, “Ford: Men&Machine”, nel 1987.
“Il mito dell’individuo è sempre forte nell’opinione popolare. Le persone sono interessanti e comprensibili, l’organizzazione, la burocrazia, no.…. Le Borse reagiscono con raffinata indifferenza al passaggio di consegne in una grande azienda da un capo all’altro. Nessun informatore segreto trova da vendere informazioni sullo stato di salute dei dirigenti, se qualcuno ha il cancro o problemi di cuore, o l’Alzheiner aziendale…”. Ma la verità delle cose è altra.
Nessun fondatore ha trasmesso i geni della sua riuscita. Rimangono nella storia, Durant, Sloane, Rockefeller, Watson, perché sono finiti filantropi o uomini pubblici di rilievo.
L’unica eccezione è, insieme probabilmente con Dupont, Henry Ford. Ma per un insieme di coincidenze. Ford “era semi-analfabeta, imprevedibilmente autoritario, antisemita, e pieno delle fobie dell’ignoranza. Era un buon meccanico. Ebbe l’idea di un’automobile robusta, spartana, eccessivamente economica” per gli standard dell’epoca, da vendere per poche centinaia di dollari, quindi a un mercato di massa. “Ci riuscì, e il successo ha superato i suoi limiti personali”.
Lo stesso successo del Modello T, però, il biografo e Galbraith attribuiscono a una struttura manageriale e proprietaria che subito affiancò Ford. “Il genio organizzativo di James Couzens”, scrive Galbraith, che poi sarà capo della Polizia e sindaco di Detroit, e senatore Repubblicano liberale per il Michigan. E quello commerciale dei concessionari Dodge, i fratelli John e Horace. Anche il fordismo, che ha regolato l’industria poi per quasi un secolo, non sarebbe di Ford. La produzione a catena era già in atto, Ford la adattò al suo impiego poi universale. Le paghe alte furono introdotte da Couzens per tagliare controversie sindacali su orari di lavoro e addestramento.
Caratteristicamente, aggiunge Galbraith, Ford tra le due guerre, quando il gruppo era divenuto grande e diversificato, liquidò tutti i manager a catena al vertice della gestione. Il gruppo Ford arrivò alla guerra “quasi morto. La sua incompetenza nell’economia bellica, specialmente nella produzione di aerei a Willow Run, fu così grave che si parlò di un salvataggio pubblico”.
J.K.Galbraith, Truly the last Tycoons, “The New York Review of Books”, free online
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