domenica 30 giugno 2024

Letture - 553

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Antologie
– Francesco Ambrosoli, milanese, classicista, professore, cattolico, che aveva stroncato la “Crestomazia” di Leopardi perché non aveva tenuto conto di un certo Perticari e invece aveva dato spazio ad Alessandro Verri, pubblicò a sua volta, nel 1831, un suo proprio “Manuale di letteratura italiana”. Che Giulio Bollati, “L’invenzione dell’italiano moderno”, dice” pregevole lavoro”, archetipo delle “odierne antologie per i licei” - ma Bollati scriveva nel 1968.
 
Blurb – “Simenon mette in scena, alla sua maniera, il rapporto complesso tra un assassino in fuga e il suo segretario” – la casa editrice Adelphi si adorna di questo blurb , a firma Maurizio Cucchi, sul “Robinson”.  Cioè, dovremmo comprarlo?
 
Dante
– Ma, poi, dopo il tanto parlare di Maometto e i suoi viaggi (Asìn Palacios, Maria Corti et al.), resta che Dante ben conosce  Ulisse, anche senza aver potuto leggere l’“Odissea”. E quindi, perché no, la “Nekyia”, la lunga scena al canto XI del poema omerico in cui Ulise va nella terra dei morti e vi incontra le vittime dei trapassati. Sui quali Omero esercita, anche lui, il suo giudizio – Minosse è miglior legislatore, eccetera.
I poemi omerici non erano disponibili, ma di Ulisse c’è molto in Ovidio, Cicerone, Seneca, Orazio, e nei romanzi medievali.
 
Un tessitore e un colorista. E un anarcoide. Per il su maggior lettore russo, Osip Mandel’stam, “Conversazione su Dante”: “Il linguaggio poetico è il tessuto di un tappeto con molteplici orditi che si distinguono  l’uno dall’altro soltanto nella coloritura dell’esecuzione…. Molto prima dell’alfabeto dei colori di Rimbaud, Dante ha coniugato il colore con la pienezza fonica del discorso articolato. Ma lui è un tintore, un tessitore. Il suo, di alfabeto, è quello dei tessuti fluttuanti, tinti con polveri colorate, pigmenti vegetali. Il manufatto tessile in Dante è la massima tensione della natura materiale  in quanto sostanza definita dalla sua colorazione. E quello della tessitura è il lavoro più vicino alla pregevolezza, alla qualità”.
Dante è anche contro ogni determinismo, meccanicismo, sia pure solo il segmento causa-effetto: Dante “provava ribrezzo per il principio di causalità”.
 
Donna mussulmana
– Prospetta ancora reazioni analoghe a quelle registrate novant’anni fa, ottobre 1933, a Mosca dal poeta Osip Mandel’stam nella “ottava” n. 3 – nella traduzione di Serena Vitale: “Farfalla, donna musulmana,\ avvolta in un lacero sudario,\  creatura di vita e di morte,\ così grande – tu, vera!\ Enormi baffi mordieri\ e capo nascosto nel burnus.\ Sudario svolto come vessillo,\ ripiega le ali, ho paura!”.
 
Fallaci
– Sfacciata, nuda, la vuole Ljuba Rizzoli, vispa novantenne, in un’intervista senza veli con Cazzullo sul “Corriere della sera”: “Era sfacciatissima”. Invitata dai Rizzoli a Cap Ferrat,  corteggiava il marito: “Faceva il bagno in piscina nuda, abbracciava Andrea, andava in giro con lui mano nella mano… Una sera eravamo a cena al Pirate, e notai che Oriana puntava un ragazzo, Samir. «Guarda che quello lo devi pagare», la avvertii. Ma la Fallaci s’impuntò e lo ebbe, gratis”.
 
Goethe
– “Che cosa gli dava tanta gioia in Italia? La popolarità e il carattere contagioso dell’arte, la vicinanza dell’artista alla folla” - Osip Mandel’stam, “Giovinezza di Goethe”.
 
Gomorra
– “Fu portato da Helena Janeczek”, spiega di Saviano Francesco Anzelmo, ora direttore generale Mondadori, a Paolo Di Stefano sul “Corriere della sera”: “All’inizio fu presentato a Edoardo Brugnatelli e a me, che seguivamo la collana ‘Strade blu’ (una  collana di “autori originali e innovativi”, n.d.r.). Arrivò Saviano con una borsa piena di giornali locali della provincia di Napoli e ci illustrò il funzionamento della criminalità organizzata, i sistemi di comunicazione interna eccetera”. “Il libro era già scritto”, chiede Di Stefano. “Non ancora. Si decise poi che doveva essere un libro di narrativa non fiction e quindi se ne occupò Franchini”, responsabile per la narrativa italiana.
 
Italiano – “Un deserto di parole vane” agli albori dell’Italia? Troppo complicato s’intendeva nel primo Ottocento, dopo essere stato lingua franca (per dotti e per gente comune) fino al Cinquecento – lambiccato. Nella famosa lettera a Gino Capponi del Capodanno 1825 Igino Giordani lamenta “quel detto ingiusto di molti stranieri ed italiani, che per imparare la nostra lingua  bisogna in un deserto di parole vane perdere assai tempo”.
 
Kafka – (Fellini) “considerava Kafka molto chapliniano” - Sergio Rubini intervistato da Antonio Gnoli sul “Robinson”. Rubini aveva recitato per Fellini in “Intervista”, dove una troupe giapponese arrivava a intervistare il grande regista mentre sul set dirigeva “America” di Kafka, che naturalmente non  stava facendo. “Qualunque cosa volesse dire”, commenta Rubini della messinscena, “mi pare colga un punto importante: la comicità di Kafka è l’altro lato del tragico”.
 
Malaparte – Ljuba Rizzoli nell’intervista con Cazzullo sul “Corriere della sera” il 27 giugno ricorda di averlo incontrato con Arturo Tofanelli, all’epoca suo fidanzato, il direttore di “Tempo Illustrato”, per il quale Malaparte teneva la rubrica famosa dei “Battibecchi”: “Curzio Malaparte non mi piaceva. Andammo nella sua famosa villa di Capri. Era agitato, nervoso, violento. Si chiedeva: Dio sarà così stupido da farmi morire morire?”. Malaparte era malato e morirà di cancro.


Non notizie –Sono affliggenti, ma non si schiodano, nessuno può. Gamberale racconta su “7” di Dagospia che al festival “Procida racconta” racconta della premiata Paola Turci che ha lasciato la sposa Pascale per per un nuovo flirt, “un’attrice  di vent’anni”, spiega la scrittrice, “di cui (oltre all’età e alla professione) sbagliano anche il cognome”. Che è invece una signora quarantenne, che Gamberale conosce personalmente, “impiegata di banca”, nonché “responsabile dei social” della scuola di scrittura dove Gamberale insegna, che si è trovata per caso su quel palco, frastornata, dopo avere partecipato alla festa in piazza “con il suo amorevole fidanzato”.
 
Olocausto - “Il film di Liliana Cavani fu un trauma”, Charlotte Rampling ricorda con Valerio Cappelli sul “Corriere della sera”, a proposito del “Portiere di notte”, 1974: “A lungo non seppi nulla dell’Olocausto, se ne cominciò a parlare solo negli anni Settanta”.
Calvino parlava di Primo Levi nel 1962, scrivendo alla fidanzata, come di “un outsider”, “un chimico”, che ha scritto un libro sulla sua esperienza di guerra.
 
Presentazioni – Paolo Giordano introduce Jon Fosse a Milano, al Teatro, al festival La Milanesiana, per l’ennesima presentazione del nuovo libro del Nobel, “Un bagliore”, e per il conferimento della Pergamena della Città di Milano. E si dice particolarmente colpito dall’espressione: “E cadde il silenzio”. L’“evento” – la presentazione – era intitolata tra settimane fa, in onore dell’ospite?, “Il Bagliore della Timidezza”. Ma Fosse, discreto italianista, capito l’apprezzamento, si schermisce in inglese: “Il merito dev’essere del traduttore. Non uso un linguaggio fiorito”, cioè figurativo, proverbiale. 
E il silenzio cadde sull’assemblea – il Piccolo di Milano è piccolo per modo di dire, ha un migliaio di posti (è forse la sala più grande in Italia, più dell’Argentina di Roma).

Fosse, dice lo specialista di letteratura norvegese Giuliano D’Amico, “combatte con la scrittura”.

 
Russia – Hermann Hesse nasce in Germania, nel Württemberg, di madre nata in India, figlia di missionario pietista, e di padre russo, Johannes Hesse.
 
Tebaide – C’è una letteratura della tebaide, dei monaci nel deserto, in cui H. Hesse si cimenta, nota Cusatelli nella prefazione a “L’uomo con molti libri”, a proposito del acconto “Hannes”. Una “reviviscenza”: “C’era già stata”, nell’Ottocento positivista, “tutta una letteratura di Tebaidi, con gli esempi francesi di Flaubert e di Anatole France” – “la disposizione primitivistica e l’abrogazione dei parametri spazio-temporali”. In quello, si può aggiungere, che sarà chiamato “decadentismo”, in opposizione allo scientismo dominante.

letterautore@antiit.eu

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