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La guerra madre, di guerre
Oggi 110 anni fa, il 18 giugno 1914, un nazionalista
serbo, killer a tempo perso, Gavrilo Prinzip, aveva assistito la mattina a un
attentato fallito dei suoi compagni, e se ne stava appoggiato al muro, quado
vide materializzarsi davanti a lui, in automobile, il principe ereditario
dell’odiato impero austro-ungarico. Aveva con se la pistola e non sbagliò mira.
Cominciò “la guerra per finire tutte le guerre”.
La rivista riesuma per l’occasione un saggio
pubblicato oggi vent’anni fa. In sei settimane l’Europa passò, anche allora
come oggi, da “una lunga pace” - s’immaginava, e si organizzava a Amsterdam, la
pace perpetua - “al reciproco massacro”. Uno scontro che si disse “la guerra per
finire tutte le guerre”. L’esito è noto.
“Nel solo primo mese, più di un quarto di milione di
soldati francesi furono uccisi”, per limitare il calcolo al solo fronte
occidentale, senza quello italiano e quello russo. Tra Francia e Germania “più
di tre milioni di persone persero la vita”, in una guerra per un fronte che si
mosse “nemmeno cinque miglia” in tre anni.
“Le guerre hanno esiti che possiamo con difficoltà
immaginare quando cominciano”. Di morte e niente più.
Adam Gopnik, Rethinking the War to End All Wars,
“The New Yorker”
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