Netanyahu forever
Otto mesi per
distruggere Gaza, un’area grande quanto un quarto di Roma. E ora altri otto
mesi, o otto anni, perché no, per distruggere il Sud del Libano – che anch’esso
è indifeso, come la Striscia di Gaza. Non è una guerra, quella di Netanyahu,
cioè è una guerra, ma non con le armi, con le armi si fa presto – cosa c’è
contro l’esercito israeliano? La guerra è un modo di restare al governo. Almeno
altri otto mesi. Per poi, perché no, se necessario, passare allo Yemen, a
questi Huthi che appaiono e scompaiono. O anche, perché no, all’Iran – nel gioco
delle parti che Netanyahu gioca con gli ayatollah.
L’importante, la
sola cosa che conta, è restare al governo. La simmetria di Netanyahu con gli ayatollah
è chiara: governare attraverso un Nemico. Prima gli Usa per la teocrazia iraniana,
poi Israele, poi l’Arabia Saudita – una lunga guerra by proxy nello Yemen – e ora di nuovo, con l’Arabia Saudita al
fianco?, una nuova guerra contro Israele. Non da combattere, da minacciare – e se
Netanyahu invade il Libano, tanto peggio per i libanesi, due milioni di profughi
e due milioni di morti di fame, senza nemmeno un esercito – nel Medio Oriente.
Saranno queste,
così imbrogliate, le guerre di religione? Ma Netanyahu è un falso credente –
suo padre era un credente sincero, forse, lui per nessun aspetto. Solo l’ambizione.
Certo, a differenza degli ayatollah, Netanyahu è un capo eletto – dal 1996 per
pochi anni non è stato al potere.
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